Appunti di Filosofia
A cura di Cristina Allegretti
del Laboratorio Evolutivo Permanente
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Cristina Allegretti

Platone

Il filosofo del Sommo Bene

Vita:
Platone nacque ad Atene nel 428/427 a.C. Il padre discendeva dal re Codro e la madre era parente di Solone. Questo dato biografico essenziale inciderà a fondo nella sostanza stessa del pensiero platonico. Platone vedeva fin da giovane nella vita politica il proprio ideale: la nascita, l’intelligenza, le attitudini personali, tutto lo spingeva in quella direzione.
Si avviò alla filosofia seguendo l’eracliteo Cratilo, ma decisivo fu il suo incontro con Socrate.
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Si narra che Socrate abbia sognato di avere sulle ginocchia un piccolo cigno che subito mise ali e volò via e dolcemente cantò e che il giorno dopo, presentatosi a lui Platone come alunno, abbia detto che il piccolo uccello era appunto lui." (Diogene Laerzio "Vite dei filosofi" ed. Laterza).
Platone subito dopo la morte nel 399 di Socrate, si recò a Megara, e poi verso il 388, compì un viaggio nell’Italia meridionale, dove a Taranto ebbe contatti con il pitagorico Archita, e a Siracusa divenne amico di Dione, parente e consigliere del tiranno Dione.
Tornato ad Atene fondò l’Accademia ad Atene, ed il Menone è verosimilmente il primo proclama della nuova Scuola.
Nel 367 compì un altro viaggio a Siracusa: allora regnava il giovane Dionigi II e Platone sperava di guidarlo a una riforma dello stato, ma il tentativo non ebbe successo, Platone fu trattenuto fino al 365, mentre Dione fu esiliato.
Nel 361 Platone compì un terzo viaggio a Siracusa nel tentativo di difendere Dione, Platone rischiò la vita e solo l’aiuto di Archita gli permise di tornare in patria.
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Aristosseno dice che egli tre volte prese parte a campagne militari, una volta a Tanagra, una seconda volta a Corinto, una terza volta a Delio, dove ottenne il premio del valore. Contaminò le teorie di Eraclito, Pitagora e Socrate: seguiva Eraclito per la teoria del sensibile, Pitagora per la teoria dell’intelligibile, Socrate per la filosofia politica".
"Platone fu il primo a introdurre con una domanda la discussione filosofica, come dice Favorino nell’ottavo libro della Storia Varia e fu il primo ad insegnare a Leodamante di Taso il metodo della ricerca secondo l’analisi. E primo nella filosofia introdusse i termini antipode, elemento, dialettica, qualità, numero oblungo e tra le delimitazioni le superfici piane, e infine la provvidenza divina."
"Diceva inoltre che l’orecchio non ascolta altro nome più dolce della verità; secondo altri, egli avrebbe detto che non la verità, ma dire la verità è la cosa più dolce. Della verità così scrive nelle Leggi:
Cosa bella e durevole è la verità, o ospite. Eppure, inculcare questo convincimento non pare facile.
Pensava di lasciare ricordo di sé o negli amici o nei libri. Secondo quanto affermano alcuni, egli si teneva lontano dagli uomini il più possibile.
Morì nel modo predetto, nel tredicesimo anno del regno di Filippo, come dice Favorino nel terzo libro delle Memorie.
Teopompo attesta che da quel re il filosofo fu calunniato alla sua morte. Mironiano nei suoi Simili dice che Filone ricordava dei proverbi sui pidocchi di Platone, volendo dire che era morto di ftiriasi.
Fu sepolto nell’Accademia, ove aveva esercitato la maggior parte del suo magistero filosofico. Perciò la scuola da lui fondata si chiamò Accademia. Tutti insieme i suoi uditori partecipano agli onori funebri."
(Diogene Laerzio "Vite dei filosofi" ed. Laterza).
Pensiero:

A differenza dei filosofi che lo hanno preceduto i quali non sono riusciti a spiegare il sensibile con il sensibile stesso, Platone tenta un radicale affrancamento dai sensi e dal sensibile ed un massiccio spostamento sul piano del ragionamento puro e di ciò che è coglibile col puro intelletto e con la pura mente. Platone scopre l’esistenza di una realtà soprasensibile, una dimensione soprafisica dell’essere (seconda navigazione). Esempio: per poter spiegare perché una cosa è bella non basta descrivere la forma, il colore, ecc. la vera causa non è nel mondo sensibile ma nell’intelleggibile, cioè l’Idea o forma pura del Bello in sé. La "seconda navigazione" di Platone è una conquista che segna la fondazione e la tappa più importante della storia della metafisica; tutto il pensiero occidentale sarà condizionato da questa distinzione fra materiale ed immateriale, sensibile e soprasensibile, empirico e metaempirico, fisico e soprafisico. Il vero essere consiste nella "realtà intellegibile". L’ Iperuranio che significa luogo sopra il cielo indica un luogo che non è affatto un luogo, è la meta cui porta la seconda navigazione: un mondo in cui le Idee (Eidos) sono entità, sostanza, non sono semplici pensieri, ma sono ciò che il pensiero pensa.
