Home Anno 13° N° 50 Pag. 9° Dicembre 2004 Cristina Allegretti


Cristina Allegretti
 RECENSIONI 

"FERRO TRE - LA CASA VUOTA"

Quando i films superano i sogni

Il regista è il coreano Kim Ki-Duk, nato nel 1960 a Bongwha, in Corea del Sud. Nel 1995 ha vinto il premio della Korea Film Commission per la migliore sceneggiatura con "Jaywalking".
Ha debuttato come regista nel 1995 con "The Crocodile". Nel 1997 è stato sceneggiatore scenografico e regista di "Wild Animals" e nel 1998 di "Birdcage Inn". Le sue opere sono state selezionate per oltre dieci festival cinematografici di tutto il mondo tra cui Berlino, Montreal e Venezia.
Poche volte capita di vedere un film capace di colpire nel profondo e lasciarti alla fine immensamente felice.
Felice di vedere tante belle ispirate idee concretizzarsi, felice che finalmente qualcosa di sostanzioso riesca a passare in un film, riesca a scavalcare produttori, budget e riesca a concretizzarsi finalmente (chissà quanti neo registi l'hanno pensata prima e finalmente qualcuno riesce a portarla a termine).
Il film racconta una storia "diversa", un giovane centauro va in giro per la città in cerca di case "vuote" per abitarle per un po'.
Racconto poetico d'amore e solitudine. Un film dove il confine tra realtà e sogno è molto labile e come ci dice un cartello finale: ognuno potrà scegliere la sua visione.
Tae-suk, una particolare passione per il golf, gira su una bellissima moto Bmw, attaccando cartelli pubblicitari sulla porta delle case che incontra.
La sera torna ad ispezionarle e si impossessa, per la notte, dell'appartamento dove il cartello non sia stato rimosso.
Un volto pulito e timido chiarisce subito i suoi intenti: una doccia, una buona cena, poi Tae-Suk lava e stira, addirittura ripara sveglie, stereo e bilance rotte, infine, prima di uscire, scatta a se stesso una foto ricordo.
L'enigmatico titolo Ferro 3 allude a un tipo di mazza da golf che egli troverà nel corso di una delle sue perlustrazioni: una sera, in una splendida villa, Tae-Suk si imbatte nella ricca e silenziosa Sun-hwa, maltrattata dal marito.
E' proprio in questa casa, proprietà del manesco riccastro, che il ragazzo trova delle mazze, "Ferro 3", con le quali comincia ad esercitarsi, raggiungendo quasi subito una perizia che gli consente di sparare palline da golf come fossero proiettili.
I due, Tae-Suk e Sun-hwa, senza mai rivolgersi la parola, sono attratti l'un l'altra come calamite.
Nel silenzio denso fatto di sguardi, gesti, allusioni, un silenzio che cresce fino alla più alta complicità, la storia d'amore fra Tae-Suk e Sun-hwa prende forma. I due ragazzi sceglieranno di vivere ai margini, , spostandosi di casa in casa, finchè la scoperta di un cadavere complicherà loro la vita.
Ma chi è veramene Sun-hwa ? E chi è Tae-Suk? Un sogno? Un fantasma? Un ladro gentiluomo che la porta al vero amore?
Sospeso tra una dimensione fantastica e un'atmosfera da fiaba reale, il film scorre senza mai annoiare, nonostante i silenzi.
Lo humor di fondo finisce per essere sempre prepotentemente dietro l'angolo anche quando il film raggiunge i toni più drammatici
.(www.film.it).
L'idea, al regista, è venuta proprio tornando una sera a casa sua e soffermandosi a pensare - vedendo le porte delle case vuote dei suoi vicini - agli spazi abbandonati lasciati a se stessi per pochi giorni, a volte per settimane, altre volte per mesi.
Il film suggerisce il tema della trasformazione: così il tema del ladro gentiluomo si trasforma nel tema dell'angelo custode, dolce intruso in case abbandonate dagli invisibili abitatori.
Attraverso l'amore per una giovane inquilina che abita la casa mentre egli se ne impossessa per pochi giorni, il protagonista si trasforma in un invisibile amante. Entrambi si trasformano in custodi dell'amore e inspiegabili protettori del mistero della "Pura Presenza dell'Altro" che nel film è protagonista assoluta.
Poche parole, pochi dialoghi ci trasmettono e ci invadono profondamente di una gioia inattesa, la gioia di una vita divina, imprevedibile magica e assolutamente reale.
Il regista ci aveva sorpreso e incantato con i colori, i ritmi e la sacralità di: "Primavera, estate, autunno, inverno e ancora primavera", e continua a sorprenderci e ad incantarci con quest'ultimo film. In entrambi i film i protagonisti sono l'accettazione dell'Altro in quanto Vita.
Il regista in questo ultimo film ci permette di soffermarci sul tema dello spazio vuoto e sul senso pieno della Presenza.
Il vuoto delle case viene colmato dal pensiero pieno di amore che l'intrusivo angelo ha nei confronti degli "Ospiti assenti", così come nelle ultime scene del film l'apparente scomparsa fisica del protagonista è colmata dall'amore ritrovato di Sun-hwa. La dimensione del film è quella che spesso respiriamo nei libri o nei film orientali, un'atmosfera rarefatta, un'atmosfera originale di dialogo tra sogno e realtà, tra crudeltà e amore, tra fragilità e prepotenza, tra ascosità ed evidenza, tra percezione della realtà attraverso i cinque sensi e percezione a 360 gradi del reale.
In questo film, infatti, lo spettatore si trova a fruire nella stessa scena di tutte le diversità nello stesso momento.
Come suggerisce Crespi nella sua recensione "se ci sono precedenti allo stile di Kim Ki-Duk, risalgono ai tempi di Buster Keaton e di Jacques Tati, artisti con un approccio Zen alla comicità.
Kim è un grande eclettico: ha 44 anni, e dal 1996 ad oggi ha girato ben dieci film tutti diversissimi l'uno dall'altro.
Ferro 3 è una riflessione sulla solitudine che inizia come una comica surreale, prosegue come un dramma kafkiano e finisce come una love-story: tre film in uno, nell'arco di 90 minuti, per la più singolare esperienza visiva e psicologica che si possa fare al cinema".
Insomma un film da non perdere, assolutamente originale, capace di rapire senza evocare la benchè minima nostalgia per le troppe parole. Un film da vedere se non altro per premiare la poeticità e la creatività dell'autore che, ancora una volta, punta sulla poeticità e creatività del suo pubblico.


Cristina Allegretti


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