Individuazione
Trimestrale di psicologia analitica e filosofia sperimentale a cura dell'Associazione GEA
Direttore : Dott. Ada Cortese
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Giugno 1997 Pag. 7° Ada Cortese

Ada Cortese

 ATTIVITA' 

DAL GRUPPO D'INCONTRO "AMORE E PRESENZA" DEL 19 APRILE

Presentazione

Nessuna cornice particolare.
Solo la nostra convinzione di riferimento: l’amore non è solo fatto istintuale o sentimentale.
L’amore cresce ed evolve nelle epoche.
Da poco si può parlar d’amore come concetto/esperienza cosciente di patrimonio collettivo.
Si darà ciò che si darà.
Il metodo: sogni, riflessioni, testimonianze di vita, spazio di ascolto, rilassamento corporeo, esercizi e giochi mirati al fine. Musiche, silenzio contemplativo.
L’idea guida: amore e presenza. Definire l’amore non si può.
Noi abbiamo provato a girarci attorno, a rifletterci in una conferenza che vi invito a rileggere e presente negli atti "Amare è tradire".
Presenza è concetto usufruibile a tanti livelli.
Noi qui la intendiamo come l’inalienabile necessità di restare "soggetto" nella relazione amorosa, ovvero come la più grossa fatica che segue la fase dell’innamoramento se questo si trasforma in rapporto, appunto, d’amore.
Essere soggetto e percepirsi tale è inderogabile condizione che permette di riferire a sè tutte le vicende che si esperiscono nel tempo e nello spazio, è condizione inalienabile per avvertire la propria identità nella sua continuità storica, nel suo cambiamento e nella sua essenza; è il "luogo" in cui l’identità finita dell’io e quella infinita del sè si incontrano, si sposano, si scambiano, si amano.
Se non si fa esperienza di questo amore profondo all’interno di noi stessi tra il nostro io (l’identità finita) e il nostro non-io (il Sè infinito), non sapremo mai riconoscere al nostro amare la dignità che gli spetta.
Se non ci coscientizziamo di questo amore duale che in noi si alimenta per riversarsi in noi affinchè noi lo si riversi nel mondo, noi resteremo con i nostri amanti al di sotto delle nostre facoltà amorose per il semplice fatto che non alimenteremo l’amore di conoscenza e di interiorità.
Spesso per amore si rinuncia al proprio sentire, alle proprie necessità, ai propri gusti, ai propri ritmi oppure per amore si impone tutto questo al partner.
Non è nostra intenzione "forzare" il gruppo al tema; solo segnaliamo un rischio e vorremmo con voi verificare se questo è davvero il pericolo più grosso che si corre quando "ci si lascia andare" in amore, quando "si perde il controllo" oppure se ci sono altre sfaccettature.
Neppure faremo riferimento necessariamente solo all’amore di coppia (etero od omosessuale che sia) perchè l’amore ha tante facce.
L’unica cosa che possiamo anticipare è proprio che cercheremo di fare esperienza insieme attraverso le reciproche testimonianze della presenza o dell’assenza che l’amore ha in noi fin qui permesso.
Presenza a noi stessi, assenza a noi stessi abbagliati totalmente dall’oggetto cosiddetto d’amore.
Il nostro presupposto è che l’amore resti fortemente ferito, deformato, malato nei due che lo vivono se esso non si sposa alla presenza ossia all’amore/necessità di autopercepirsi nella relazione con l’altro così come nella relazione con se stessi.
Senza l’imperativo categorico interiore alla presenza le cose peggiori possono essere spacciate per quelle più sublimi.
Certo v’è una presenza che porta a dimenticarsi di sè per darsi all’esperienza nel modo più disinteressato e nobile possibile ma non è questo l’atteggiamento prevalente se no non avrebbero successo poesie, romanzi, films, canzoni ecc. che evocano l’amore in termini giuridici di proprietà privata "sei mio", "sono tua", o di handicap ("senza di te", "fa di me quello che vuoi" ecc.).
La presenza è qualcosa difficile da definire perchè occorre farne esperienza ma la vicenda d’amore è quella che di più la evoca perchè è in essa che urge e brucia il nostro bisogno fondamentale, quello di liberarci di noi stessi nell’unione con l’essere che ci appare il più amabile di tutto il mondo e che quindi incarna davvero il nostro bisogno di unione e unità con tutto il vivente.
Il nostro amore "fragile" e "disperato" porta in sè il più grande anelito, quello divino e non va dunque ridotto, sottovalutato.
C'è chi lamenta un eccesso di parole sul tema quasi che a nominarlo lo si "contaminasse": dei sentimenti occorrerebbe aver pudore. A noi pare invece che la mistica del silenzio rispetto al mondo della affettività non sia altro che un velo ipocrita all'incapacità di contattare il centro di se stessi.
Certo, per ogni esperienza nominabile v'è il tempo per la parola e il tempo per il silenzio. Sicuramente nessuno di noi può dire in quale tempo si trovi il singolo soggetto.
Eppure, sul piano universale, l'amore chiede di essere condiviso, nella sua fatica e nella gioia.
Non avrebbero tanta risposta le proposte al lavorarci insieme, in gruppo. E il bisogno è presente in ogni età, in ogni ceto sociale.
Il gruppo d'incontro su "amore e presenza" è stato certo faticoso ma era evidente il bisogno e l'anelito dei partecipanti a maggiore consapevolezza.
La paura di esporsi e di amare è emersa in tutta la sua crudezza.
Se ne sono andati tutti sentendosi un po' "stitici" e "affamati" con una buona dose di salutare malessere.


Ada Cortese


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