Platone concepisce il complesso delle Idee come un sistema gerarchicamente organizzato ed ordinato, al vertice è l’Idea del Bene che non solo è il fondamento che rende le Idee conoscibili e la mente conoscente, ma addirittura produce l’essere e la sostanza essendo ancora al di sopra della sostanza stessa. L’Uno riassume in sé il Bene, in quanto tutto ciò che l’Uno produce è bene. All’Uno era contrapposto un secondo principio: il principio indeterminato ed illimitato denominato Diade o Dualità di grande-piccolo. Tendendo ad un tempo all’infinita grandezza e all’infinita piccolezza si può definire Dualità indefinita. Dalla cooperazione di questi due principi originari scaturisce la totalità delle Idee. L’Uno, in quanto de-limita, si manifesta come Bene, perché la delimitazione dell’illimitato, che si configura come una forma di unità nella molteplicità è: essenza, ordine, perfezione, valore. Platone ha definito l’unità come "misura" e più precisamente come "misura esattissima". Questa teoria traduce in termini metafisici quella che può considerarsi caratteristica peculiare della grecità, che in tutti i suoi aspetti si è manifestato come un porre un limite a ciò che è il limite, come trovare l’ordine e la giusta misura.
Il mondo fisico deriva dalle Idee ossia da un principio illimitato ed indeterminato di carattere fisico. La materia o ricettacolo sensibile "chora" (spazialità) è solamente partecipe in qualche modo oscuro dell’intellegibile. Esiste un Demiurgo ossia Dio pensante e volente che crea tutto questo e che genera il mondo per bontà.
"Perché Dio, volendo che tutte le cose fossero buone e, per quanto era possibile, nessuna cattiva, prese quanto c’era di visibile che non stava quieto, ma si agitava sregolatamente e disordinatamente, lo ridusse dal disordine all’ordine. Infatti, né fu mai, né è lecito all’ottimo di far altro se non la cosa più bella."
Dio creò l’anima del mondo avvalendosi di tre principi: l’essenza, l’identico e il diverso e nell’anima il corpo del mondo. Il mondo è una sorta di Dio visibile.
Secondo Platone il tempo è nato con il mondo. Il tempo è l’immagine mobile dell’eterno come una sorta di svolgimento dell’"è" attraverso l’"era" e il "sarà".
In che modo l’uomo può accedere conoscitivamente all’intellegibile? Attraverso l’anamnesi cioè una forma di ricordo, un riemergere di ciò che da sempre esiste nell’interiorità della nostra anima. Noi constatiamo con i sensi l’esistenza di cose uguali, maggiori e minori, quadrate e circolari, e altre analoghe, ma tutti i dati che ci fornisce l’esperienza non si adeguano mai, in modo perfetto, alle corrispondenti nozioni che possediamo indiscutibilmente: nessuna cosa sensibile è mai perfettamente e assolutamente quadrata o circolare, eppure noi abbiamo queste nozioni di uguale, di quadrato e di circolo assolutamente perfetti. La mente trova in sé queste nozioni (originario possesso) ricordandole. La conoscenza è proporzionale all’essere; gli uomini comuni si fermano all’ opinare (doxa), i matematici salgono alla conoscenza mediana costituita dalla scienza, solo i filosofi salgono alla scienza suprema. Il filosofo è il "dialettico" perché risalendo da idea a idea arriva a cogliere l’idea suprema, l’Incondizionato ossia la verità. Platone giudica l’arte come qualcosa che non disvela ma vela il vero, non migliora l’uomo ma lo corrompe essendo stessa menzognera; l’arte si rivolge alle facoltà arazionali dell’anima e l’artista che compone non è in sé ma fuori di sé "invasato". La tematica della bellezza non viene quindi collegata da Platone con l’arte, ma con l’eros e l’amore, inteso come forza mediatrice fra il sensibile e soprasensibile, forza che eleva alla bellezza in sé e poiché il Bello coincide con il Bene, l’eros è la forza che eleva al Bene. L’amore è nostalgia dell’Assoluto, trascendente tensione al metempirico, forza che ci spinge a ritornare all’originario nostro essere presso gli Dei.
