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N° 2 Ada Cortese

Ada Cortese

 CONFERENZA 

IL SOGNO

La parte oscura della nostra vita.

F. Nietzche: "Voi che accettate la responsabilità di tutto tranne che dei vostri sogni. Niente vi appartiene più dei vostri sogni".

Lo scopo di questa conversazione è quello di fornire un quadro d’insieme sulle problematiche relative al complesso mondo onirico e alle difficoltà di interpretazione che esso presenta. Pertanto alcuni argomenti verranno solo accennati o sfiorati. Per coloro che vorranno approfondire gli argomenti sia sul versante teorico che sperimentale è previsto come sapete un secondo appuntamento.

L’umanità ha sempre ha manifestato un grosso interesse per i sogni. Nessuno sa dire come si producano i sogni. Da sempre però l’umanità ha continuato ad impegnarsi a decodificarne i messaggi. Noi siamo in ambiente psicanalitico e mi piace cominciare ricordando un sogno di una collega:

>Analisti e analizzandi, soci e simpatizzanti si era a GEA intorno a un tavolo a mangiare e il cibo era il nostro reciproco raccontarci i sogni.<

Fu Aristotele forse il primo a fare del sogno un problema psicologico. Egli trovò che essi non sono di origine divina ma naturale (e il dio era il "demone" interiore) . Egli sa anche che v’è collegamento tra sogno e amplificazione dello stato corporeo mentre si dorme sicchè deduce che dal sogno si possono riscontrare i primi sintomi, innavvertiti durante il giorno, di un incipiente mutamento corporeo.
Lo stesso Ippocrate, fondatore della medicina occidentale del IV secolo, si soffermò ad analizzare il rapporto tra sogno e malattie.
Ma fu Artemidoro da Daldi (paese della Lidia) , nel secondo sec. dopo Cristo, il primo ad elaborare una teoria complessa e sistematica dei sogni che si conservò per parecchi secoli. Io ricorderò, della sua teoria, solo la classificazione in base al tempo: Artemidoro nella sua opera "Il libro dei sogni" distingue quelli che riguardano il presente dai sogni che riguardano il futuro. Nella prima categoria rientrerebbero i sogni che tendono alla soddisfazione fantasmatica di un desiderio corporeo (fame) o di altro tipo, oppure l’amplificazione dello stato di mancanza. Nella seconda rientrano la profezia (oracolo) , la predizione di un avvenimento imminente, il sogno simbolico richiedente un’interpretazione vera e propria. Freud ha riassunto la letteratura sul sogno nel suo libro "L’interpretazione dei sogni".
Dopo questa minima parentesi storica torniamo al presente.
Come si pone l’uomo occidentale nei confronti del mondo onirico? Egli mostra fondamentalmente due atteggiamenti: o lo considera come una sorta di tossina psichica di nessuna rilevanza per la vita pratica e spirituale del sognatore, oppure ne riconosce la valenza positiva perchè porta informazione e dunque arricchimento coscienziale.

Si sa che la psicoanalisi ha fatto del sogno la porta principale che dà sull’inconscio. Il sogno è un brandello di vita psichica notturna, una conoscenza dell’inconscio che straripa verso le "zone della coscienza" proprio quando l’Io è ritirato al massimo, quando le sue funzioni tipiche sono ridotte al minimo. Se l’atteggiamento generale del sognatore è abbastanza accogliente verso il mistero, verso il diverso in sè e negli altri, è facile che il sogno venga ricordato.
Noi sognamo in fase REM cioè in fase di sonno profondo. Ne attraversiamo da un minimo di 2-3 a circa 5 fasi ogni notte.
Ogni uomo sogna perchè sognare è necessario al di là del fatto che ci si ricordi o no dei propri sogni.
Proprio perchè l’io è ritirato al massimo - si mantengono in vita solo quelle funzioni di "allertaggio" atte all’autoconservazione - noi non possiamo dire che siamo noi a sognare. E’ una frase malformulata. Noi non sognamo, noi "siamo sognati". Noi subiamo i nostri sogni. Soltanto in un secondo tempo la coscienza affronterà il compito e la fatica di tradurre i sogni in nuclei significativi per se stessa.

Parlare di sogni significa parlare di inconscio.
L’inconscio, in quanto pensiero millennario - questa è la visione che io scorgo e che è l’eredità junghiana e di tutta la tradizione filosofico-dialettica - l’inconscio, dicevo, in quanto pensiero millennario precede l’io ontogenetico e filogenetico.
Ne consegue che il pensare fu precedente alla consapevolezza dell’uomo quando disse a se stesso "io penso" e fu pensiero inconscio. Ma se l’inconscio è pensiero, è necessario postulare la presenza di un Soggetto Pensante. Secondo questo modello è presente nela nostra psiche una soggettività che precede quella che noi costruiamo a posteriori, costruzione che dà senso alla nostra vita e che in niente altro va inteso se non come il trasferimento di quella Soggettività "a priori" in nostra soggettività cosciente.
La nostra soggettività personale pare emergere allora da una soggettività universale, eonica, cosmica, che conosce le ere e non solo i nostri 20-40-80 anni di vita personale e che quindi ha a disposizione, come un computer, una quantità di input assolutamente incomparabili con quelli che noi crediamo di assumere pensando alla conoscenza come a un fatto soltanto nascente dal rapporto nostro con l’esterno.

