Home Anno 13° N° 49 Pag. 4° Settembre 2004 Cristina Allegretti


Cristina Allegretti
 PROFILI 

ADOLFO ASNAGHI

"...Anche minima, ma perchè la vita possa sopravvivere, bisogna che ci sia la ricerca.."

Cuore semplice, gioioso, Don Asnaghi, riesce a comunicare agli altri la via per poter attuare tutti un modo di vivere che sia semplicemente autentico per ciascuno, e lo fa ricollegando l'umanità alla sua storia, ai suoi peccati, e alla sua infinita ricchezza.
Egli non sa perché sia diventato sacerdote, pensa che siccome egli crede in Dio, Dio gli abbia fatto dono di diventare sacerdote.
In un'intervista curata da Werner Weik della serie "Il filo d'oro", Don Asnaghi tenta di costruire la sua storia di "sacerdote", ricordandosi come a tre anni portato in spalle da suo nonno, col quale passava le sue giornate, incontrò nella chiesa del suo quartiere un prete che dal pulpito della chiesa gridava a più non posso la sua predica; quest'uomo vecchio dai capelli bianchi, vestito di bianco lo impressionò a tal punto che la mattina seguente, mise le sedie in cerchio, se stesso in piedi su uno sgabello gesticolava cercando di imitare il prete visto il pomeriggio prima.
Tra i suoi ricordi c'è quello del suo primo e ultimo innamoramento, a dieci anni, per Liliana, una bambina della sua età: egli visse per sei mesi il patimento e la sofferenza di amare un'altra persona, poi Dio l'aiutò e un bel mattino Adolfo non pensò più a Liliana. Evidentemente quella non era la strada per lui.
Don Asnaghi nella sua vita ha fatto tante esperienze, ha sempre sentito il desiderio di sintetizzare tutte le esperienze: anche le più strane, le più distaccate, almeno superficialmente, da una sensibilità religiosa.
Per Don Asnaghi il sacerdozio è questo: sintetizzare le molteplici esperienze umane.
Egli vive modestamente nel Collegio di Cantù e insegna da una vita la filosofia.
E' un grande esperto della cultura tedesca, in particolare di Goethe e Nietzsche:
"la conoscenza per Don Asnaghi non è solamente un fatto culturale, ma un'esperienza vitale che traspare dalla semplicità della sua vita quotidiana. Don Asnaghi coltiva tutto il calore del rapporto umano, anche il suo sacerdozio è vissuto con una schiettezza che coinvolge tutta la sua traboccante umanità".
Don Asnaghi ha trovato il suo filo d'oro nel pensiero russo: l'anima russa l'ha affascinato fin da quando era adolescente e così è diventato uno dei massimi esperti del pensiero russo, ha scritto molti libri fondamentali per la comprensione di questo immenso mondo che fa da ponte tra l'Asia e l'Europa.
E' stato uno dei fondatori dell'Associazione Russia cristiana, che ha fatto conoscere molti tesori nascosti della cultura russa cristiana.
Al centro della passione di Don Asnaghi c'è Soloviev: filosofo, poeta e visionario russo, il quale nacque a Mosca il 28 gennaio del 1853.
Don Asnaghi è grato di tutto a Soleviev, di lui dice:
"E' stato precoce nell'atto del nascere, si è manifestato prestissimo come dotato di sensibilità non comune, d'intelligenza aperta e intuitiva, ma anche razionale(…). Soloviev inseguiva una specie di chimera luminosa, una creatura primitiva e primaria, di natura trascendentale, angelica, che gli sembrava addirittura di riuscire a contemplare(...). Ne deriva un'etica individuale e sociale che avrebbe creato gli uomini nuovi e le realtà ultime. E con molta poesia sognava, nel settore del sapere, una libera e gioiosa teosofia; in quello del volere, una libera teocrazia, e in quello dell'operare, una libera teurgia quale frutto della collaborazione tra artigianato lavorativo, illuminazione artistica e slancio ispirativo mistico…". Questo visionario vede come la storia stia andando verso questa esplosione sofianica; a un suo amico francese, scrive che ormai siamo alla fine del dramma storico umano, siamo all'ultima scena la quale può durare dei secoli ma è l'ultima scena, dopo di che avremo la grande rinascita del mondo.
