GIOCHI VIRTUALI NO>
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Home | Anno 17° | N° 61 | Pag. 5° | Luglio 2008 | Doris Colombo |
RICERCHE GIOCHI VIRTUALI SI
GIOCHI VIRTUALI NO
Prendetevi un attimo di pausa e rispondete serenamente esinceramente alle seguenti domande…
GIOCHI VIRTUALI SI
So che cos’è un computer e ne conosco l’uso
SI
NOHo un collegamento internet
SI
NONon ho messo dei filtri ad Internet
SI
NOI miei figli utilizzano il PC per giocare, a volte si divertono anche oltre 1 ora al giorno
SI
NONon ho tempo e conoscenze adeguate per visionare i contenuti dei software dei miei figli
SI
NOMi capita di scaricare, o chiedo ai figli di scaricare materiale da internet
SI
NOMi sento serena/o quando so che i miei figli giocano al computer nella stanza accanto o in casa di amici
SI
NOGeneralmente lascio ai miei figli la scelta dei giochi
SI
NO
RIFLETTIAMO SULLE RISPOSTE FORNITE
Se prevalgono i “SI” prosegui nella lettura…
1. PREMESSA
Si desidera qui approfondire il mondo spesso sconosciuto dei giochi multimediali, per comprendere i meccanismi e le dinamiche che li governano e acquisire così alcuni utili strumenti cognitivi indispensabili per valutare e tentare di padroneggiare un campo poco visitato.
Per giochi virtuali multimediali s’intendono tutti quei passatempi che si possono praticare sia con comodi e piccoli apparecchi portatili (vd.
Nintendo game-boy…) sia con l’ausilio di un computer e di apposite consolle dagli effetti sempre più sofisticati e realistici (vd. “Play Station 2” – “Play Station 3”).
Essi sono giochi che si possono fare sia individualmente, isolandosi dal contesto che ci circonda, che collettivamente tra amici o in rete. Vi sono addirittura occasioni in cui migliaia di persone si riuniscono per competere per interi weekend in “lan – parties”.
Una volta entrati nel magico mondo virtuale si può fare veramente tutto: guidare bolidi impazziti, viaggiare nello spazio, sondare fondali marini e percorrere labirinti nelle viscere della terra. Si può divenire maghi, elfi, guerrieri, efferati assassini o ancora vivere una seconda vita, parallela a quella reale, in cui però tutto è possibile e non esiste la parola fine… dato che vi è sempre la possibilità di ricominciare.
Si è accertato che in alcuni casi, quali lunghe degenze in ospedale o nel corso di malattie che costringono a trascorrere tristi giornate a letto, i giochi virtuali possono aiutare ad alleviare momenti difficili, permettendo una migliore degenza attraverso una temporanea fuga dalla realtà;
Spesso però, anche in questi casi, rielaborare situazioni, soprattutto se risolvibili, porta a rafforzare la propria personalità e a trovare soluzioni creative e costruttive del reale, piuttosto ché una fuga in un paese delle meraviglie dal quale poi non si vorrebbe più tornare.
Esistono giochi talmente realistici, quali ad esempio “Second life” o “World of warcraft” che consentono di vivere una doppia vita tutta virtuale e sicuramente più soddisfacente di quella reale dalla quale si tenta di scappare, ma attenzione perché gli affitti di appartamenti virtuali, isole, armi per potenziare il proprio personaggio… sono tutti da pagare con soldi reali!
In tutte le occasioni è quindi consigliabile controllare i contenuti dei giochi e apporre dei limiti di tempo, anche perché un’esposizione “attiva” e prolungata, secondo alcune teorie scientificamente provate potrebbe causare:
- atrofia cerebrale - (vd. esperimenti sulle onde alfa e beta -università di Nihon, Giappone);
- riduzione dell’ attività sociale;
- riduzione dell’empatia;
- apprendimento sociale negativo (vd. Bandura);
- desensibilizzazione;
- emulazione…
2.
Giochi virtuali ai figli?
Sì, ma con moderazione, lo dice anche il fondatore della Microsoft che consente ai suoi figli un massimo di 45’ al giorno.
Si parla qui ovviamente di ragazzi seguiti, ragazzi per i quali si desidera un futuro soddisfacente, non i figli del caso e di nessuno, che auto-regolandosi tra un abbuffata virtuale e l’altra trascorrono indisturbati i loro pomeriggi e le loro serate.