In realtà la fonte di conoscenza intima e che è fondante la nostra soggettività ci precede ed è già dentro di noi.
Secondo questa visione e secondo Jung l’inconscio ci determina sia su un piano fisico che simbolico (sono essi stessi due metafore - il fisico e il simbolico - di un’unica realtà) . L’inconscio è natura e lo ereditiamo come ereditiamo il DNA e il patrimonio genetico (come genericità di classe/mammiferi - specie/umana ecc. e come varianza: specie, razza, famiglia ecc.) inteso come programma "hard" atto a formarci come bipedi umani. Così come ereditiamo il programma genetico allo stesso modo ereditiamo un programma simbolico, una sorta di "imprinting" simbolica (raccogliere sogni relativi a questo tema) capace di variazione arricchimento assai più veloci della variazione e arricchimento dell’imprinting genetico propriamente detto.
Questo è uno dei motivi per cui si parla del programma simbolico come programma "soft". Questa teoria non è più solo patrimonio degli psicologi del profondo ma sono gli stessi biologi oggi a ipotizzare che se vi sarà ancora evoluzione in veste umana essa non passerà più tanto per mutazioni fisiche (arti, muscoli, scheletro, ecc.) quanto per una trasformazione del nostro mondo simbolico.

L’inconscio dunque porta con sè la conoscenza di ere ed essa è sintetizzata nei simboli. Jung parla di archetipi. Essi sono forme vuote pronte ad assumere una certa rappresentazione, vuoi come immagine, vuoi come comportamento, che come conoscenza e che aiuta l’essere umano ad affrontare certe situazioni tipiche della vita che ha affrontato nel passato, affronta oggi, affronterà nel futuro. Finchè sarà essere umano avrà a che fare con specifiche situazioni tipiche derivanti dalla sua natura globale. E dispone di questo mondo archetipico che ripeto è una forma vuota e che può assumere espressioni diverse a seconda della cultura, delle epoche, degli individui: sono i simboli o "rappresentazioni archetipiche" che si possono attivare e possono proporre sempre nuove forme di risposte a quei problemi tipici.

Gli archetipi presentano una duplice faccia a seconda del percorso che la libido o energia vitale intraprende. La libido per Jung è una. Essa può prendere la strada del gesto già codificato e quindi risolvere una situazione attingendo a una risposta già trovata dai nostri predecessori ed allora si manifesta gesto istintuale. In questo caso l’archetipo mostra la sua funzione conservatrice. Oppure la libido può essere trattenuta, non si scarica in nessun gesto previsto e a livello psichico scoppia come intuizione. Jung la chiama percezione istintuale. Essa diventa la via per una nuova forma di conoscenza. In questo caso l’archetipo mostra il suo lato creativo. Sono dunque presenti le due facce.
Conservazione e finalismo evolutivo che va oltre le forme di vita umana già raggiunte.
Ho citato una coppia di opposti, ho parlato di conservazione e di evoluzione. E ciò è inevitabile perchè la natura è unione di opposti apparentemente divisi. Questa apparente divisione è ciò che ha permesso l’origine della coscienza ma è contemporaneamente anche il suo più grande equivoco il quale, quanto più permane tanto più diventa la causa principale di ogni sua sofferenza.

Anche la coscienza e l’inconscio sono una coppia di opposti.
Cercare di integrare quanto possibile l’inconscio alla coscienza è fondamentale perchè si rischia, diversamente, di restare soggetti all’inconscio, di funzionare più secondo risposte già date che non secondo nuova conoscenza. Spetta a noi attivarci in qualche modo per sfruttare quella libido unica, che abbiamo a disposizione, per dare nuove risposte alla nostra vita ed evitare di percorrere strade che già altri hanno segnato. Ci sono comportamenti istintuali che non sono solo quelli del magiare, dormire e far l’amore. Ci sono comportamenti sociali che noi viviamo con l’automatismo degli istinti e allora emergono i sogni del grande Male in forma di grande robot per dire la meccanizzazione, l’automazione e l’alienazione a cui possiamo soggiacere e che ci costringe a star male "per conto altrui".

L’inconscio è dunque quel Soggetto Umano Unico di Specie.

