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GeaBlog: Riflessioni e Pensieri in libertà |
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Carla Piccini
Mar 2010
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Nell'identita' ed oltre
Anche una semplice carezza può essere un gesto sentimentale
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Nei compiti e nelle mansioni quotidiane non sempre e non una volta per tutte è facile e scontata l'identificazione.
A volte sembra naturale ma spesso appare forzata.
Non si riconoscono le forze e le capacità messe in gioco per svolgerli e quindi non si riesce ad appropriarsene, non si vive con presenza la cura e l'impegno che i legami della vita comportano.
Spesso molte delle cose che ci capitano sembrano al di sopra delle nostre possibilità, e vivendo la mancanza di quella nostra parte forte che invece sta all'altezza,si finisce spesso per idealizzarla nell'altro da cui ci si sente poi dipendenti.
Spesso non sembrano rappresentare un completo soddisfacimento del bagaglio intellettuale e umano di cui ci pare di essere stati dotati.
Legami e compiti rimandano facilmente ad un mondo materiale ,i problemi della vita sono per lo più fatti di materia e tale materia e materialita' provocano a volte un senso di noia se non di nausea.
L'appagamento, su un dato piano non appaga più, "divertirsi" non è più divertente.
Per assurdo può capitare che l'intensità delle emozioni, l'onda dei sentimenti, non governate le une , non al sevizio del dialogo interiore gli altri, conducano ad una situazione di forte stress .
Ma a volte il peso, la fatica del compito è dovuto alla abitudine di stare chini sopra al proprio orticello, rendendolo particolarmente materiale e concretistico, mentre alzando lo sguardo, ampliando le vedute, dando al proprio operato una valenza sociale, lo si smaterializza.
Gli si dà valore trascendente la propria piccola privata individualità.
Si attenua il senso di frustrazione per la mancata realizzazione delle nostre capacità e risorse, qualunque ce le possiamo essere "sentite". Dunque, come mi piace sempre citare "libertà è partecipazione" [G. Gaber] Libertà da sé stessi, dalla propria storia, dalla propria identità, è renderla partecipata.
Entrare nel ghetto della diversità, dell'aparthaid, della povertà, per uscire dal ghetto che per ognuno è il proprio privilegio, il proprio privato, il proprio appagamento, quale che esso sia.
Cercare realizzazione nel tentare di accompagnare altri sulla strada della propria realizzazione.
Esiste o non esiste la possibilità di schiodarsi dal proprio destino, per quanto riguarda le sue ombre, o addirittura forse proprio in queste pieghe dolorose sta la scommessa per indirizzarlo e dirigerlo affinché assomigli il più possibile al vagheggiato progetto esistenziale?
Tra materia e spirito c'è un uso scontato a considerare materia tutto ciò che è visibile, che si può toccare e che ha altre qualità percepibili ai sensi; e spirito tutto ciò che è al contrario.
Ma penso che quello che rende la materia materiale sia l'atteggiamento con cui essa e la nostra essenza e la nostra propria carne sono messe al centro dell'universo, e hanno un'interesse [e non importanza] prioritario su tutto.
La stessa operazione la si può compiere anche con ciò che è astratto: pensieri, sentimenti, emozioni, percezioni, suoni, immagini interne ed esterne,creatività.
Allora mi viene da definire spirituale tutto ciò che, anche se fatto di materia, trascende nelle sue intenzioni e nel modo in cui è percepito, la dimensione individuale.
Anche una semplice carezza può essere un gesto sentimentale, se non banale o addirittura volgare ,se inteso in senso strumentale verso la persona, o un gesto ricco di significati altri, sovra-personali.
Insomma la materia può essere spirituale , e lo spirito può essere materiale.
Traslando su un piano universale, l'individuo come solitamente è socialmente strutturato in un gruppo , in una famiglia, può con essa rappresentare una realtà asfittica, castrante, fobica, chiusa e autoreferenziata, se non spalanca le sue finestre sul mondo.
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