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Trimestrale di psicologia analitica e filosofia sperimentale a cura dell'Associazione GEA
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Settembre 1992 Pag. 6° Mario Quaglia

Mario Quaglia

 REMAINDER 

BOTANICA PARALLELA

Leo Lionni è l'autore, l'inventore, l'illustratore di questa nuova scienza immaginaria di cui racconta le teorie più rappresentative.

Le artisie.
Le piante parallele che hanno sollevato più perplessità tra coloro che hanno seguito gli sviluppi della "botanica parallela" sono senza dubbio le Artisie. E ciò è comprensibile quando si pensi che delle due flore, quella comune e quella parallela, le artisie occupano un posto del tutto speciale, quanto mai ambiguo per l’aspetto abotanico, qualche volta addirittura anorganico, di probabile origine umana, che è il loro carattere dominante.
Quando Chambanceau vide per la prima volta una artisia, esclamò estasiato: "Oh, enfin une fleur humaine!".
Il noto botanico dilettante Theo van Schamen osservò: "Non è ancora chiaro se la pianta nella sua dicotomia artificio/natura, esprima l’influenza della natura sull’arte oppure quella dell’arte sulla natura".
Sappiamo, beninteso, che la verità non è nè l’una nè l’altra e che, a parte il suo parallelismo, l’artisia è tutta natura. Ma come spiegare il mistero delle sue forme, così ovviamente "artistiche" che in alcuni esemplari sembrano addirittura artefatte, copiate dai ghirigori decorativi del 700? Vi è chi ha descritto il fenomeno come "la natura imita l’arte". A dire il vero le artisie da noi osservate se non fosse stato per le radici ben visibili, non ci sarebbero sembrate piante ma piuttosto frammenti logori di candelabri o di cornici settecentesche, racimolati, forse, al marchè aux puces.
Esse rappresentano senza dubbio un fenomeno sconcertante che, nella nostra ignoranza, abbiamo attribuito ad un "folle impulso della natura ad imitare l’arte".
Gismonde Pascain, nel suo studio sulle artisie, è giunta a conclusioni ben diverse anche se esse partono da interrogativi più filosofici che biologici e che riflettono i rapporti che ella ebbe con Gaston Bachelard e Roland Barthes prima di intrapprendere gli studi di biologia. La Pascain anzitutto osserva che l’uomo nella sua totalità non è solo "nella" natura ma "della" natura. E nella totalità, per la Pascain, va incluso quell’importante elemento che è lo Spirito.
"Tutto quello che caratterizza l’uomo, " dice "inclusa la sua spiritualità, è il risultato evolutivo di un ciclo di mutazioni casuali; ma, teoricamente, nel complicato ciclo combinatorio queste mutazioni dovrebbero essere ripetibili, così come è teoricamente ripetibile una cinquina al lotto, in qualsiasi momento".
Nel suo libro "Many Adams" il geniale scienziato statunitense Baldheim si rifà alle teorie della Pascain (che egli chiama "evoluzione parziale") , sostenendo che l’uomo sia il risultato presente e transitorio di una serie di mutazioni che in altre sequenze, combinazioni e tempi diversi avrebbero potuto generare altri autonomi organismi e fenomeni di vita.
La teoria si ricollega in un certo senso a quella evoluzionistica post-darwiniana che, stranamente, ha origini antichissime. Fu Empedocle, infatti, ad enunciarne i rudimentali principi, illustrandoli con immagini assai curiose ma che vagamente corrispondono alla fisionomia di molti organismi inferiori.
"Prima" disse "ci furono i capelli, gli occhi, le braccia, le dita, poi le varie parti si congiunsero, ma da prima grossolanamente. Alcune creature avevano occhi nelle braccia, la testa attaccata alle gambe e le orecchie sulle mani: tali abnormi creature ovviamente non poterono sopravvivere; ci sono volute infinite combinazioni prima che si sviluppassero organismi capaci di sopravvivenza".
E’ dalla pedana delle teorie di Baldheim che la Pascain spiccò il suo geniale salto d’immaginazione.
Perchè escludere, si domanda la biologa parigina, che anche la spiritualità possa essersi formata tutta o in parte, in altre circostanze indipendentemente dall’involucro umano nel quale è abitualmente contenuta? Forse il canto dei grilli e degli uccelli osserva, non sono che rami laterali del grande tronco evoluzionistico che culmina nella musica dell’uomo. E non è da escludere che la danza rituale degli amenot-teri e di molti uccelli di palude, invece di essere un momento chiuso tipico della specie che la pratica (e quindi non ulteriormente sviluppabile) sia una fase transitoria dell’evoluzione generale della danza.
Viste in questa luce le analogie tra le forme naturali e quelle che nascono dagli impulsi creativi dell’uomo assumono oggi nuovi significati. Il rapporto arte/natura "va considerato nell’ambito del principio che l’arte, come manifestazione della spiritualità dell’uomo, non ha con la natura un rapporto oggettivo esterno, ma ne è parte integrante come lo è il suo corpo".
Da qui a una spiegazione del fenomeno delle artisie, che fino a ieri poteva sembrare una sconcertante coincidenza, il passo è breve.
Le artisie, afferma la Pascain, fanno parte per la loro configurazione, del generale processo evolutivo della forma. Ne rappresentano, per così dire, un momento laterale, ma che è legato allo sviluppo artistico da una comune matrice.

(La botanica parallela Leo Lionni - Adelphi 1976)

Mario Quaglia


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