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TEORIA
SILVIA MONTEFOSCHI: L'AVVENTO DEL REGNO SPECIFICAMENTE UMANO.
Visione sistematica degli stati della coscienza umana nell'attuale momento storico traversato dall'ultima mutazione.
Per gentile concessione dell'Autrice pubblichiamo di seguito il primo capitolo del suo ultimo lavoro L'avvento del regno specificamente umano. Visione sistematica degli stati di coscienza umana nell'attuale momento storico traversato dall'ultima mutazione. Questo piccolo libro, che spiega i modellini geometrici con cui l'A. tenta di sintetizzare i principali passaggi evolutivi della coscienza, è un prezioso strumento di lavoro per quegli psicoanalisti che si riconoscano nella visione evolutiva dell'Essere.
Ricordiamo inoltre che di S. Montefoschi è appena uscito anche Il senso della psicoanalisi, Volume Primo della sua opera omnia, la cui pubblicazione è curata dalla casa editrice Zephyro.
********Osservando la figura, vediamo anzitutto un triangolo.
Dei tre lati, quello inferiore è segnato da un tratteggio discontinuo, mentre gli altri due, segnati da un tratto continuo, convergono nel vertice superiore, ove vediamo un cerchio.
Al di sotto di questo cerchio, in linea retta, vediamo un altro cerchio in rapporto con quello sovrastante mediante due linee a direzione opposta come indicano le frecce, e che viene a trovarsi al vertice di un altro triangolo contenuto nel primo.
Questo triangolo contenuto nel primo è formato da frecce che vanno sia dal cerchio alla base del triangolo che lo contiene, sia dalla base al cerchio.
I due triangoli (uno contenente l'altro) stanno a rappresentare (in maniera semplificata) due coni di visione partenti da due punti di vista (i cerchi), punti di vista si intende del soggetto umano, che si collocano su due piani uno superiore all'altro.
Le iscrizioni poste a sinistra della figura stanno a indicare le funzioni che i singoli ideogrammi componenti l'intera figura vogliono rappresentare.
Le iscrizioni poste a destra stanno a indicare le manifestazioni relative alle funzioni ad esse corrispondenti.
Consideriamo anzitutto le iscrizioni sulla sinistra della figura.
La base di entrambi i triangoli corrisponde al piano dell'oggettualità, che è quello del darsi frammentario dell'esserci dell'essere nella esperienza immediata, e pertanto discontinua, che di esso fa il soggetto umano, sia come vicenda a lui esterna sia come vicenda a lui interna.
E' infatti il nostro aderire immediatamente agli eventi, sia esterni sia interni, che si danno in realtà nel continuo della nostra esistenza, a farceli percepire separati spazialmente nel loro succedersi temporale.
Il colore rosso che viene usato vuole esprimere appunto il darsi immediato dell'essere non ancora mediato dalla riflessione del pensiero, cui si fa corrispondere invece il colore azzurro.
Il cerchio all'interno del triangolo più grande è l'ideogramma rappresentante l'io, come detto nell'iscrizione a sinistra della figura, e quindi il punto di vista da cui parte il cono di visione che abbraccia l'ambito dell'oggettualità di cui il soggetto umano fa esperienza, coerentemente al punto di vista dell'io.
Questo punto di vista, che varia da soggetto umano a soggetto umano, scaturisce dai contenuti di conoscenza in cui ciascuno dei soggetti umani ripone la propria identità.
Contenuti di conoscenza che a loro volta derivano dall'esercizio della funzione riflessiva che media le esperienze immediate trasformandole in conoscenze, sia che si tratti di esperienze interiori (quali manifestazioni nella coscienza del cosiddetto inconscio, che è poi l'insieme delle informazioni contenute nel codice genetico), sia che si tratti di esperienze che il soggetto umano fa del mondo esterno.
Questo esercizio della funzione riflessiva, che trasforma le esperienze immediate in conoscenze, è rappresentato dalle frecce a direzione opposta che collegano l'ideogramma dell'io con quello dell'oggettualità; frecce che stanno a indicare lo svolgimento della dinamica conoscitiva dell'io, che consiste in un primo movimento, che possiamo dire entropico, di adesione dell'io alla vicenda (freccia che va dall'ideogramma dell'io a quello dell'oggettualità), e in un secondo movimento, che possiamo dire negaentropico, che è quello della presa di distanza dell'io dalla vicenda che consente il vederla (freccia che va dall'ideogramma del'oggettualità a quello dell'io).