Per questi giovani, meno fortunati, si può solo sperare che non siano tra coloro che, biologicamente predisposti, incorrono in problemi di dissociazione o dipendenza e che riescano a rendersi conto che non inevitabilmente un inizio difficile debba sempre poi sfociare in una vita insoddisfacente e che le responsabilità e i successi del vissuto di ognuno dipendono in ultimo dalle nostre scelte personali, che proprio per questo devono rimanere scelte e non essere soggette a condizionamenti.
Le dipendenze rendono schiavi ed appiattiscono il ragionamento critico.
Spesso, però, anche i figli che tanto si desiderava, un po’ per inconsapevolezza, un po’ per ignoranza e un po’ per comodità vengono dimenticati per ore dinnanzi alle consolle.
Questo articolo si rivolge a tutti coloro che hanno a cuore non solo il futuro dei propri figli, ma anche quello della società in cui vivono.
Giocare con i computer fa sicuramente parte dei nostri tempi e sarebbe anacronistico rifiutare la modernità. E’ importante però conoscere le nuove tecnologie per saperne sfruttare le vaste opportunità e nel contempo evitarne i pericoli.
Non è certamente saggio e responsabile sostituire la nostra presenza e il nostro ruolo di educatori con queste “tate elettroniche”, pensando che i figli siano al sicuro dai pericoli della società nella stanza accanto, giocando con qualche “Ego schooter“ o con qualche gioco “18+”, limiti che non indicano certo le superiori capacità di un bimbo di nove o dieci anni, ma solo l’”ignoranza” da parte di chi non li sorveglia.
Nei “18+”, oltre a scene di esplicita violenza, si può veramente fare di tutto. Ad esempio, nel gioco “Postal 2” si può rubare, ammazzare passanti, staccandone la testa con pale per poi giocarvi a pallone, cospargere le vittime, soprattutto se omosessuali, con benzina per dargli fuoco e poi urinarvi sopra… In “Man Hunt” (18+) è necessario elaborare delle sofisticate strategie di pedinamento per poi eliminare, soffocando con sacchi di plastica o strangolando con fili spinati, i soggetti psicopatici. In altri giochi ancora si guadagnano punti uccidendo la “vecchia“ a pugni, per poi rubarle il portafoglio dalla pozza di sangue…
Certo in molti casi poche ore la settimana trascorse dinnanzi allo schermo, soprattutto se si tratta di giochi d’abilità, di ragionamento o ancora di strategia e di costruzione, non influiscono più di tanto, anzi, come rivelano alcuni studi, possono addirittura potenziare le capacità a reagire e a focalizzare e trovare soluzioni a problemi.
Ma il vero problema sorge quando le ore aumentano e vi sono nei soggetti dei fattori predisponenti che possono condurre a rischi di dissociazione, dipendenza e, non in ultimo, a casi di depressione e suicidio.
Questi fattori, quali:
- difficoltà ad esprimere e capire le emozioni proprie e altrui,
- tendenza ad avere anche minime forme di dissociazione come il ben noto deficit di attenzione,
- necessità compulsiva di ripetere piccoli rituali nella quotidianità per sentirsi a posto con se stessi,
possono, nel caso degli “hard core players” (più di sette ore di gioco al giorno), portare a veri e propri sviluppi patologici quali dipendenza, regressione ,dissociazione.
3.
Sviluppi patologici - Come riconoscere i sintomi
3.1. La dipendenza si può manifestare con un progressivo ritiro dal mondo esterno, quale difesa e allontanamento dalle relazioni sociali, con una propensione a sognare ad occhi aperti e un coinvolgimento eccessivo e quasi ritualistico con il computer, che potrebbe condurre ad una relazione di tipo ossessivo – compulsiva, con esperienze e realtà virtuali.
3.2. La regressione conduce alla tendenza a sovrapporre e a sostituire sempre più le esperienze e i rapporti reali con quelli virtuali fino a rimanervi stabilmente.
3.3. La dissociazione si manifesta con un’alterazione del senso della durata temporale ed un indebolimento progressivo dei confini dell’Io, conducendo ad una progressiva de-personalizzazione e de-realizzazione della propria identità, fino a rimpiazzare questa con la nuova realtà virtuale.
Situazioni di alterazione di questo genere, nelle quali i confini tra reale e irreale, logica e fantasia, normale e patologico sono sfumati, al punto da confondersi con la realtà, ci possono anche tristemente riportare a moltissimi fatti di cronaca:
“Una sfrenata corsa automobilistica tra adolescenti nell’oscurità della notte, le strade sono scivolose e battute dalla pioggia. Le auto sono rubate o sottratte. Un’ accelerata, un testacoda vertiginoso e poi via, si riparte con un’altra sfida fino a che non arriva l’agghiacciante impatto con un muro… Game over, ma l’auto non riparte più e il gioco finisce“ (Roma).