Dentro di noi vive una soggettività che ci trascende eppur ci appartiene e non è che sia uguale in tutti, no: è proprio una e soltanto una.. In noi vive del resto anche la nostra specifica soggettività: individuale, certo. L’inconscio in ciascuno di noi si riveste delle nostre caratteristiche individuali, assume le nostre note caratteriali. In altre parole noi siamo quello che siamo e nel nostro inconscio e nella nostra coscienza. La nostra individualità permane. Ma in ogni caso e al di là degli "stili" l’inconscio, se deve compensare, si esprime con contenuti autonomi.

Perchè parlo di compensazione? Perchè essa è una conseguenza del mio aver premesso, come postulato, che la realtà è unione di opposti. E quando è che oggi l’inconscio si mette in moto? Si attiva quando la personalità pecca di unilateralità, quando avanti a una qualunque coppia di opposti significativi - alcune le ho citate: conservazione/evoluzione, coscienza/inconscio, maschile/femminile, integrazione/frammentazione, ecc. - uno dei due poli tiranneggia o rimuove completamente l’altro.
Quando si impianta nella personalità umana una dinamica di unilateralità l’inconscio si agita perchè deve compensare. E ciò accade perchè è legge universale che l’unione degli opposti venga rispettata insieme - certo - all’altra legge, quella della sua continua trasgressione nell’area della coscienza.

Unione profonda e scissione superficiale degli opposti hanno sempre convissuto ed è storia cosmica: il principio della divisione e il principio dell’integrazione sono lo scheletro dei miti, delle religioni e delle leggende che parlano delle origini dello spazio/tempo, del cosmo. Esse parlano da un lato della divisione delle acque dalle terre, delle acque salate dalle dolci ecc., e dall’altro si sono ben guardate dal rimuovere l’altro principio e l’Uno (pur abbandonato dall’uomo. L’Uno come pienezza, come vuoto assoluto, come Paradiso ecc.) rimase presente nella memoria celebrativa dell’uomo.

Finchè la crescita coscienziale, con le sue implicazioni classificanti, binarie, frantumanti, divisorie, ecc., non impedisce una qualche forma di compensazione a favore dell’altro principio, quello riunificante, trascendente, divino, l’inconscio non ha bisogno di agitarsi.
Proviamo ora a tornare indietro, all’inizio dell’avventura umana. Quando la coscienza ha iniziato a emergere dall’inconscio, è caduta sotto il dominio necessario del principio della scissione. Ho appena citato i miti della genesi, delle cosmogonie. In tutto il mondo parlano di divisione. Essi parlano in realtà di un evento psichico che accadeva nell’uomo: l’origine della coscienza. E, guarda caso, mentre la coscienza si distaccava dall’inconscio, Prometeo istituiva il rito del sacrificio agli dei.

Quando la coscienza cominciò a dire "Io" (ci ha messo millenni ed è evento recentissimo: pochi millenni) conobbe l’angoscia della trasgressione e avvertì la necessità di propiziarsi gli dei istituendo il sacrificio. Essa dava altro senso a questi riti. Noi possiamo dedurre, in base al presupposto già citato, che essa agiva così per garantirsi la salute psichica e non cadere preda di deliri di onnipotenza.

Accanto al principio di non contraddizione, accanto alla molteplicità delle coscienze umane e della soggettività umana emergente che andavano sempre più affermandosi, il principio dell’Uno doveva essere garantito. E non aveva importanza che fosse garantito dentro o fuori l’uomo, Probabilmente fu funzionale che l’Uno restasse "fuori" perchè l’uomo non aveva bisogno di guardarsi dentro. Aveva bisogno di costruire, di incamerare informazioni con cui ri-creare coscienzialmente il mondo.
Era giusto che il principio dell’Uno restasse fuori e l’uomo lo amò attraverso le religioni.

La coscienza, crescendo, entrava sempre più nel mondo delle menzogne funzionali. La menzogna è la metafora creduta vera, è la mappa scambiata per il vero territorio. La menzogna è l’illusione. La coscienza restò sempre più irretita dalle sue metafore e, strada facendo perse l’abitudine a percepirle come metafore, modelli. Li credette veri.

Se voi pensate che la conoscenza è un gesto di violazione alla dipendenza degli dei e che quindi Prometeo mentre istituiva il sacrificio al dio contemporaneamente lo ingannava, o se pensate al mito del primo eroe veramente umano: Ulisse il mentitore per eccellenza, potete intuire da questi miti che proprio la menzogna è stata una grande spinta evolutiva. Ancora oggi per i bambini mentire è assolutamente funzionale: si creano, simulando, altri spazi mentali, metaforici che non siano solo quelli della coscienza sensibile, della materia e dello spazio-tempo. E’ un modo comunque di creare dei contenitori per la stessa conoscenza che in essi potrà farsi sempre più "astratta", sempre più lontana dal punto di partenza, da loro stessi, dal mondo circostante.
Da una parte la colpa necessaria e dall’altra la necessaria richiesta di perdono. Da un lato l’uscita dal paradiso indifferenziato, dall’Uno, Caino, la cattiveria e la menzogna ossia la disobbedienza e il tradimento. Dall’altro la memoria dell’Uno a cui si sacrificava, si rivolgeva la preghiera. L’Uno era presente e tanto bastava.