Per Don Asnaghi: "La Sofia è la poesia, e la poesia è il linguaggio più vicino alla realtà vera". Nel corso della sua vita, il nostro Autore ha cercato di sviscerare la figura dell'Anticristo, seguendo anche la descrizione che Soleviev ne fa nel suo ultimo libro: "Il racconto dell'Anticristo"; per Don Asnaghi l'Anticristo è una figura propria del Cristianesimo. Il Cristianesimo tende all'unità ma in realtà la storia dell'umanità non è mai stata unificata, ha sempre avuto un dualismo in sé: lo scontro, e l'incontro, e noi viviamo in attesa di unificare:
per esempio il rapporto uomo donna, il rapporto non sarà unificato se non quando essi saranno uomo e donna senza scontri né divisioni dovute alla diversità sessuale e biologica, saranno uniti ma questa unità dovrà lasciare adito alle caratteristiche che prima erano significate dal sesso.
Tale pensiero riprende, in fondo, le riflessioni marxiane in proposito.
Nella storia ci sarebbe dunque sempre una dualismo e il Cristo, che si è dovuto tuffare nella storia, non poteva restare solo: doveva esserci un AntiCristo che non solo si contrapponesse al Cristo ma facesse il contrario sotto le sembianze del Cristo.
L'Anticristo inganna facilmente perchè appare come il Cristo ma in realtà, usa il linguaggio del Cristo operando il contrario.
Sul piano psicofilosofico l'Anticristo può essere paragonato a una falsa coscienza che si fa bella di parole "socialmente utili" portando in sé però il conflitto e non l'Unità, perpetuando il molteplice, la dispersione, la dualità del processo tragico dell'uomo e mancante dell'aspirazione alla fusione, all'Unione, alla Sofia.
Oggi per Don Asnaghi, l'Anticristo è più presente di prima e porta una "Pace Perenne" perpetuata attraverso guerre veloci, porta un "benessere a tutti gli strati sociali", crea un mondo a immagine e a somiglianza delle illusioni del benessere, ci rassicura e protegge dal rapporto diretto con la vita, ma il fatto che sia più presente che mai oggi è segno che siamo vicini a quel punto di non ritorno di rinascita del mondo previsto da Soleviev.
Per il nostro Autore noi viviamo in una civiltà che, credendo di dominare l'universo, ha perso il suo passato ed è proiettata in un presente che tende a essere sempre un passo avanti a se stesso, e lo fa attraverso le tecniche che oggi sono così evolute, anche se le tecniche, da strumenti, come sottolinea il filosofo Severino, sono diventate fini.
Don Asnaghi, che ha dedicato la vita alla sintesi nell'unità di tutto il reale, non si perde d'animo rispetto alla modernità: la vuole in qualche modo umanizzare tanto è vero che ha in progetto di creare una filosofia del computer per fare in modo che i programmatori non ragionino come macchine ma sfruttino questa potenzialità che il computer è per mostrare al mondo la potenza della Sofia, prima che la si incontri totalmente.
Lo sradicamento ha portato alla fuga della fatica, mentre la vita è una fatica, lo è sempre stata per tutta la storia dell'umanità, è necessario riscoprire le radici, o questa è una generazione destinata alla perdizione.
Don Asnaghi che ogni estate si "ritira" nell'eremo delle Stinche in Toscana, eremo fondato da padre Giovanni Vannucci, frate servita e confratello del nostro Autore, ha dedicato la vita al riconoscimento del comune destino dell'umanità di tutte le culture, anche di quelle più apparentemente lontane e vede proprio nel proliferare di eremi semplici, dove non si pretende di dominare gli altri ma di lasciarli liberi, liberi di calarsi dentro se stessi, attraverso la natura e la realtà esterna, l'aiuto di cui l'umanità ha più bisogno, per poi tornare nel vivo dell'azione.
Perché ormai il fracasso non ci fa perdere, non ci aliena più.
Bibliografia:
A.Asnaghi: Uccello di fuoco. Storia della filosofia russa, Servitium; A.Asnaghi: Preghiere russe, ed. La Locusta; C.A.


Cristina Allegretti


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