E' proprio l'instaurarsi della funzione riflessiva, che dà nascita all'uomo, che consente al vivente, proprio in quanto capace di esercitare la riflessione su di sé, di farsi consapevole dell'automatismo percettivo e comportamentale che, fino a quel momento, aveva governato la sua esistenza, quale attuazione immediata dell'informazione genetica, e lo mette in grado di liberarsi progressivamente da esso.
E ciò a partire dalla percezione della dimensione spazio-temporale, che già si dà struttura nel codice genetico della specie animale uomo, e della quale il soggetto umano, pur nella libertà di relativizzarla, grazie sempre all'esercizio della funzione riflessiva, ne porta memoria.
Questo esercizio della funzione riflessiva fa infatti sì che, mentre ogni altra forma vivente si orienta spontaneamente nel mondo esterno, senza mai modificare la visione dello stesso e quindi il suo comportamento in esso, l'uomo, e l'uomo solamente, riflettendo sul suo modo immediato di rapportarsi al mondo, elabora le categorie di spazio e tempo sulla base delle quali soltanto egli veramente si orienta, il che vuole dire si riconosce come presenza al cospetto del resto del reale quale esistente come altro da sé, facendo via via di esso conoscenza geograficamente e storicamente.
Quindi, riflettendo ulteriormente sulla stessa dimensione spazio-temporale da lui categorizzata, va oltre la stessa, arrivando a percepire, sul piano del pensiero e indipendentemente dai cinque sensi, dapprima nuove forme all'interno dello spazio tridimensionale, quindi spazi a n dimensioni, e infine l'infinito e l'eternità, quali realtà che si danno al di là dello spazio e del tempo.
Inoltre è sempre l'instaurarsi della funzione riflessiva che rende il vivente un soggetto umano, in quanto dà ad esso la possibilità di riconoscersi in una identità, consistente nei contenuti di conoscenza che il soggetto umano stesso attribuisce a sé come un io distinto da un altro io. Ma l'esercizio della funzione riflessiva richiede, per necessità logica, l'esistenza di un punto di vista superiore a quello dell'io, il punto di vista di una presenza soggettiva che si distingue dall'io pur restando con esso in rapporto.
Questa presenza soggettiva, rappresentata ideograficamente dal cerchio posto al di sopra dell'ideogramma rappresentante l'io, è quella che noi definiamo con il termine soggetto "riflessivo individuale" (abbreviato in SRI), come è detto nell'iscrizione a sinistra della figura.
Il SRI, l'esistenza del quale consente all'io di esercitare la funzione riflessiva, è proprio ciò in cui il soggetto umano si riconosce come presenza a se stesso, ovvero come colui che sa di sapere di sé come di chi pensa e lo distingue dall'animale, cui questa funzione riflessiva manca.
E' infatti a questa presenza che il soggetto umano riferisce le esperienze che egli fa, in rapporto a se stesso e al mondo esterno, ovvero le pulsioni immediate provenienti dall'inconscio e gli eventi che su di lui incidono provenienti dalla sua vita di relazione.
E questa presenza riflessiva seleziona, mediante la funzione mnemonica dell'io, sia le istanze interiori, sia le esperienze del mondo esterno, in maniera coerente al disegno esistenziale del soggetto umano; disegno che è, a sua volta, lo svolgimento di un progetto evolutivo del pensiero che si dà nell'inconscio e che orienta l'esistenza del soggetto in questione nella sua realizzazione individuale, quale attuazione del programma inscritto nel codice genetico del soggetto umano stesso.
E' quindi sempre il SRI che, proprio in quanto atto riflessivo, attua la potenzialità che si dà nel programma inscritto nel codice genetico, e ciò fa nel riflettere, nel loro succedersi temporale, gli eventi interni ed esterni che raggiungono la coscienza del singolo soggetto umano e nel selezionarne i ricordi in modo da ordinarli in una visione logicamente e storicamente coerente, nella quale il soggetto umano stesso ripone la propria identità egoica.
L'identità del soggetto umano infatti è sempre storica; egli, nel dire io, si riconosce nel succedersi degli eventi esistenziali passati secondo un senso che gli fa progettare gli eventi futuri.
