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Associazione Gea
Psicologia Analitica e Filosofia Sperimentale
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GeaBlog: Riflessioni e Pensieri in libertà
  dal 31 al 25   
Ada Cortese Dic 2015
SPIETATEZZA

La normalizzazione della violenza operata dai media e dai quotidiani

Ci sono alcuni interventi radiofonici che a volte generano riflessioni sulle quali è bene soffermarci affinchè la memoria rimanga più attenta a quegli stimoli che le hanno generate. Soprattutto tenendo conto quanto (ahimè) le considerazioni di allora e le notizie che in quelle occasioni venivano mandate in onda siano ancora oggi più che mai tristemente attuali!
Faccio riferimento ad alcune trasmissioni di fine millennio condotte da Marco Guzzi, un noto poeta scrittore e umanista a noi particolarmente caro.

In una di quelle trasmissioni mi hanno colpito alcune considerazioni sul tema della spietatezza argomentata attraverso notizie agghiaccianti del tempo.
Si citano per esempio alcuni esperimenti realizzati ad Heidelberg dove si effettuavano incidenti di crash test simulati con i cadaveri (bambini compresi):
- "maschio, tre anni, 16 chili, 97 cm, velocità 31 km orari, lesioni poche.”
- “Femmina, due anni, 13 kg, 87 cm., velocità 54 km orari, lesioni molto gravi”.
Questi sono gli esiti di alcuni tra i molti esperimenti scientifici, che Dimitri Scalievijch, professore di medicina legale presso questa università, ha compiuto per verificare le conseguenze sul corpo umano di scontri automobilistici a varie velocità. Con una particolarità però: allacciati ai sedili delle auto scaraventate contro gli ostacoli, non c'erano i soliti manichini di plastica, ma veri e propri corpi umani (anche se privi di vita). (Corriere della Sera Novembre 1993).
Tra questi almeno 900 erano salme di bambini i quali sembra venissero “vendute” dai genitori ai laboratori di ricerca con importi variabili dai 200 ai 1500 marchi.
A Roma, invece, il 27 novembre 93, esplode lo scandalo del traffico degli organi in Italia. Si scopre il mercato clandestino di parti umane: occhi, fegato, cuore, polmone, ghiandole e milza vengono espiantati da persone decedute in ospedale e vendute a caro prezzo a persone in attesa di trapianto. Altri organi vengono invece destinati alle industrie farmaceutiche e cosmetiche.
Focus riprende recentemente la notizia mostrando come questo orribile commercio sia ormai globalizzato ed ormai coinvolga tutti i paesi del mondo, a partire naturalmente dai più poveri.
(http://www.focus.it/scienza/salute/il-mercato-nero-degli-organi-secondo-l-oms03092013-7844)

E che dire del “Signor Morte”? Si tratta del soprannome di Gunther Von Hagens, un medico tedesco che utilizza ed espone cadaveri per “fini artistici” e le sue mostre sul tema girano per il mondo producendo notevoli polemiche. Non è inquietante che dei cadaveri vengano trattati ed esposti al pubblico adducendovi non solo intenzioni artistiche ma anche educative?
Certo, non è detto che non ci sia anche “dell'arte” in tutto ciò, ma il disagio in molte persone prevale. Non siamo anche in questo caso di fronte ad un atteggiamento eccessivamente freddo?
Ed allora anche io, con Marco Guzzi, mi chiedo perchè tanta spietatezza? Perchè tanta disumanità?
E' possibile che questa spietatezza stia ulteriormente crescendo?
Sicuramente tutto ciò è un sintomo di un movimento dell'inconscio collettivo, un'agitazione interiore delle nostre profondità dove vivono e si possono risvegliare i nostri mostri arcaici che ci costringono a tanta spietatezza e a tale sordida freddezza.

Proseguo con le notizie di cronaca:
- "Parigi 29 ottobre 1993 - tre ragazzi tra gli 8 e 9 anni hanno linciato ed ucciso un barbone perchè "era un cattivo che aveva fatto arrabbiare i loro amici". I tre ragazzi si sono accaniti su di lui scagliando prima calci e pugni, poi armati di bastoni, hanno cominciato il pestaggio. Un vero linciaggio che è durato per lunghi interminabili minuti fino a quando di lui non è rimasto che un fagotto di stracci insanguinati."
- "Liverpool 25 novembre 93 - due ragazzi hanno rapito e ucciso un bimbo di due anni e mezzo. Prelevato da un centro commerciale lo hanno condotto per mano all'esterno e, arrivati sulla ferrovia, lo hanno ucciso con pietre e mattoni e un tubo di ferro."
- "Civitavecchia 21 novembre 93 - una bambina di 11 anni denuncia di essere stata, insieme ad alcune coetanee, ripetutamente violentata da ragazzi di 16 - 17 anni. Mentre andavano a trovare un amico malato sarebbero state attirate in un garage con la scusa di vedere un cane dalmata e lì sono state ripetutamente violentate. Per ritorsione qualche giorno dopo uno dei genitori delle ragazze, cattura uno dei ragazzi in questione e, dopo averlo picchiato e torturato, lo ha trascinato per i capelli, lo ha appeso ad un albero prendendolo a sassate."
- Omissis.

Ma come è mai possibile che un bambino di 10 - 11 anni ammazzi a bastonate un uomo indifeso? Da dove proviene tanta freddezza e tanta spietatezza?
Sono convinta che lo sforzo di riflessione su questi aspetti angosciosi e agghiaccianti della nostra psiche sia necessaria e funga essa stessa, se non come antidoto, almeno come argine a tanto orrore e ci aiuti a non soccombere avanti ad essi.
In fondo dai tempi antichi il rito catartico della tragedia ha sempre aiutato l'uomo a convivere con i suoi lati più tenebrosi.