“Due ragazzi armati di tutto punto irrompono in una scuola, iniziano a sparare all’impazzata su coetanei, professori per poi togliersi la vita”.
Dove ci troviamo? In uno dei tanti realistici giochi o in una tristissima realtà?
E’ stato provato che i nostri “neuroni specchio”, quando osserviamo azioni compiute da altri, si attivano, reagendo in tutto e per tutto come se fossimo noi gli esecutori di tali gesti. Ma se tale scoperta si rivela utile ai fini terapeutici e riabilitativi, ci si domanda cosa potrebbe succedere a chi ripetutamente per giorni, mesi e anni compie sempre le stesse azioni, magari violente, dinnanzi al computer. Tutto ciò non potrebbe magari incidere su un tipo di apprendimento vicario antisociale?
Giocare al computer con “18+” non renderà forse inevitabilmente aggressivi e imprudenti, è sicuramente necessaria una concomitanza di diversi fattori predisponenti; certo è che vi sono stati casi in cui si è potuta riscontrare una correlazione tra giochi violenti e fatti di cronaca. In diversi casi si è potuto dimostrare che i carnefici/vittime* trascorrevano gran parte del loro tempo a giocare con “videogames” violenti, quali quelli di Littleton, Badreichenhall, Erfurt, il caso di Parigi o ancora il caso di Matteo che, divenendo il suo supereroe “Ken”, si perde in un mondo tutto suo.
Un numero sempre crescente di giovanissimi si trova coinvolto in fatti raccapriccianti di “bullismo” ed emulazione negativa. Leggendo fatti di cronaca occorrerebbe domandarsi, oltre a come taluni possano agire con fredda lucidità ed indifferenza, anche come essi trascorrono le loro giornate e quali sono i loro passatempi preferiti, in modo da ricreare con loro un dialogo ed un ascolto attivo e sinceramente interessato.
4. BREVE GUIDA ALLE SIMBOLOGIE APPOSTE SULLE COPERTINE DEI VIDEOGIOCHI
Impariamo a conoscere l’esatto senso di simboli, fin troppo nascosti, che ricordano un po’ le clausole dei contratti assicurativi.
Prima di regalare un gioco virtuale domandiamoci:
Che vorrà mai dire quel “18+” o “Adults only”? Che i ragazzi devono possedere le capacità di 18enni, come per un gioco di costruzioni Lego?
Il pugno….? Forse simbolo di un gioco d’azione? I ragazzi adorano i giochi d’azione…!
Nulla di tutto ciò e vediamo perché.
4.1. Età consentita (stabilita in Europa sistema PEGI e negli USA dall’ESRB)
Le differenziazioni a riguardo dell’età consentita si trovano sulla copertina del gioco e, trattandosi a volte di limiti anche troppo generosi, posti solo al fine di tutelare il business dei giochi virtuali, essi sono tassativamente da rispettare.
In merito a tali limiti occorre aggiungere che essi sono soggetti ad interpretazione e vengono diversamente valutati nei Paesi con sistema PEGI. Se in paesi come l’Austria o la Gran Bretagna vendere un gioco “18+” è illegale e sanzionabile, in Italia con soli 30 euro circa anche un bimbo di soli nove anni può liberamente acquistare il suo passatempo preferito.
4.2. Limiti
I limiti indicati nella tabella seguente si possono leggere tra i disegni della scatola del gioco. Peraltro, si osserva che già i soli disegni sarebbero sufficientemente indicativi dei contenuti dei giochi.
3+
PRIMA INFANZIA
7+
TUTTI- EVERYONE
13+
ADOLESCENTI- TEEN
16+
PUBBLICO MATURO- MATURE
18+
SOLO PER ADULTI- ADULTS ONLY
Dopo essersi accertati che l’età corrisponda a quella del destinatario del nostro regalo diamo anche uno sguardo alle icone.
4.3. Uno sguardo alle icone
PUGNO
Il gioco contiene rappresentazioni di violenza
RAGNO
Il gioco può spaventare e terrorizzare i bambini
@
Linguaggio volgare
SIRINGA
Uso di droga presente nel gioco
SIMBOLO DEL SESSO
Presenza di sesso nel gioco
TRE FIGURE UMANE
quella centrale oscurata, indicano discriminazione. Giochi con tali simboli potrebbero incoraggiare la discriminazione.
5. CONCLUSIONI
Se è vero che il salto generazionale di questa gioventù informatizzata è notevole, è altrettanto auspicabile per i genitori essere informati, al fine di poter valutare e decidere in maniera responsabile.
Doris Colombo
Dottoressa in ricerca psicosociale
Doris Colombo
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