La concezione dei rapporti fra anima e corpo è dualistica. Platone rifacendosi all’Orfismo distingue l’anima (soprasensibile) dal corpo (sensibile) in modo netto creando una contrapposizione, considerando il corpo come carcere dell’anima, ossia come luogo di espiazione dell’anima. Questo pensiero porta ai 2 paradossi più noti dell’etica platonica: 1) l’anima deve cercare di fuggire il più possibile dal corpo perciò la filosofia è "esercizio di morte", rovesciando la formulazione: il filosofo è colui che desidera la vera vita (= morte del corpo) e la filosofia è esercizio di vera vita, della vita nella pura dimensione dello spirito. La fuga dal corpo è il ritrovamento dello spirito. 2) secondo paradosso: la fuga dal mondo. "Il male non può perire, chè ha pur da esserci sempre qualcosa di opposto e contrario al bene; né può aver sede fra gli Dei, ma deve di necessità aggirarsi su questa terra e intorno alla nostra natura mortale. Ecco perché ci conviene adoperarci di fuggire di qui al più presto per andare lassù. E questo fuggire è un assomigliarsi a Dio per quel che a un uomo è possibile; e assomigliarsi a Dio è acquistar giustizia e santità e insieme sapienza".
Già negli Orfici, in Socrate e Pitagora si parla della cura dell’anima, ma il nuovo "misticismo" di Platone deve intendersi non come estatica e alogica contemplazione, ma catartico sforzo di ricerca e di progressiva ascesa alla conoscenza; il processo della conoscenza razionale è ad un tempo processo di con-versione morale: nella misura in cui la conoscenza ci porta dal sensibile al soprasensibile ci converte dall’uno all’altro mondo portandoci dalla falsa alla vera dimensione dell’essere.
L’anima è immortale, è capace di conoscere le realtà immutabili ed eterne; ma per poter cogliere queste essa deve avere, necessariamente, una natura a loro affine: altrimenti quelle rimarrebbero al di fuori della sua capacità di comprensione; e dunque come quelle sono immutabili ed eterne così anche l’anima deve essere immutabile ed eterna. Poiché le anime sono generate dal Demiurgo, con la stessa sostanza con cui è stata fatta l’anima del mondo (essenza, identità e diversità), hanno una nascita ma, per statuto divino, non sono soggette a morte come non è soggetto a morte tutto ciò che è direttamente prodotto dal Demiurgo.
Con Platone l’uomo ha scoperto di essere a due dimensioni, e l’acquisizione sarà irreversibile: anche coloro che negheranno la dimensione soprafisica saranno costretti a dare a quella fisica un significato tutto diverso da quello che essa aveva quando il soprasensibile era ignorato.
Secondo Platone l’anima trasmigra da un corpo all’altro attraverso il ciclo delle rinascite, alla stirpe degli Dei non è concesso giungere a chi non abbia coltivato la filosofia e non se ne sia andato dal corpo completamente puro, ma è concesso solamente a colui che fu l’amante del sapere.
Oltre al ciclo "individuale" di reincarnazioni, legato alla vita dell’individuo, esiste, secondo Platone un ciclo cosmico che è il ciclo millenario. Le verità di fondo che i miti (sia il mito di Er che quello del carro alato) intendono suggerire e portare a credere è una sorta di fede ragionata: l’uomo è sulla terra come di passaggio e la vita terrena è come una prova. La vera vita è nell’ aldilà, nell’Ade, dove l’anima viene giudicata in base al solo criterio della giustizia e dell’ingiustizia, della temperanza e della dissolutezza, della virtù e del vizio. Se avrà vissuto in piena giustizia riceverà un premio; se avrà vissuto in piena ingiustizia, un eterno castigo precipitando nel Tartaro; se avrà contratto ingiustizie sanabili sarà solo temporaneamente punita.
Oltre alle idee di giudizio, premio e castigo, da tutti i miti escatologici traspare l’idea del significato liberatorio dei dolori e delle sofferenze umane che quindi acquistano un preciso significato: "il vantaggio viene alle anime solamente attraverso dolori e sofferenze, sia qui sulla terra sia nell’Ade: infatti dall’ingiustizia non ci si può liberare in modo diverso". La forza salvifica è la ragione e la filosofia, ossia la ricerca della visione della verità, che salva per sempre. Platone riconosce tre parti diverse dell’anima, queste tre classificazioni verranno trasposte al suo Stato politico ideale. L’anima ha una parte appetitiva (desiderio), una parte irascibile (passione) ed una parte razionale (quella che ci trattiene dal desiderio e non ci fa cadere nell’ira).