E poiché il soggetto umano, sempre grazie alla funzione riflessiva, colloca la propria storia nel contesto relazionale storico in cui egli vive, il SRI, costantemente in rapporto con l'io (come indicano nella figura le due frecce in direzione opposta che collegano i due rispettivi ideogrammi), non solo struttura il sistema conoscitivo dell'io in un ordine storico personale, ma promuove anche l'evolversi storico del mondo umano.
E' dunque proprio il SRI, quale funzione riflessiva dell'io, che con esso è nato dando nascita all'uomo, il protagonista, a tutt'oggi, dell'evoluzione del pensiero uno, da che il pensiero uno si è fatto consapevole di sé, compiendo l'immane salto evolutivo, nella consapevolezza dell'uomo, quale prima forma vivente che ha saputo di sé come pensante.
Il SRI infatti, in quanto atto riflessivo, è stato il chi ha attuato consapevolmente la potenzialità evolutiva del pensiero, dando così all'evoluzione una accelerazione esponenziale conseguente proprio alla consapevolezza, da parte dell'uomo, di poter esercitare volontariamente la riflessione su la potenzialità che si dava nel genoma eterno, ovvero nell'inconscio universale che in lui prendeva coscienza di sé.
Inconscio nel quale non è soltanto inscritta tutta la storia passata dell'evoluzione dell'essere fin dall'inizio del suo esserci, ma è anche presente la dinamica evolutiva cui è necessariamente inerente, come progetto, la continuità della storia stessa.
Ed è questo progetto evolutivo del pensiero uno che il singolo soggetto umano riceve alla sua nascita come il programma del proprio codice genetico di informazioni; programma che in lui si è finora attuato, sempre grazie al SRI, quale progettualità individuale che ha indirizzato la sua esistenza in maniera coerente all'evolversi dell'intero esistente.
La funzione del soggetto riflessivo infatti, nel rendere l'uomo consapevole del suo pensare, non si limita a dare all'uomo stesso la visione dalla dinamica del pensiero, la quale, lasciata a se stessa, tende spontaneamente ad esaurirsi nella coazione a ripetere delle informazioni, coazione che dà a sua volta luogo all'immediatezza comportamentale della forma vivente, come avviene ancora nell'animale; bensì consente, sempre all'uomo che la vede, di contenerla.
Ed è proprio grazie a questo contenimento che l'uomo libera il pensiero, e con esso l'energia, dall'automatismo comportamentale, e li rende a sé disponibili per utilizzarli nell'opera creativa di nuove forme esistenti.
La volontà infatti è una caratteristica specificamente umana, che consiste proprio nella disponibilità d'energia, che viene progressivamente liberata dall'automatismo comportamentale, e nella decisionalità, ovvero nella possibilità che l'uomo ha di decidere, anche facendo violenza alla cosiddetta istintualità, di investire il pensiero, e quindi l'energia, nella realizzazione di finalità che trascendono l'immediato appagamento del bisogno.
E ciò che lo incalza in questo faticoso lavoro è proprio l'amore per la finalità, che è quella di portare sempre più avanti l'evoluzione del pensiero, e quindi della vita, in forme sempre più coscienti della di lei dimensione universale.
Ed è proprio l'esercizio della volontà che ha dato al processo evolutivo, da che l'uomo è nato, una accelerazione esponenziale, perché più energia si contiene dal suo esaurirsi nell'appagamento del desiderio personale, più aumenta l'energia disponibile, e quindi la forza di volontà utilizzabile, per opporsi alla forza contraria: quella della coazione a ripetere le conoscenze che il pensiero ha già fatte e nelle quali il pensiero stesso resta catturato.
Allo stesso modo aumenta progressivamente l'energia libera, facendo sempre più accelerare il movimento evolutivo dell'essere, che è poi l'irreversibile passaggio dall'entropia positiva all'entropia negativa dell'intero sistema cosmico.
Ed è proprio questa accelerazione del movimento verso l'ordine totale del sistema, e quindi verso la visione sintetica finale di tutto ciò che è, che ha portato l'uomo alle soglie dell'ultima mutazione.
Passiamo ora a considerare le iscrizioni a destra della figura, riferentesi alle manifestazioni, nel comportamento umano, delle funzioni già descritte.
Partendo dal basso troviamo, collocata su un piano immaginario al di sotto dell'io, la psicosi, nelle tre sindromi, quella caratteriale, quella ebefrenica e quella maniaco-depressiva.