Per dirvi come sia importante il principio dell’unione di opposti pensate all’Oriente che rispetto all’Occidente monoteista si trova in situazione rovesciata eppure anche in Oriente sono presenti entrambi i lati: là per una coscienza che cerca immediatamente il Nulla, l’Uno, il Nirvana, rispetto alla molteplicità si assiste a un pantheon di divinità talmente parcellarizzato da sgomentare l’occidentale. Molteplicità (nel mondo divino) e Uno (nella ricerca del Soggetto): entrambi necessariamente coesistenti.

Tornando alla nostra storia, finchè il principio dell’unità fu rispettato, consciamente o inconsciamente, e su cui l’uomo maturava nuova conoscenza, finchè questo principio restò vivo sul pur crescente principio della necessaria divisione, il principio della non contraddizione, della logica formale, ecc., l’inconscio restò tranquillo e ordinava, accanto all’accumulo di conoscenza nuova che gli arrivava dalla coscienza, i normali processi fisiologici di cellule, organi, e istinti.
Ma da quando l’Io occidentale ha perso la consapevolezza dei suoi limiti, da quando si messo al centro e ha negato ogni convivenza con il trascendente, da quando il mistero è stato reso tabù perchè la scienza, e solo essa, doveva decidere su ciò che aveva diritto all’esistenza, da quando l’io si è fatto arrogante, l’inconscio ha iniziato ad agitarsi e l’uomo occidentale ha iniziato a conoscere la nevrosi.

E con la nevrosi è stata trovata la medicina. Ed è nata la psicoanalisi che permise, col suo concetto di inconscio, il progressivo recupero del principio unitario rimosso dalla coscienza unilaterale. E lo trovò non più "fuori" ma dentro l’essere umano. Dio è in cielo, in terra e in ogni luogo ma, se aspiriamo ad un incontro "personale" con Lui, è al nostro inconscio che, primariamente, dobbiamo rivolgerci.

Il Dio che prima garantiva la nostra salute se evocato attraverso simboli, immagini e riti esterni, oggi garantisce la nostra salute, la nostra maggiore evoluzione se viene evocato e ascoltato dentro la nostra più intima interiorità.
Ciò serve in prima battuta per compensare - ripeto - l’ arroganza, l’unilateralità dell’io e il dilagare della frammentazione sia a livello scientifico che a livello delle nostre vite personali: privatismi esasperati, egoriferimento, parcellarizzazione di esperienze privi del principio unitario che permetta di operare sintesi al di là dei concretismi, della cronaca, del mondo pesante dei fatti eventi. Tutto è pensiero, anche la materia, ma esso resta pesante, accidioso, "inorganico", inerte se resta inconscio.
Allora tornare alla radice, considerare l’inconscio, è utile perchè ci rende più liberi, consapevoli e felici. In seconda battuta considerare l’inconscio è importante per fare della nostra vita un laboratorio vivente evolutivo, al di là, dunque, delle nostre mire personali.

L’inconscio ci agita e si manifesta non solo attraverso i sogni. Freud ha studiato le paraprassie nella sua opera "Psicopatologia della vita quotidiana": lapsus, dimenticanze, motti di spiriti. Ma certo il sogno, sappiamo è la via principale.
L’Io è la conquista evolutiva più importante ma l’Io che si unilateralizza e produce scienza negando l’inconscio e zittendo i sogni è un Io assolutamente pericoloso e noi avremo un futuro "umano" se recuperemo il nostro bagaglio interiore. Non credo che le trasformazioni e manipolazioni dell’ambiente esterno possano aiutarci ad avere un futuro se non trasformeremo noi stessi da noi stessi.

La psicoanalisi ha restituito l’antico rispetto, sebbene in forma rinnovata, ai sogni, all’inconscio. Freud ha visto nel sogno il mezzo principale attraverso cui l’inconscio, si manifesta indirettamente all’individuo. Il sogno sarebbe l’ambiente psichico in cui l’individuo cerca fantasmaticamente di soddisfare un desiderio che la coscienza è impedita a formulare. Il sogno dunque è vicenda che riguarda solo il sognatore e la sua specifica vita.

