Individuazione
Trimestrale di psicologia analitica e filosofia sperimentale a cura dell'Associazione G.E.A.
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Dicembre 2001 Pag. 10° Paolo Cogorno


Paolo Cogorno

 RICERCHE 

MUSICA E TRASFORMAZIONE

Un'ipotesi, ancora in germe, della musica quale veicolo archetipale
di conoscenza e di trasformazione della psiche umana

Sappiamo bene quanto la musica venga utilizzata prevalentemente come sottofondo, come colonna sonora in "background" del nostro quotidiano, questa considerazione rende ragione dell'inconscietà dell'ascolto musicale, e della poca naturalità e consuetudine di un atto di ascolto in qualche modo `consapevole'.
La musica è strettamente legata all'inconscio grazie alla sua `indicibilità' e congiuntamente al fatto che la coscienza non si sofferma molto su ciò che essa può profondamente comunicare.
Un'altra considerazione riguarda l'approccio oggettivante tipico della cultura occidentale: si guarda o meglio si ascolta come una `bella cosa', quasi una "figura femminile oggettivata", altra da sé, spesso quale proprietà (provvista di copyright) dell'artista-compositore che l'ha partorita.
La musica, imprigionata in questo tipo di relazione, non riesce ad essere soggetto di nulla, viene percepita come un qualcosa che è venuto fuori misteriosamente, come caduto per gemmazione dall'albero della creatività umana, un qualcosa di già formato, maturo di cui non si sa nulla rispetto alla sua stessa evoluzione e metamorfosi.
Nel caso si abbia la possibilità di cogliere qualche elemento che possa riferirsi al percorso stesso della creazione, esso viene lasciato a tecnici, `critici' esperti, oppure custodito gelosamente, come uno strumento artigianale per attuare la composizione.
La fruizione musicale è spesso esperienza relazionale incompleta, adialettica, in quanto non abbiamo sufficiente consapevolezza per poter soggettivare l'altro capo della relazione (la musica stessa); questa dinamica viene ulteriormente rafforzata dalla convinzione che la musica sia una protesi, un epifenomeno statico dell'emozione di qualcuno.
Un altro aspetto da mettere fortemente in discussione riguarda `l'effetto memoria' della musica: è noto che spesso riascoltiamo dei brani con lo stesso spirito con cui rivediamo vecchie fotografie, collegate ad esperienze precedenti o ad affetti;accade talvolta che il nostro vissuto non coincida più con l'emozione precedente…. qualcosa è cambiato, o non siamo più gli stessi, oppure la stessa musica , sembra dirci dell'altro. In questo caso potrebbero essere cambiati i due termini della "relazione", infatti la comunicazione musicale nel suo aspetto simbolico non è statica come del resto non lo è la nostra coscienza ed il nostro inconscio, nessun simbolo è statico, prefissato ed avulso da un contesto relazionale.
Credo che questo punto possa aprire realmente ad una concezione `trasformativa' della musica, superando quella congelata sul suo aspetto estetico-passivo.
Abbiamo una serie di esempi e testimonianze in cui la musica è stata protagonista a vari livelli di trasformazioni nella psiche, nel pensiero e nello Spirito Umano.
Molti temi musicali, etnici e non etnici, rimangono nell'inconscio collettivo, essi vengono ripresi adattati, e portati avanti in maniere diverse, ed anche in momenti diversi dell'arco vitale del compositore. Per temi intendo qualunque tipo di pattern acustico, ritmico, melodico, armonico e sonoro che abbia una sua musicalità; come dicevo questi temi non giacciono "inermi" e "congelati" da qualche parte della mente ma spesso arrivano in momenti particolari e "suggestivi", in quanto "suggeriscono" qualcosa, proprio come il sogno.
In diverse biografie di artisti è presente, anche se non in maniera diretta, una certa consapevolezza della suggestione-suggerimento. Non sono comunque a conoscenza di un lavoro più sistematico, che ponga l'attenzione sul rapporto dialettico soggetto"artista" -musica.
In una recente conferenza abbiamo portato l'esempio di due concerti per piano ed orchestra di S. Rachmaninoff. Durante l'incontro abbiamo ascoltato, insieme, un tema melodico, di sole quattro battute posto all'inizio ed alla fine dei due concerti; l'interpretazione e l'orchestrazione di questo brevissimo tema, ha la capacità di indirizzare il contesto in cui si muove tutto il discorso, riesce a "suggerire" atmosfere quasi opposte, tenendo anche conto che furono scritte a dieci anni l'una dall'altra.
Oltre a sapere che in quel periodo Rachmaninoff visse una fase molto travagliata ed evolutiva, non siamo a conoscenza di come realmente andarono le cose da un punto di vista compositivo; potremmo comunque pensare che l'avere nella testa "quel modo" di sentire le stesse identiche note abbia suggerito a Rachmaninoff una direzione, una trasformazione dalla pesantezza alla leggerezza (non mi vengono altre parole) su uno stesso vissuto che viene metaforizzato dal tema in questione.
A questo punto credo che tutto il nostro discorso possa focalizzarsi su queste considerazioni:
- La melodia musicale non è solo un epifenomeno delle emozioni individuali e collettive, quindi può essere riduttivo pensarla come una manifestazione del risultato di una trasformazione individuale, avvenuta per canali indipendenti da quello musicale.
- La suggestione, quale elemento onirico incarnato dalla musica, può condurre e guidare l'individuo ad una trasformazione nella percezione della vita e nella esistenza stessa.
- La percezione del dolore e dell'Amore, sono nella musica a `presa diretta', senza filtri, essi non vanno intesi solamente nel loro lato esperenziale emotivo, ma risultano i veri e propri propulsori trasformativi nell'ambito musicale quanto potenzialmente nella nostra esistenza.
- La percezione del dolore e dell'Amore , attraverso il media musicale trova il suo parallelo con il lavoro analitico, nel quale cresciamo proprio attraverso una consapevolizzazione dialettica di questi due termini.
- Il rapporto dialettico tra pensiero ed elementi musicali è probabilmente la strada migliore per sfruttare le suggestioni "suggerite" dall'ambito sonoro, l'elaborazione dialettica a livello di gruppo può contenere i rischi collegati alla percezione in "presa diretta" di cui abbiamo parlato.
Un nuovo tema di ricerca può svolgersi spostando l'attenzione su chi ascolta musica più che su chi la `scrive'. In effetti se è vero che solo pochi sanno suonare, scrivere musica, hanno talento etc. etc., è altrettanto vero che, a fronte di questi "pochi", la stragrande maggioranza della gente ha una sensibilità musicale, che non necessariamente deve coincidere con la capacità di suonare uno strumento.
Questi "molti" hanno uno strumento potentissimo che è l'ascolto, attraverso il quale essi colgono sfumature e "nuclei", nascosti agli stessi compositori, in questo senso la musica non può essere scollegata da una forma di dialettica; più esiste consapevolezza in questa dialettica, più la relazione musicale è ricca, e potenzialmente trasformativa.
La musica esiste, circola come patrimonio universale, non ha importanza chi la scrive o chi la ha scritta, non ha importanza se arriva come sogno nelle mani di un artista, o per caso da un compact che ci presta un amico. Tutti possono trasformarla ascoltandola, e trasformarsi ascoltandola.


Paolo Cogorno


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