Nel soggetto umano cosiddetto caratteriale, si fa evidente la totale assenza del SRI, quale funzione riflessiva dell'io, nella mancanza della consapevolezza della essenza sociale della propria esistenza personale Condizione questa che dà luogo ad un comportamento impulsivo appagante il bisogno del momento, per lo più aggressivo e violento, o comunque antisociale.
Il SRI infatti è il luogo dove il soggetto pensante si è portato, nel salto evolutivo dall'animale all'uomo, abbandonando il livello dell'autocoscienza, che non riflette ancora su di sé, e che è viceversa il luogo dove il pensiero, nell'animale appunto, orienta il comportamento di quest'ultimo coerentemente alla sopravvivenza della sua specie nella modalità cosiddetta istintiva, il che vuol dire non riflessiva.
Sicché nel soggetto umano il cosiddetto istinto di sopravvivenza della specie viene sostituito dalla consapevolezza, propria del SRI, della partecipazione imprescindibile del singolo individuo all'intera società degli uomini.
Pertanto la assoluta assenza della funzione riflessiva, propria del caratteriale, fa sì che questi manchi sia dell'istinto sociale animale, sia della consapevolezza della propria essenza sociale in quanto soggetto umano, e si lasci andare, in maniera assolutamente acritica, ad un comportamento deliquenziale non motivato da altro che dal bisogno impulsivo di scaricare quel plus d'energia proprio dell'uomo e che l'uomo investe appunto nell'organizzare l'ordine sociale, nel quale solamente egli riconosce la propria identità di uomo.
Il soggetto umano cosiddetto ebefrenico sembra possedere scarsamente la presenza del SRI, come se l'esercizio della funzione riflessiva in lui facesse difetto.
Pertanto il comportamento di tale soggetto appare orientato dalla messa in atto immediata e acritica delle più elementari informazioni genetiche e dalla ripetizione, sempre acritica, delle informazioni che egli riceve dal contesto sociale in cui vive, adeguandosi pedissequamente, sia sul piano concettuale che verbale, alle norme di vita da lui apprese, senza essere neppure in grado di assimilarle per farne una sua visione del mondo.
Una variante dell'ebefrenia, o una sua componente aggiunta, è l'handicap mentale, ovvero la difficoltà nell'apprendimento di nozioni che vengono fornite al soggetto in questione quali conoscenze comuni all'intera umanità, o relative al patrimonio conoscitivo che fa la cultura del dato momento storico in cui il soggetto vive.
Fenomeno questo dovuto sempre al non esercizio della funzione riflessiva; e ciò perché si apprende solamente quanto il pensiero, nella sua introspezione, che è appunto la riflessione, riconosce come già presente nel soggetto pensante, nel quale l'informazione esterna agisce stimolando la consapevolizzazione, o meglio il riconoscimento, di ciò che già si conosce.
Nella sindrome manicao-depressiva, il soggetto umano da essa affetto presenta non una mancanza funzionale del SRI, bensì una sua selettività funzionale, in quanto tale individuo, mentre è in grado di esercitare la funzione riflessiva entro i limiti della norma per quel che riguarda il suo rapporto con il mondo, la perde totalmente nel confronti della ciclicità emotiva, inerente alla condizione umana, nella quale, inevitabilmente, si alternano gioia e dolore.
Ne consegue che tale soggetto umano è portato ad aderire, con immediatezza acritica, ora all'uno ora all'altro dei due stati emotivi che vengono di volta in volta da lui assolutizzati come la sua unica realtà.
Avviene come se il soggetto in questione nella gioia dimentichi che esiste anche il dolore, sicché il suo io si inflaziona in una sorta di onnipotenza assoluta (fase maniacale), e nel dolore dimentichi che esiste anche la gioia, sicché il suo io si chiude in una sorta di impotenza assoluta (fase depressiva).
Procedendo verso l'alto troviamo, sul piano corrispondente all'io, la nevrosi con le sue sindromi: isterica, ossessiva e fobica.
Il soggetto umano cosiddetto nevrotico è quindi colui che possiede il SRI con il quale l'io è in relazione, ma lo nega, identificandosi con un io privato della funzione riflessiva, e ciò egli fa per il rifiuto a confrontarsi con la contraddizione, e a sostenerne il faticoso conflitto tra la tendenza al darsi immediato dell'emozione e la necessità del suo contenimento mediante la riflessione, cosa questa che impedisce, nel soggetto umano in questione, lo svolgersi della dinamica dialettica e quindi il procedere conoscitivo proprio della vita umana in quanto umana.
