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Associazione Gea
Psicologia Analitica e Filosofia Sperimentale
(Sito on line dal 1997)

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GeaBlog: Riflessioni e Pensieri in libertŕ
  dal 46 al 40   
Ada Cortese Gen 1992
Il malessere dell'anima

La parola contiene in se' un potere che solo, paradossalmente, chi si mette in ascolto, accettando di "tacere", puo' riscoprire.

L´ Anima è un concetto filosoficamente lasciato fluttuante, senza definizioni. Infatti non siamo noi a dover dire cosa è .
L´ esperienza ci dice che l´ Anima, qualunque cosa essa sia, ama esprimersi per immagini, gode o soffre per le immagini e per le vibrazioni contenute nelle parole.
Quando essa si fa "sentire", la gente parla di "malinconia" e di "esaurimento", ma con tali termini cerca di dar voce a una sorta di malessere dello "spirito". Malessere che sempre e' connesso ad un problema di distorsione del "significato".
Non c’è da stupirsi pertanto che la migliore "cura" possibile sia fatta di parole capaci di fornire cio' che manca, integrare cio' che è andato "perduto".
La parola contiene in sè un potere che solo, paradossalmente, chi si mette in ascolto, accettando di "tacere", puo' riscoprire. Infatti le parole non sono concetti. Sono forze, sono energie, emozioni, prima di essere concetti. Molto prima e molto piu' profondamente. Uno stesso concetto puo' ferirci o darci gioia ma la cosa che a noi interessa e' se ci ferisce o se ci da' gioia e non la neutralita' del suo presunto contenuto concettuale.
In cio' sta la peculiarita' del cosiddetto "rapporto psicologico" e il fatto che esso sia dominato da questo medium terribile e spirituale che e' la parola, dovrebbe darci la misura della non codificabilita', non regolamentarieta' assoluta del rapporto psicologico stesso.
"Lasciare che il rapporto psicologico rimanga ventoso come ventosa e' la parola e' importante. Questo non significa che allora esso sia di natura irrazionale perche' l’irrazionalita' se l’e' inventata la ragione monocratica.
E’ la ragione che si e' messa sul trono, che ha stabilito i confini del lecito e fuori da quei confini ha detto che tutto e' illecito, cioe' IRRAZIONALE. Ma come sono caduti tanti regni, tante monarchie, cosi' sta cadendo anche la monocrazia razionalistica e cominciamo a renderci conto che non esistono questi confini, cominciamo a renderci conto che la comunicazione e' molto piu' complessa" (M. Guzzi) .
E’ come se l’Anima si nutrisse delle parole che puo' dire in noi. Quando ci mettiamo in contatto con noi stessi, con la nostra profondita', quando diamo voce a questa profondita' e' come se ci nutrissimo. E il nutrimento e' di doppia natura: interiore, ossia nel dialogo di ciascuno con la propria Anima; e relazionale, ossia nello scambio della comune esperienza interiore tra i partners del rapporto psicologico.
Una frase terribile di Nietzsche dice: "non impazziro' finche' ci sara' qualcuno ad ascoltarmi".
La cultura occidentale ha dato una pluralita' di definizione di Anima. Ha circoscritto spesso l’Anima alla funzione razionale della mente, quasi identificandola con la mente razionale, ma questa fase si e' compiuta, si e' esaurita. Abbiamo bisogno di ritornare al mistero vago di noi stessi che, in fondo, nella parola Anima e' custodito.
Oggi non vogliamo piu' dare una definizione dell’Anima ma cerchiamo di rimetterci in ascolto.
Ci siamo resi conto che forse abbiamo voluto dominare troppo noi stessi, dominare il mistero di noi stessi, dell’Anima e quindi dominare tutto. Forse dobbiamo ritrovare un contatto piu' "ingenuo".
Per tutto questo facciamo una grande fatica a immaginare una psicologia scientifica se per scienza s’intende una verificabilita' sperimentale. Anche Freud e Jung facevano molta fatica e gia' 50 anni fa.
Credere che uno studio dell´Anima, una psicologia, comunque la si voglia definire, possa pretendere lo statuto di scientificita' e' non solo difficile ma anche pericoloso. Non crediamo che la nostra Anima ci chieda questo: di essere oggetto di una scienza medica. L’Anima ci chiede altro e probabilmente cose che nemmeno ci immaginiamo. Noi vogliamo forse tranquillizzarci circoscrivendo i sintomi, che il nostro essere produce, entro dei codici che cerchiamo di controllare e che chiamiamo "scientifici".