Torniamo al traffico sui cadaveri: noi tutti accettiamo il trapianto di organi e allora dove è il limite? Sicuramente il ricorso all'uso di organi espiantati dovrebbe essere permesso solo per ragioni umanitarie e di solidarietà. Mai comunque dovrebbe sottostare a leggi di mercato, di lucro e di mercificazione. Purtroppo la cronaca ci informa che questo è solo l'aspetto teorico - ideologico che nasconde la perversa realtà.
La spietatezza, lo dice la parola stessa, è mancanza di pietà. Allora approfondiamo un po' anche il concetto di pietà per ritrovare il senso del nostro discorso.
C'è chi dice che la pietà sia “amore per gli altri”, vicinanza fisica e partecipazione empatica. Per altri, invece, essa – in un concetto al minimo - potrebbe semplicemente coincidere con la tolleranza.
Ma proprio il quotidiano bombardamento di terribilità insita in notizie tipo quelle che abbiamo citato, contribuisce a produrre nell'animo umano una sorta di drogata assuefazione e crescente indifferenza.
E dalla indifferenza alla freddezza il passo è breve.
La spietatezza, conseguente alla anaffettività crescente, produce indurimento, chiusura ai rapporti e questo inquietante analfabetismo emozionale.
Ed è ben paradossale che a fronte e nonostante la presenza di psicologi, psicoanalisti, sociologi ed altri esperti di varia umanità, si osservi questa crescente sottrazione di umanità!
L'indurimento del cuore sembra potersi anche riscontrare nel modo stesso che gli “esperti della comunicazione” hanno di porgere la notizia stessa.
L'indurimento del cuore è quello che viene contrabbandato come normalità, addirittura come presupposto necessario ad una professionalità giornalistica matura che pretende di rivestirsi di neutralità informativa quando quello che offre è invece una progressiva assenza di ogni riflessione di accompagnamento. Spesso si tende alla notizia della notizia, ma non si compie lo sforzo di inserirla in un orizzonte di senso.

Pietà spesso è parola avvilita, ma se venisse riscoperta in noi, ci potrebbe restituire quella vulnerabilità profonda che, sola, potrebbe proprio evitare quella durezza da cui sfocia la violenza.
Riconoscersi negli altri sarebbe necessario non come obbligo morale ma per stessa condizione esistenziale dato che il dolore è patrimonio di tutti e solo chi è ferito può ritrovarsi nell'altro.
La spietatezza imperante allude allora ad un enorme problema di paura e solitudine. Sono persone sole quelle che trovano nel rifiuto della pietà, considerata debolezza, un modo per sentirsi più grossi più importanti, insomma meno soli.
E certo c'è correlazione statistica molto chiara tra il crollo della famiglia che insegnava ad essere pietosi l'uno nei confronti degli altri e l'aumento della violenza. Ancora peggio: stiamo assistendo alla normalizzazione della violenza. L'atto di violenza viene accettato come un gesto di banalità quotidiana.

Tutti sembriamo così lontani da quanto la figura di Enea suggeriva. L'Enea dotato di pietà.
Nel decimo libro dell'Eneide Enea sta combattendo con il suo nemico Mezenzio. Lo ferisce e il figlio di Mezenzio giovinetto, Lauso, interviene per difendere il padre. Naturalmente la lotta è impari e Lauso viene abbattuto. Ed ecco come Virgilio ci descrive la commozione improvvisa che coglie Enea nel momento in cui ha colpito il giovinetto:

" Ma come il volto guardò del morente
e le labbra terribilmente pallide
il figlio d'Anchise gemette
Oh gravemente di pena
e la destra gli tese
e il cuore gli strinse
l'immagine del suo amore di padre”
Enea si sente padre in quel momento e Virgilio parla di Pietatis Imago che commuove il cuore. Ecco, questa è una immagine di pietà che non dovrebbe lasciarci mai, anche nel contrasto più estremo. Più tardi Enea ucciderà anche Masenzio, il padre, il nemico ma avrà pietà del corpo del suo avversario.
Non dovremmo separarci mai da questo sentimento.
Questa è l'invocazione pietosa di Mezenzio a Enea:
“ Non è empia la morte, non a questi patti
sono venuto in guerra e con te non li ha fatti neppure il mio Lauso.
Solo ti chiedo, se c’è qualche pietà per i nemici vinti,
lascia che il mio corpo lo copra la terra. So bene
che mi sta attorno l’odio acerbo dei miei nemici. Ti prego,
difendimi dal loro furore e concedi che divida con mio figlio la tomba”.
Ciò detto, accolse consapevolmente nel collo la spada,
e con un fiotto di sangue versò sulle armi l’anima.”
Oggigiorno la spietatezza è ulteriormente cresciuta e si è trasformata in anaffettività, indifferenza, paura e completa chiusura avanti ad eventi epocali che minano le identità personali e dei popoli.
I fenomeni migratori, le grandi manovre della finanza, la povertà e l'assoggettamento degli ex cittadini (ora nuovi schiavi), ci immerge nella nube dell'oscurantismo e dell'umanesimo rovesciato. Il sentimento è di impotenza. La speranza proviene solo dal sottosuolo degli eventi, dalla grande psiche collettiva, dal filo d'oro che può rinforzare e accogliere le convergenti battaglie di resilienza spirituale. Per un vero futuribile capovolgimento dello statuto umano da esiliato e creaturale, infantilizzato nel suo delirio di onnipotenza, ad una realtà matura quasi inimmaginabile ma sicuramente più accogliente e più tenera.


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