Nella sindrome isterica il soggetto umano, di fronte a qualsiasi vissuto fortemente emotivo, si sottrae alla presenza del SRI e lascia che il suo io agisca, compulsivamente, nella più assoluta irriflessività, costretto dal vissuto emotivo che si manifesta in maniera autonoma e incontenibile.
Nella sindrome ossessiva viceversa il soggetto umano si sottrae ugualmente alla presenza del SRI per identificarsi nell'io, ma sostituendo la sua funzione riflessiva con un rigido adeguamento a un codice comportamentale che gli vieta di sperimentare qualsiasi vissuto emotivo.
Anche nella sindrome fobica il soggetto umano in questione si sottrae alla presenza del SRI e sostituisce la funzione riflessiva con un irrigidimento difensivo dell'io nei confronti, questa volta, di istanze interiori prospettanti un nuovo, allontanate dalla coscienza (ovvero rimosse) perché temute come destruenti la stabilità dell'io, aderente all'ordine dato come l'unica realtà esistente.
Istante che tornano però ripetutamente a minacciare questa stabilità statica dell'io per essere integrate nella coscienza del soggetto umano in questione, e aprire quest'ultimo alla visione di una forza trasformativa, di se stesso e del mondo umano, in cui l'io possa ritrovare la sua integrità; cosa questa però impossibile, stante la carenza della funzione riflessiva.
Sempre spostando l'osservazione verso l'alto troviamo, sul piano del SRI, la condizione umana in cui si riconosce la cosiddetta normalità.
Consideriamo anzitutto che la normalità, corrispondendo alla massima frequenza degli esemplari e al valor medio, ovverosia alla norma, della curva di Gauss, è una condizione per così dire ipotetica, in quanto in essa si danno le deviazioni sia dei varianti che vanno verso valori inferiori alla norma, sia dei varianti che vanno verso valori superiori alla norma.
Fatta questa considerazione, senza tenerne più conto, possiamo dire che la condizione di normalità è quella di coloro che percepiscono la stabilità nel SRI, con il quale l'io è in costante rapporto nell'esercitare la funzione riflessiva nei confronti delle informazioni genetiche già codificate nell'io e che hanno assunto il valore di conoscenze collettive strutturanti l'ordine della vita umana in senso storico, e ciò sia per quel che riguarda la vita individuale, sia per quel che riguarda la vita sociale.
L'uomo normale quindi è colui che porta in sé la consapevolezza di adeguare il proprio comportamento alla progettualità della propria esistenza individuale, a sua volta compresa nella progettualità sociale che si dà nel momento storico in cui egli vive, e di operare pertanto, proprio nel realizzare il proprio sé, al progresso dell'intera umanità.
E ciò sempre grazie all'esercizio della funzione riflessiva, che trasforma in nuove conoscenze le sempre nuove esperienze che egli fa dell'esserci dell'essere, e ne seleziona i ricordi coerentemente alla progettualità che in lui si dà, quale progetto evolutivo dell'essere stesso, che però egli pone fuori di sé come una realtà altra da lui che la esperisce.
Questa capacità di esercitare la funzione riflessiva nei confronti di nuove esperienze, e di elaborare così nuove conoscenze che trasformano via via la visione del mondo umano, si dà però in coloro che, pur restando per altro nella normalità, deviano dalla norma proprio per quanto riguarda l'esercizio della funzione riflessiva, che si porta su livelli più elevati rispetto a quello del SRI, ampliando così la visione del soggetto in questione.
Costoro, che sono appunto i plus-varianti rispetto alla norma, sono proprio coloro che, lungo tutta la storia dell'umanità, ne hanno promosso l'evoluzione del pensiero, vedendo essi la realtà da un punto di vista più elevato del SRI, o possiamo dire collocandosi su un piano di riflessione ad esso superiore; piano di riflessione che viene pertanto da noi riconosciuto come quello del soggetto "riflessivo super-individuale primo" (abbreviato in SRSI I).
Stante però che prima della mutazione il pensiero si dà ancora nella logica della separazione tra soggetto e oggetto, il soggetto umano in questione realizza sì una visione più ampia, ovvero universale, del reale in cui la sua vita individuale viene a collocarsi, ma egli continua a considerare questa come una visione soltanto soggettiva, di cui il suo io necessariamente, si appropria.
Silvia Montefoschi
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