Ma forse e' proprio quello che non dobbiamo fare!grave; l’Anima ma è lei che deve dirci cosa siamo.
L’esperienza ci dice che l´Anima, qualunque cosa essa sia, ama esprimersi per immagini, gode o soffre per le immagini e per le vibrazioni contenute nelle parole.
Quando essa si fa "sentire", la gente parla di "malinconia" e di "esaurimento", ma con tali termini cerca di dar voce a una sorta di malessere dello "spirito". Malessere che sempre e' connesso ad un problema di distorsione del "significato".
Non c’è da stupirsi pertanto che la migliore "cura" possibile sia fatta di parole capaci di fornire cio' che manca, integrare cio' che è andato "perduto".
La parola contiene in sè un potere che solo, paradossalmente, chi si mette in ascolto, accettando di "tacere", puo' riscoprire. Infatti le parole non sono concetti. Sono forze, sono energie, emozioni, prima di essere concetti. Molto prima e molto piu' profondamente. Uno stesso concetto puo' ferirci o darci gioia ma la cosa che a noi interessa e' se ci ferisce o se ci da' gioia e non la neutralita' del suo presunto contenuto concettuale.
In cio' sta la peculiarita' del cosiddetto "rapporto psicologico" e il fatto che esso sia dominato da questo medium terribile e spirituale che e' la parola, dovrebbe darci la misura della non codificabilita', non regolamentarieta' assoluta del rapporto psicologico stesso.
"Lasciare che il rapporto psicologico rimanga ventoso come ventosa e' la parola e' importante. Questo non significa che allora esso sia di natura irrazionale perche' l’irrazionalita' se l’e' inventata la ragione monocratica.
E’ la ragione che si e' messa sul trono, che ha stabilito i confini del lecito e fuori da quei confini ha detto che tutto e' illecito, cioe' IRRAZIONALE. Ma come sono caduti tanti regni, tante monarchie, cosi' sta cadendo anche la monocrazia razionalistica e cominciamo a renderci conto che non esistono questi confini, cominciamo a renderci conto che la comunicazione e' molto piu' complessa" (M. Guzzi) .
E’ come se l’Anima si nutrisse delle parole che puo' dire in noi. Quando ci mettiamo in contatto con noi stessi, con la nostra profondita', quando diamo voce a questa profondita' e' come se ci nutrissimo. E il nutrimento e' di doppia natura: interiore, ossia nel dialogo di ciascuno con la propria Anima; e relazionale, ossia nello scambio della comune esperienza interiore tra i partners del rapporto psicologico.
Una frase terribile di Nietzsche dice: "non impazziro' finche' ci sara' qualcuno ad ascoltarmi".
La cultura occidentale ha dato una pluralita' di definizione di Anima. Ha circoscritto spesso l’Anima alla funzione razionale della mente, quasi identificandola con la mente razionale, ma questa fase si e' compiuta, si e' esaurita. Abbiamo bisogno di ritornare al mistero vago di noi stessi che, in fondo, nella parola Anima e' custodito.
Oggi non vogliamo piu' dare una definizione dell’Anima ma cerchiamo di rimetterci in ascolto.
Ci siamo resi conto che forse abbiamo voluto dominare troppo noi stessi, dominare il mistero di noi stessi, dell’Anima e quindi dominare tutto. Forse dobbiamo ritrovare un contatto piu' "ingenuo".
Per tutto questo facciamo una grande fatica a immaginare una psicologia scientifica se per scienza s’intende una verificabilita' sperimentale. Anche Freud e Jung facevano molta fatica e gia' 50 anni fa.
Credere che uno studio dell´Anima, una psicologia, comunque la si voglia definire, possa pretendere lo statuto di scientificita' e' non solo difficile ma anche pericoloso. Non crediamo che la nostra Anima ci chieda questo: di essere oggetto di una scienza medica. L’Anima ci chiede altro e probabilmente cose che nemmeno ci immaginiamo. Noi vogliamo forse tranquillizzarci circoscrivendo i sintomi, che il nostro essere produce, entro dei codici che cerchiamo di controllare e che chiamiamo "scientifici".