Freud ha aperto la via esplorando e offrendo un modello per l’inconscio: esso sarebbe il luogo delle pulsioni e del "rimosso" personale, ovvero dei desideri che la coscienza non ha potuto legittimarsi. L’origine di tale desideri sarebbe per Freud di carattere sessuale. In tal chiave ha interpretato i sogni per i quali ha prodotto un’opera che da molti è stata definita tra le più belle di tutti i tempi, ossia la già citata "Interpretazione dei sogni". Egli analizza in essa le caratteristiche del lavoro onirico tra le quali possiamo ricordare il lavoro di condensazione e il lavoro di spostamento, le cause del sogno e la finalità.
Approfondiremo la teoria dei sogni del fondatore della psicoanalisi nel secondo incontro.
E’ notevole, tra l’altro, che Freud, il quale fu positivista e desiderava per la sua scienza emergente il giusto riconoscimento in sede accademica, si trovò, suo malgrado ad anticipare, nell’esperienza, ciò che di lì a poco la stessa scienza e la sua epistemologia, avrebbero rilevato e cioè che non è possibile l’indipendenza tra osservatore e oggetto osservato perchè l’osservazione stessa muta l’oggetto osservato.
Freud è stato l’analista di se stesso, l’osservatore e l’osservato. L’inconscio era già in azione perchè questo concetto portato ad esperienza nella psicoanalisi emergente si affermò succesivamente in tutt’altro ambiente scientifico, quello delle scienze reali. Noi oggi sappiamo che non c’è indipendenza, neutralità tra l’analista e l’analizzando come non v’è neutralità tra il sognatore e il suo osservare i sogni. Ma riprenderemo più avanti questo tema.

Alcuni temi che Freud affronta nel lavoro già citato è l’analisi della struttura del sogno nonchè del complesso lavoro del mondo onirico tra cui ricorda il lavoro di condensazione, di spostamento, di mascheramento, dinamiche queste che egli riconduce ad una principio di censura interno. Analizza le cause e le finalità dei sogni.

Jung ha continuato il discorso ed ha ulteriormente "scavato" nell’inconscio (non a caso la sua è detta "psicologia del profondo") elaborando una teoria dell’inconscio collettivo che rappresenterebbe lo strato più profondo sotto l’inconscio personale e in cui si rintraccerebbero i simboli comuni a tutta l’umanità e che devono essere considerati quali tracce dell’esistenza degli archetipi. Se Freud legge i sogni sostanzialmente secondo la logica del segno, per cui a d un significante corrisponde sempre e solo un preciso significato (quello sessuale) , Jung restituisce i sogni alla simbolica, per cui ad un significante corrispondono molti significati. Ciò rende particolarmente importante, ai fini della lettura del sogno, la conoscenza della vita personale del sognatore che permetterà l’aggancio del messaggio onirico al nucleo di significanza più rilevante.
Proprio in virtù della visione junghiana dell’inconscio come inconscio collettivo ne consegue che anche i sogni vengano da Jung considerati come produzione nell’individuale dell’universalmente umano. Inoltre poichè Jung vede la psiche come essenza finalistica, alla stregua di quasi tutti i fenomeni biologici, egli considera anche i sogni come automatismi finalistici che perseguono in ogni caso il loro scopo. Occorre dunque avvicinarsi ad essi tenendo presente sia la funzionalità inconscia che la immanente finalità di quanto sta accadendo nella vita del sognatore.

Sono proprio questi due fondamentali parametri da considerare nell’approcciare il sogno: a) che in ogni caso una finalità viene raggiunta; b) che la finalità trasformativa è recuperabile solo con il lavoro della coscienza.

Tutti gli scienziati sono d’accordo sul fatto che sognare è necessario per la salute psichica dell’uomo. Sono stati condotti esperimenti e si sa che i soggetti a cui s’impediva il sogno rischiavano la pazzia. Allora è chiaro che il sogno è vitale. Ma nessuno ci dice perchè.

In virtù della visione dell’inconscio che ho a disposizione e che, di volta in volta, durante il mio lavoro, viene ulteriormente confermata, io ho anche una lettura del perchè noi sognamo anche se non ne ricordiamo i contenuti: se l’inconscio è quella soggettività più espansa rispetto alla soggettività diurna del nostro io così limitata, tornare ogni notte a nutrirci e a bere di quella che i simboli dicevano l’"acqua di vita eterna", tornare a nutrirci di una identità e di una soggettività che non è nata e che non morirà con noi, ci aiuta, ci è necessaria per sopportare quotidianamente la fatica del vivere e la fatica del pensare che per le nostre emozioni, la nostra crescita, i nostri incontri, abbiamo un segmento spazio-temporale minimo rispetto a ciò che sappiamo dei tempi cosmici.