Le corrispondenti politiche delle caratteristiche dell’anima sono le tre classi sociali in cui Platone suddivide il suo Stato ideale: 1)la prima è costituita da uomini in cui prevale l’aspetto concupiscibile dell’anima, che è l’aspetto più elementare. I contadini, gli artigiani, i mercanti che provvedono ai bisogni materiali dello stato. 2) la seconda è costituita da uomini in cui prevale la forza irascibile e volitiva dell’anima: i custodi che difendono dalle incursioni esterne e vigilano sui pericoli interni (es. evitare che nella prima classe si produca troppa ricchezza o troppa povertà, che lo stato non cresca troppo né che si rimpicciolisca, impartire ordine, educazione e mansioni ai cittadini della prima classe). 3) la terza è quella dei reggitori: pochi uomini che sappiano adeguatamente governare. I governanti dovranno essere coloro che avranno saputo amare la città più di ogni altro, adempiere al proprio compito con zelo, e soprattutto che avranno saputo conoscere e contemplare il Bene. Nei governanti predomina, quindi, l’anima razionale, e la loro virtù specifica è la sapienza.
Nel "Gorgia" Platone fa pronunciare a Socrate queste parole "Io credo di essere tra quei pochi Ateniesi, per non dire il solo, che tenti la vera arte politica ed il solo tra i contemporanei che la pratichi." La vera arte politica è l’arte che cura l’anima e la fa essere virtuosa quanto più è possibile, è perciò l’arte del filosofo. Costruire la Città vuol dire conoscere l’uomo ed il suo posto nell’universo, infatti lo stato non è che l’ingrandimento della nostra anima, una sorta di gigantografia che riproduce in vaste dimensioni quello che c’è nella nostra psychè. Platone idealizza uno Stato perfetto e dice: la città perfetta deve avere un’educazione perfetta; per la prima classe un’educazione pratica, per la seconda la comunanza di tutti i beni, comunanza degli uomini e delle donne, dei figli e abolizione di ogni proprietà di beni materiali. I figli, subito sottratti ai genitori, sarebbero stati educati in luoghi comuni senza conoscere i propri genitori per creare un’unica grande famiglia eliminando così le ragioni che alimentano egoismo e le barriere di "è mio" "è tuo" tutti avrebbero detto "è nostro".
Per i governanti Platone prevedeva un tirocinio che coincideva con l’apprendimento della filosofia che durava fino a 50 anni. Al termine del IX libro della "Repubblica" Platone afferma che "poco importa che ci sia o non ci sia questa Città" basta che ciascuno viva secondo le leggi di questa Città ossia secondo le leggi del bene e della giustizia.
Nel "Politico" e nelle "Leggi" Platone cercò di dar forma ad alcune idee che giovassero alla costruzione di uno "Stato secondo" che tenga maggior conto di come gli uomini sono effettivamente e non solo come dovrebbero essere, raccomandando due leggi basilari: quello della costituzione mista e quello di uguaglianza proporzionale: troppo potere produce l’assolutismo tirannico e troppa libertà produce demagogia.
Al centro della "Repubblica" si trova il "mito della caverna": alcuni uomini vivono in una caverna con una grande apertura verso la luce, gli uomini però sono legati in modo che vedano solo il buio. Fuori, sotto un muricciolo, altri uomini trasportano statue che proiettano la loro ombra sul muro della caverna. Gli uomini parlano fra loro e gli echi delle loro voci rimbombano nella caverna come se fossero le ombre delle statue a parlare. Ad un certo punto un prigioniero riesce a liberarsi e, uscendo alla luce scopre tutta la realtà. L’uomo torna alla caverna per liberare i compagni che potrebbero crederlo pazzo o addirittura ucciderlo (come era successo a Socrate).
Questo mito racchiude e sintetizza tutta la filosofia di Platone raffigurando tutti i vari gradi ontologici della realtà, cioè i generi dell’essere sensibile e soprasensibile con le loro distinzioni: le ombre della caverna sono mere parvenze sensibili delle cose, le statue sono cose sensibili, il muro è lo spartiacque fra sensibile e soprasensibile, il sole è l’idea del bene.
Il mito simboleggia anche i gradi della conoscenza nelle due specie e nei due gradi di queste: la visione delle ombre è l’immaginazione, la visione delle statue è la credenza; il passaggio dalla visione delle statue a quella degli oggetti veri a quella del sole rappresenta la dialettica nei vari gradi e la pura intellezione.
Nel mito della caverna si trova anche l’aspetto ascetico, mistico e teologico del platonismo: la vita nella dimensione dei sensi (nella caverna) e nella dimensione dello spirito (pura luce), liberarsi dalle catene per poter contemplare il Divino. Il ritorno alla caverna di colui che si era liberato dalle catene è indubbiamente il ritorno del filosofo-politico che se seguisse solo il suo desiderio resterebbe a contemplare il vero, che non ama comando e potere ma li usa solamente per attuare il bene e che mette a rischio la sua stessa vita per portare alla luce i suoi vecchi compagni schiavi.
L’uomo che ha visto il vero Bene deve saper correre questo rischio che è poi quello che dà senso alla sua esistenza.

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