Individuazione
Trimestrale di psicologia analitica e filosofia sperimentale a cura dell'Associazione GEA
Direttore : Dott. Ada Cortese
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Dicembre 1997 Pag. 2° Ada Cortese

Ada Cortese

 EDITORIALE 

TANTO STREPITO PER NULLA?

Le strade si sono già illuminate delle ghirlande natalizie, i negozi di oggettistica e regali fanno bella mostra di sè, e poi le cornamuse, le caldarroste, gli alberelli... insomma il solito attraente rituale annuale che, quando raggiunge i suoi obiettivi più alti, sa evocare in ognuno quel gusto di purezza, quella voglia di amore e bontà relegati nella memoria remota perchè solo all'infanzia è riconosciuto di poter credere in simili cose.
Mi piace l'atmosfera a cui le feste natalizie rimandano, atmosfera di armonia, di famiglia, di ritrovamento attorno ad una percezione forte del proprio sentirsi reciproco - a cui fa da corona, e non ci guasta, un bel panettone o altro tipico dolce natalizio - quando addirittura non si fa occasione - l'atmosfera intendo - per un maggior sentire nella propria presenza e in quella altrui, la Presenza.
Quel sentirsi coralmente, a cui l'atmosfera natalizia rimanda, rappresenta un unico bisogno:
il bisogno di unione, di integrità, dunque di gioia.
Se poi si riesce a percepire la presenza in sè e nell'altro, è stupenda concretezza dell'Uno.
In questo suo simbolismo, il Natale, più delle altre feste, tocca le persone più fragili psicologicamente, le più sole e proprio perchè è archetipo di rinascita e redenzione corale (non ci si salva mai da soli), è anche motivo di esplosioni più o meno psicotiche, o più o meno depressive.
In ogni caso la sofferenza di alcuni o di tanti si fa segnale di un'urgenza generale: l'urgenza di rapporti "veri", "autentici", "radicali", in una parola "umani".
Tanti stanno male nel periodo natalizio, tanti addirittura si ricoverano; accade che in gennaio si faccia più intenso il traffico telefonico presso psichiatri e psicoanalisti...
E gli altri?
Se li si ascolta, i più sembrano semplicemente sopportare la "calamità", anno dopo anno, inchiodati all'incapacità di comunicare e di sentire insieme, come se fossero sotto una maledizione o un incantesimo della strega cattiva, che impedisce loro di godere della loro reciproca esistenza e della loro contemporanea presenza.
Per ritrovarsi e stare bene insieme, occorrerebbe - io credo - l'abitudine e la familiarità al sentire, l'abitudine ad esprimere i propri moti affettivi, l'abitudine ad un minor pudore che spesso è più forte di tutte le possibili dinamiche inconscie e aggressive, l'abitudine a pensare i propri pensieri e a non aver paura di esprimere i più audaci, ossia quelli più lontani dal mondo materialistico.
Per ritrovarsi e fare festa occorrerebbe dar più senso all'uomo interiore che c'è in ognuno di noi, privilegiare il rapporto affettivo e non un suo surrogato quali spesso sono, per esempio, i regali.
Accade invece sovente che vi sia la chiacchiera esteriore che non importa a nessuno - nè a chi parla nè a chi ascolta uno strepitio, un "dover" festeggiare, un "dover" ritrovarsi, e accade che spesso tutto questo funga da copertura ai sentimenti.
Il tramestio festoso, in sè e per sè anche simpatico, diventa un rito esorcistico contro l'anelito di ciascuno a protendersi verso l'altro, quasi fosse cosa vergognosa e diabolica liberarsi di corazze e maschere una volta tanto!
"Una volta tanto!" lo so non è frase sensata perchè non si può essere "ogni tanto" l'uomo interiore se non lo si è tutti i giorni.
Essere uomo interiore non è cosa che noi si decida.
Nasciamo prevalentemente "interiori" o "esteriori", così come possiamo riconoscere nostra la natura "introversa" o quella "estroversa", ma per fortuna non siamo così determinati dalla "natura" (nè dal segno zodiacale!) da non poter sperimentare l'altro lato a noi meno "spontaneo" e ciò non è solo possibile ma necessario per non vivere la nostra vita all'insegna del parassitismo, dell'unilateralità e dunque della rigidità, dell'intolleranza e in definitiva della nevrosi.
Allora nessuno trova alibi, tutti possono pensare e sperimentare l'essenziale perchè l'essenziale ci si avvicina se cominciamo a osservare il mondo a partire da noi, l'essenziale ci si avvicina se rinunciamo alla tirannia del razionalismo, ci si avvicina se cominciamo a interrogarci sulle modalità del nostro amare, l'essenziale, soprattutto, lo si trova sempre "insieme" se insieme riusciamo a zittire l'attività tirannica, dispotica delirante e paranoica dell'ego.
Allora sarà anche possibile il silenzio ed in esso saprà farsi percepire l'essenza, la presenza.

Ada Cortese


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