Sappiamo che la fatica del vivere è strettamente legata al velo, alla menzogna, alla illusione di cui si è già parlato (la menzogna che ci fa credere di nascere e morire) ma è una illusione che ci riprende tutti i giorni e tutti i giorni si camuffa di veridicità. Io so, è vero, che di notte attingiamo alla vita imortale, all’Essere ed è questo che ci aiuta a sopportare la menzogna che ci raccontiamo, quella che porta la coscienza dentro lo spazio-tempo. Io dico illusione e nessuno lo ha detto arbitrariamente: nè gli orientali, nè io nè nessuno. Anche il terzo occhio scientifico, non solo quello esoterico, sa che lo spazio-tempo non esiste. La fisica pura, sub-atomica e anche l’astrofisica s’imbattono nello stesso enigma: più cercano la materia più questa sparisce sotto la loro osservazione.

Linguaggio delle scienze reali e linguaggio delle scienze spirituali si sovrappongono sempre di più.
Anche l’inconscio sembra non conoscere lo spazio-tempo. Ha delle caratteristiche radiali. Le produzioni oniriche esplodono, come un piccolo big-bang, da un unico centro e vanno in tutte le direzioni. L’inconscio non ci propone in ordine cronologico i suoi prodotti, i sogni. Sogni che dovrebbero venire dopo vengono prima e così via. Soltanto in un secondo tempo la coscienza cercherà di ordinarli attorno ad un nucleo di significanza. Non che il senso non ci sia però lo deve scoprire. Mi viene alla mente, per dire l’esplosione dei sogni nell’inconscio, la metafora di un foglio appallottolato su cui siano già scritti il titolo del tema, lo svolgimento, la conclusione. Discorso platonico questo, perchè la conoscenza è allora un ricordare: tutto è già scritto. Esplode il foglio: va da una parte il titolo, dall’altra lo svolgimento, in un’altra ancora la conclusione.
A noi può giungere prima il sogno relativo alla conclusione: non capiamo granchè ma la visione è affascinante come tutto ciò che porta senso anche se velato e parliamo di "sogni prospettici"; poi arrivano i sogni di svolgimento, ossia la fatica del lavoro analitico e infine emerge il significato di tutto il percorso: e giungono i sogni dei grandi svelamenti.
Nell’inconscio si può avere una visione d’insieme senza successione di fatti. Accade qualcosa di analogo a ciò che viviamo durante l’esplosione di un’intuizione: tutto ci è molto chiaro e lucido, troppo! Vi è però eccesso d’informazioni rispetto a quanto la coscienza può tollerare e sarà inevitabile che molte di esse andranno perse. Ora, anche se la coscienza, per forza di cose, opera delle deformazioni sul ricordo del sogno, essa ha la possibilità di portare con sè almeno il ricordo della chiarezza estrema.

L’inconscio pare dunque disporre di gestalts più ampie di quelle coscienziali. Riesce quindi a "vedere" là dove la coscienza non giunge immediatamente proprio perchè la coscienza è figlia dello spazio-tempo. Occorre dunque, riflettendo su di esso, tener presente categorie diverse da quelle della coscienza.

Raramente un sogno si fa comprendere sufficientemente da solo. In genere l’inconscio produce triadi di sogni e sono frasi significative da decodificare.
I sogni possono essere avvicinati secondo diversi parametri.

a) Secondo la loro struttura. A tal proposito Jung suggerisce di considerare nel sogno:
- il luogo
- l’esposizione della vicenda
- la peripezia
- la soluzione o lisi.

b) I sogni possono poi essere considerati secondo la causa e secondo il fine.
Secondo la causa i sogni possono essere stimolati da:
- eventi fisici dentro il corpo (mal di pancia, mestruazioni, aborti ecc.) ;
- eventi fisici fuori del corpo (luce, rumori, caldo, freddo) ;
- stimoli psichici (interni ed "esterni").

Considero stimoli psichici esterni quelli che riguardano fenomeni di collegamento tra persone distanti.Si potrebbe parlare di collegamento o comunione tra soggetti anche lontani. Inoltre non è esperienza rara quella di sognare e svegliarsi scoprendo che ciò che si stava sognando sta accadendo in tempo reale.
Secondo il fine i sogni possono prevalentemente proporsi come:
- progetto di lavoro individuale (prevalgono i sogni che riguardano il mondo familiare e conosciuto. Si tratta di un lavoro mirato alla personalità privata del sognatore) .
- progetto individuativo. Individuazione è parola suprema nella psicologia junghiana perchè significa riuscire a diventare al massimo quello che potenzialmente si è, significa sfondare la propria soggettività privata e incontrare l’universale (emergono sogni archetipici) .