Ma forse e' proprio quello che non dobbiamo fare!grave; l’Anima ma è lei che deve dirci cosa siamo.
L’esperienza ci dice che l´Anima, qualunque cosa essa sia, ama esprimersi per immagini, gode o soffre per le immagini e per le vibrazioni contenute nelle parole.
Quando essa si fa "sentire", la gente parla di "malinconia" e di "esaurimento", ma con tali termini cerca di dar voce a una sorta di malessere dello "spirito". Malessere che sempre e' connesso ad un problema di distorsione del "significato".
Non c’è da stupirsi pertanto che la migliore "cura" possibile sia fatta di parole capaci di fornire cio' che manca, integrare cio' che è andato "perduto".
La parola contiene in sè un potere che solo, paradossalmente, chi si mette in ascolto, accettando di "tacere", puo' riscoprire. Infatti le parole non sono concetti. Sono forze, sono energie, emozioni, prima di essere concetti. Molto prima e molto piu' profondamente. Uno stesso concetto puo' ferirci o darci gioia ma la cosa che a noi interessa e' se ci ferisce o se ci da' gioia e non la neutralita' del suo presunto contenuto concettuale.
In cio' sta la peculiarita' del cosiddetto "rapporto psicologico" e il fatto che esso sia dominato da questo medium terribile e spirituale che e' la parola, dovrebbe darci la misura della non codificabilita', non regolamentarieta' assoluta del rapporto psicologico stesso.
"Lasciare che il rapporto psicologico rimanga ventoso come ventosa e' la parola e' importante. Questo non significa che allora esso sia di natura irrazionale perche' l’irrazionalita' se l’e' inventata la ragione monocratica.
E’ la ragione che si e' messa sul trono, che ha stabilito i confini del lecito e fuori da quei confini ha detto che tutto e' illecito, cioe' IRRAZIONALE. Ma come sono caduti tanti regni, tante monarchie, cosi' sta cadendo anche la monocrazia razionalistica e cominciamo a renderci conto che non esistono questi confini, cominciamo a renderci conto che la comunicazione e' molto piu' complessa" (M. Guzzi) .
E’ come se l’Anima si nutrisse delle parole che puo' dire in noi. Quando ci mettiamo in contatto con noi stessi, con la nostra profondita', quando diamo voce a questa profondita' e' come se ci nutrissimo. E il nutrimento e' di doppia natura: interiore, ossia nel dialogo di ciascuno con la propria Anima; e relazionale, ossia nello scambio della comune esperienza interiore tra i partners del rapporto psicologico.
Una frase terribile di Nietzsche dice: "non impazziro' finche' ci sara' qualcuno ad ascoltarmi".
La cultura occidentale ha dato una pluralita' di definizione di Anima. Ha circoscritto spesso l’Anima alla funzione razionale della mente, quasi identificandola con la mente razionale, ma questa fase si e' compiuta, si e' esaurita. Abbiamo bisogno di ritornare al mistero vago di noi stessi che, in fondo, nella parola Anima e' custodito.
Oggi non vogliamo piu' dare una definizione dell’Anima ma cerchiamo di rimetterci in ascolto.
Ci siamo resi conto che forse abbiamo voluto dominare troppo noi stessi, dominare il mistero di noi stessi, dell’Anima e quindi dominare tutto. Forse dobbiamo ritrovare un contatto piu' "ingenuo".
Per tutto questo facciamo una grande fatica a immaginare una psicologia scientifica se per scienza s’intende una verificabilita' sperimentale. Anche Freud e Jung facevano molta fatica e gia' 50 anni fa.
Credere che uno studio dell´Anima, una psicologia, comunque la si voglia definire, possa pretendere lo statuto di scientificita' e' non solo difficile ma anche pericoloso. Non crediamo che la nostra Anima ci chieda questo: di essere oggetto di una scienza medica. L’Anima ci chiede altro e probabilmente cose che nemmeno ci immaginiamo. Noi vogliamo forse tranquillizzarci circoscrivendo i sintomi, che il nostro essere produce, entro dei codici che cerchiamo di controllare e che chiamiamo "scientifici".
Ma forse e' proprio quello che non dobbiamo fare!L´ Anima è un concetto filosoficamente lasciato fluttuante, senza definizioni. Infatti non siamo noi a dover dire cosa ù l’Anima ma è lei che deve dirci cosa siamo.
