Appunti di Filosofia
A cura di Cristina Allegretti
del Laboratorio Evolutivo Permanente
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Cristina Allegretti

Eraclito

"Una è la sapienza, conoscere la mente che per il mare del Tutto ha segnato la rotta del Tutto."

Vit
a
Eraclito nacque ad Efeso e visse a cavallo fra il IV e il V secolo a.C., Diogene Laterzio seguendo il cronografo Apollodoro, pone l'apogeo della vita di Eraclito nella sessantanovesima Olimpiade.
Con lui comincia la tendenza dei filosofi a separarsi e allontanarsi dalla vita pubblica e dagli interessi della Patria.
Diogene ci informa che i suoi rapporti con i concittadini consistevano nel fatto che essi lo disprezzavano, ma ancor più profondamente furono da lui disprezzati.
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Pregato dai suoi concittadini di dare un corpo di leggi, egli rifiutò perché già la città era dominata da una cattiva costituzione".
Sempre da Diogene sappiamo che:
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Alla fine divenne misantropo e si appartò dall'umano consorzio e trascorreva la vita sui monti, cibandosi di erbe e di verdure. Per questo tenore di vita fu colpito da idropisia e fece ritorno in città. E ai medici chiese in modo enigmatico se da una inondazione sapessero creare una siccità. Poiché quelli non lo capivano, si seppellì in una stalla di buoi, nella speranza che il caldo dello sterco bovino avrebbe fatto erogare l'acqua che lo affliggeva. Ma poiché neppure così riuscì a guarire, si spegneva all'età di sessanta anni".
Pensiero:

Non ebbe maestri e si vantò di aver trovato da sé la sua sapienza, scrisse "Della Natura", composta con uno stile originale audace e oscuro.
Eraclito depose il libro nel tempio di Artemide, ed alcuni affermavano che lo avesse scritto intenzionalmente in forma oscura, perché vi si accostassero solo quelli che lo potevano e perché un tono facile non lo sottoponesse al dispregio del volgo (per questo fu chiamato Eraclito l’ "oscuro").
Diogene ci informa che i punti fondamentali della sua dottrina in generale sono i seguenti: tutto si forma dal fuoco e in esso si risolve. Tutto diviene secondo una fatale necessità e le cose che sono si compongono in armonia per mezzo di ricorrenti opposizioni….Il divenire di tutte le cose è determinato dal conflitto degli opposti e tutte le cose dell'universo scorrono a guisa di fiume; il tutto è finito e costituisce un unico cosmo. Il cosmo si genera dal fuoco e di nuovo si risolve in fuoco, periodicamente; questo processo, che sempre si ripete con costante alternanza nel corso perenne del tempo, accade secondo una fatale necessità. Degli opposti quello che porta alla genesi si chiama guerra e contesa, l'altro che porta alla conflagrazione si chiama concordia e pace, e il mutamento è una via in su e in giù, a cui si deve la formazione del cosmo.
I contrari non sono solo gli opposti, che si contrastano, ma, più spesso, gli alterni, che si succedono.
Fu pensatore dell'anima: "
i confini dell'anima vai e non li trovi, anche a percorrere tutte le strade: così profondo è il Discorso che essa comporta", della morte: "lo stesso il vivo e il morto, il desto e il dormiente, il giovane e il vecchio: questi, infatti trapassando in quelli, son quelli, e di nuovo quelli trapassano in questi", scopritore dei contrari come dialettica cosmica e quindi della vita: "ciò che si oppone converge, e dai discordanti bellissima armonia"; a lui dovremmo tornare per recuperare quel linguaggio che non si ferma ad una comprensione intellettualistica ma presuppone un ascolto dell'anima.
A volte contraddittorie, a volte provocatorie, le sue parole ci costringono a non negare mai il contrario di ciò che si afferma, ma ciò che resta è l'uno, di questo non c'è negazione; spesso restiamo nella superficialità della vita restando nella contraddittorietà, come dire che restiamo nel frammento della dinamica senza vederne il movimento, senza curarci della profondità dell'anima, che per Eraclito non è mai abisso ma assenza di confine.
L'anima dell'uomo, dunque, è insostituibile perché è la sola realtà che ci dia un "discorso" capace di farci sentire l’armonia invisibile, poiché noi siamo il paradigma del passaggio all’invisibile.
La sua è una filosofia in cui è presente il problema ontologico del risveglio, ovvero il passaggio dal mondo d'essere slegato e disperso, proprio dei dormienti, al mondo d'essere unitario del mondo dei desti, e questo passaggio, è mediato, appunto dal discorso di Eraclito, dal suo "lògos".
Svegliarsi è prendere coscienza della morte, "
morte è quanto vediamo nell'atto di svegliarci, mentre ciò che vediamo dormendo è sonno." La morte è una rivelazione, non uno stato, la morte di cui parla Eraclito non è il succedersi degli enti nel mondo dell'esperienza, è un vivere la morte.
Per Eraclito: "
l'aver imparato molte cose non insegna ad aver intelletto", egli polemizza con i mitografi "autori di racconti", e con i logografi "scrittori di discorsi in prosa", per Eraclito sono "inventori di raggiri"; Eraclito condanna la ricerca quale è condotta da coloro che "hanno anime barbare", ovvero da coloro che "balbettano", non sanno parlare il greco, cioè non sanno usare il discorso (logòs).
La cattiva ricerca "manca di riportare i particolari all'unità, a ciò che è comune", è questo il difetto di un discorso che si limita a "dire" anziché a "significare".
Per Hegel, l'ultimo grande "metafisico" dell'Occidente: "
non vi è proposizione d'Eraclito ch'io non abbia accolta nella mia logica", in quanto: "il progresso necessario, compiuto da Eraclito, consiste nell'esser egli passato dall'essere, come primo pensiero immediato, alla determinazione del divenire, come secondo termine; abbiamo così il primo concreto, l'assoluto in quanto in esso si realizza l'unità degli opposti. Mentre dunque il ragionare di Parmenide e di Zenone era pre intelletto astratto, in Eraclito incontriamo per la prima volta l'idea filosofica nella sua forma speculativa, perciò egli fu sempre ritenuto e talora anche denigrato, come filosofo del profondo".
Per Nietzsche: "
Egli conosce solo il divenire, lo scorrere. Egli tratta la fede nella persistenza come errore e stupidità. A ciò si aggiunge il pensiero: che ciò che diviene è un uno in eterna trasformazione; e la legge di questa eterna trasformazione, è appunto quell'uno (il fuoco). Quindi l'uno, che sempre diviene, è per sé legge, che esso diviene e come diviene, è una sua opera. Tutte le qualità delle cose, tutte le leggi, ogni nascere e perire, sono manifestazione continua dell'uno: la molteplicità, che secondo Parmenide, è una illusione dei sensi, per Eraclito è la veste, la forma dell'apparenza dell'uno, non è affatto una illusione, perché l'uno non può apparire in nessun altro modo."
Per Gadamer si dovrebbe considerare Eraclito un testimone fondamentale, un impegno del pensiero, un enigma costante della nostra coscienza.
Eraclito ci permette di entrare nella profondità dell'esistenza della vita intera; i contrari e l'armonia, l'unità del molteplice; il movimento essenziale che con Eraclito si mostra è che tutto va verso l'uno. Non ci sono punti fermi a cui l'uomo può aggrapparsi, ciò che resta è il movimento dell'uno per l'uno.
"
Per chi ascolta non mè, ma il logòs, sapienza è intuire che tutte le cose sono Uno, e l'Uno è tutte le cose".

Bibliografia:

Giorgio Colli, La sapienza greca. Vol. 3: Eraclito, Adelphi, Milano, 1988.
Eraclito, I frammenti e le testimonianze, a cura di Carlo Diano e Giuseppe Serra, Fondazione Lorenzo Valla / Arnaldo Mondadori Editore.
Giovanni Gentile, Eraclito. Vita e frammenti. Con il facsimile del manoscritto della traduzione dal Diels, Le Lettere,1995.
Martin Heidegger, Eraclito. L'inizio del pensiero occidentale. Logica. La dottrina eraclitea del logos, ed. Mursia, 1993.
V. Mathieu, Eraclito, Treccani.
Carlo Michelstadter, Parmenide ed Eraclito. Empedocle, ed. SE, 2003 .
F. Nietzsche, I filosofi preplatonici, ed. Laterza.