L’esperienza ci dice che l´Anima, qualunque cosa essa sia, ama esprimersi per immagini, gode o soffre per le immagini e per le vibrazioni contenute nelle parole.
Quando essa si fa "sentire", la gente parla di "malinconia" e di "esaurimento", ma con tali termini cerca di dar voce a una sorta di malessere dello "spirito". Malessere che sempre e' connesso ad un problema di distorsione del "significato".
Non c’è da stupirsi pertanto che la migliore "cura" possibile sia fatta di parole capaci di fornire cio' che manca, integrare cio' che è andato "perduto".
La parola contiene in sè un potere che solo, paradossalmente, chi si mette in ascolto, accettando di "tacere", puo' riscoprire. Infatti le parole non sono concetti. Sono forze, sono energie, emozioni, prima di essere concetti. Molto prima e molto piu' profondamente. Uno stesso concetto puo' ferirci o darci gioia ma la cosa che a noi interessa e' se ci ferisce o se ci da' gioia e non la neutralita' del suo presunto contenuto concettuale.
In cio' sta la peculiarita' del cosiddetto "rapporto psicologico" e il fatto che esso sia dominato da questo medium terribile e spirituale che e' la parola, dovrebbe darci la misura della non codificabilita', non regolamentarieta' assoluta del rapporto psicologico stesso.
"Lasciare che il rapporto psicologico rimanga ventoso come ventosa e' la parola e' importante. Questo non significa che allora esso sia di natura irrazionale perche' l’irrazionalita' se l’e' inventata la ragione monocratica.
E’ la ragione che si e' messa sul trono, che ha stabilito i confini del lecito e fuori da quei confini ha detto che tutto e' illecito, cioe' IRRAZIONALE. Ma come sono caduti tanti regni, tante monarchie, cosi' sta cadendo anche la monocrazia razionalistica e cominciamo a renderci conto che non esistono questi confini, cominciamo a renderci conto che la comunicazione e' molto piu' complessa" (M. Guzzi) .
E’ come se l’Anima si nutrisse delle parole che puo' dire in noi. Quando ci mettiamo in contatto con noi stessi, con la nostra profondita', quando diamo voce a questa profondita' e' come se ci nutrissimo. E il nutrimento e' di doppia natura: interiore, ossia nel dialogo di ciascuno con la propria Anima; e relazionale, ossia nello scambio della comune esperienza interiore tra i partners del rapporto psicologico.
Una frase terribile di Nietzsche dice: "non impazziro' finche' ci sara' qualcuno ad ascoltarmi".
La cultura occidentale ha dato una pluralita' di definizione di Anima. Ha circoscritto spesso l’Anima alla funzione razionale della mente, quasi identificandola con la mente razionale, ma questa fase si e' compiuta, si e' esaurita. Abbiamo bisogno di ritornare al mistero vago di noi stessi che, in fondo, nella parola Anima e' custodito.
Oggi non vogliamo piu' dare una definizione dell’Anima ma cerchiamo di rimetterci in ascolto.
Ci siamo resi conto che forse abbiamo voluto dominare troppo noi stessi, dominare il mistero di noi stessi, dell’Anima e quindi dominare tutto. Forse dobbiamo ritrovare un contatto piu' "ingenuo".
Per tutto questo facciamo una grande fatica a immaginare una psicologia scientifica se per scienza s’intende una verificabilita' sperimentale. Anche Freud e Jung facevano molta fatica e gia' 50 anni fa.
Credere che uno studio dell´Anima, una psicologia, comunque la si voglia definire, possa pretendere lo statuto di scientificita' e' non solo difficile ma anche pericoloso. Non crediamo che la nostra Anima ci chieda questo: di essere oggetto di una scienza medica. L’Anima ci chiede altro e probabilmente cose che nemmeno ci immaginiamo. Noi vogliamo forse tranquillizzarci circoscrivendo i sintomi, che il nostro essere produce, entro dei codici che cerchiamo di controllare e che chiamiamo "scientifici".
Ma forse e' proprio quello che non dobbiamo fare!


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1992 "Inaugurazione di Gea"

Estratto intervista su Rai 3

Alejandro Jodorowsky a Gea

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