c) Ma, cosa fondamentale per il moderno curatore d’Anime, cioè per lo psicoanalista, il sogno o meglio una serie di sogni (compresi quelli archetipici), vale come strumento "diagnostico": essi sono in grado di dire all’esperto il grado di integrità psichica del soggetto, presupposto necessario per un lavoro schiettamente psicoanalitico.
Psicoanalisi significa analisi della psiche ed implica un soggetto capace di sostenerne il confronto. Se lo psicoanalista scopre dai sogni che il soggetto è più inconscio che cosciente non può proporgli un lavoro analitico che lo sprofonderebbe ulteriormente nell’inconscio. In questo caso è corretto solo l’intervento di tipo psicoterapeutico.
Certamente, come nell’antichità, ci sono anche i sogni premonitori di un destino e anche in questo caso essi sanno essere concreti e simbolici. Possono parlare di morte trasformativa simbolica (per esempio la morte delle figure parentali come trasformazione interiore delle funzioni che esse rappresentano) e possono parlare di morte trasformativa concreta.
Noi percepiamo l’inconscio attraverso i sogni o altri segnali, però non possiamo dire che vi sia un luogo in noi che lo contenga. Esso pare mostrare caratteristiche di extratemporalità ed extraspazialità che sa evidenziare, oltre che attraverso i sogni, anche attraverso la produzione di fenomeni più complessi (che si avvalgono di altre componenti oltre al sogno) che testimoniano della natura dell’inconscio come Soggettività Unica. Essa viene percepita dai frammenti di questa unica identità universale che ciascuno di noi è. Noi siamo tante piccole individualità ma siamo anche un unico soggetto. Noi "abbiamo" un soggetto di specie, siamo Uno e la strada sperimentale, non fideistica per verificarlo, è proprio l’incontro con l’inconscio.
I fenomeni cui mi riferisco possono rivestirsi di due forme (o livelli) : quello istintuale e quello coscienziale.
A livello istintuale noi lo verifichiamo in rapporti parentali stretti. Pensate a certi sentimenti tra madre e figlio/a anche distanti tra loro. Essi riescono a sentire insieme e in simultanea senza comunicazione di nulla. Qua è l’istinto, il sangue, la carne, la materia a parlare di unicità. E questa stessa cosa torna a dirla all’altro livello opposto, laddove il rapporto è posto in essere per comune finalità di conoscenza, laddove addirittura l’inconscio viene evocato volutamente. Qui a GEA noi viviamo in una sorta di convivenza continuativa: ci incontriamo più volte tutte le settimane e per molte ore, ci raccontiamo i sogni e s’instaura una relazione significativa tanto forte quanto quella parentale che permette nuovamente l’esplosione di fenomeni di cui soltanto, tra l’altro, chi li vive può vederne la platealità. Accade che persone producano sogni in simultanea caratterizzati dal fatto di essere gli uni foto della condizione spirituale degli altri e viceversa. Oppure: è fatto abituale nel mio lavoro riflettere successivamente a una seduta, comprendere una dinamica, pensare che è il nodo del momento su cui si dovrà lavorare ed è regola che alla seduta successiva la cosa si sia già sciolta senza il bisogno neppure di nominarla.
Anche Jung si è occupato di questo lato comunitario dell’inconscio. Jung sapeva da un suo collega che questi annotava oltre ai sogni dei suoi pazienti, anche quelli degli abitanti la casa, i suoi parenti insomma: venivano nei sogni delle persone di casa le problematiche dei suoi pazienti. E questa è cosa che ho potuto sperimentare anche io. Es.: il compagno di una mia collega si sogna, in concomitanza con l’arrivo a lei di una nuova analizzanda di nome X, una figura onirica di nome X. Non ha mai conosciuto donne con quel nome! Possono essere liquidati come eventi di coincidenza oppure essere occasione per riflettere su queste caratteristiche dell’inconscio che non hanno niente a che fare con le categorie della coscienza.
Ed è anche molto importante ricordare quanto ho già anticipato: un pò come per la fisica, l’osservazione muta la cosa osservata. Il sogno non è autonomo quanto ad effetti dal tipo di atteggiamento della coscienza che lo osserva. E’ vero che v’è la funzionalità inconscia di cui vi ho già parlato. Ma è vero anche il momento del sogno come produttore d’informazione finalizzato ad accrescere la nostra consapevolezza profonda. L’avvicinarsi al sogno con un certo stato d’animo cambia gli effetti del sogno stesso.
Mi ripeto volentieri perchè è cosa estremamente importante: gli effetti dei sogni non sono indipendenti dall’atteggiamento di chi li osserva.
Accade allora che è vero che l’inconscio condiziona la coscienza ma è anche vero che la coscienza condiziona l’inconscio. Il rapporto è a doppio senso.
Qui stasera vorrei restringere l’analisi ai tre momenti fondamentali che il soggetto in ricerca interiore attraversa e che vengono segnalati da tre diversi tipi di sogni.
Il momento in cui si attiva l’archetipo dell’Ombra. Il momento in cui si attiva l’archetipo dell’Anima. Il momento in cui si attiva l’archetipo del V. Saggio.
Nel primo compaiono i sogni di conflitto a iniziare il lavoro, la voglia di fuga e la segnalazione delle vicende e caratteristiche personali che il sognatore rifiuta di riconoscere come proprie perchè le qualifica negative. Sono sogni pregni di informazioni perchè segnalano le problematiche su cui lavorare, sono dunque sogni-guida.
Nel secondo momento compaiono i sogni dello sconvolgimento delle credenze. Sono i sogni dell’Anima. Per Anima Jung intende il principio stesso della Vita che se ne infischia delle nostre paure, delle nostre riserve e moralismi, che sconquassa i nostri salvagente, le nostre "terre ferme" e ci sbatte in mare aperto, senza nessun altro riferimento che noi stessi. E’ il momento dello smembramento, un momento del ciclo dell’eroe quando l’eroe è squartato prima di rinascere a nuova vita. E’ il momento del viaggio nella pancia della balena, dell’oscurità, del tunnel e della solitudine.
L’Anima mostra due segni: visto che noi siamo nella natura apparentemente segnati da una unilateralità che ci fa maschi da un lato e femmine dall’altro, allora accade che la psiche compensi e se c’è da recuperare questo lato, l’Anima diventa per l’uomo una figura ammaliatrice che lo porta in luoghi sconosciuti dove non ha mai osato inoltrarsi, oppure diventa Animus per la donna e corrisponde all’agire il Logos, il pensiero quando la donna abbia rimosso questo lato.
Nel terzo momento si fa più comprensibile quanto già con fatica è stato lavorato. E’ la fase dello svelamento del significato fondamentale di tutta la fatica, è il ritrovamento del filo e del più profondo significato della propria esistenza che sempre si accompagna allo sfondamento dello stesso limite individuale per ritrovarsi nell’universale. Arrivano in sogno figure di vecchi saggi, di nonni, di maestri. E’ l’ "individuazione".
Vi racconto ora alcuni sogni relativi a questi archetipi. Un sogno d’Ombra:

> La sognatrice è a una mostra di cani e gatti che si trasformano in uccellini. Vede una donna mascherata da uccello. E’ goffa e tenta di volare. La sognatrice ride di lei. Si sveglia piangendo: "chissà cosa avrò avuto da ridere."<

E’ un sogno da cui si individua la nevrosi di tipo isterico e la positiva prognosi. La lisi, la soluzione del sogno è buona perchè la donna prorompe in un pianto cosciente. Ella non resta nel suo riso isterico e nel suo falso volo di uccellini che simbizzano i piccoli pensieri. Per associazioni, mi vengono in mente i sogni della testa piena di pidocchi che rappresentano i pensieri parassiti e segnalano l’uso minimale della nostra facoltà pensante.
Un sogno che parla dell’Anima e' il seguente:

>Il sognatore s’accorge d’avere oltre il pene la vagina ed è incinto.<

Non v’è qui figura femminile perchè è lo stesso sognatore ad essersi fatto donna.
Un sogno relativo all’Animus è il seguente:

>La sognatrice finisce in un’arena dell’antica Roma. Porta le babbuccie a forma di coniglio ai piedi. Sarà data in pasta ai leoni. Si toglie le babbuccie. Sa d’avere un’unica via di scampo: restare assolutamente nel distacco e non segnalare paura. Così accade e i leoni la lasciano perdere.
A questo punto le viene impartito un compito: dovrà mettere un uomo nel sacco.<

L’uomo rappresenta la coscienza che si è allontanata necessariamente dalle sue scaturigini, dal puro Essere, dall’inconscio. Coscienza nata dalla distanza e dalla divisione. La filogenesi si ripete nell’ontogenesi e accade così che ogni bambino deve allontanarsi dalla madre se vuol crescere. Ma proprio come il piccolo uomo, una volta fattosi adulto, torna a recuperar la madre, così accade che anche la specie tutta nella sua coscienza avverta il desiderio del ricongiungimento.
Ecco, noi oggi siamo sufficientemente adulti, la coscienza umana è sufficientemente adulta per poter tornare a guardare la sorgente da cui è nata senza più dover temere le fauci di una madre matrigna che la risucchia e le toglie la vita.
Significa semplicemente che il Figlio (la coscienza di essere) e la Madre (l’essere) si possono e si devono re-incontrare. Il nuovo Logos vuol basarsi sull’unione degli opposti e non più sul principio puramente binario (il vecchio uomo da mettere nel sacco) .
E poi ci sono i sogni rivelatori del senso, quelli relativi all’archetipo del Vecchio Saggio:

>La sognatrice entra, dopo reticenze, in una casa dove l’attendono suoi compagni di percorso. V’è una vecchia biblioteca ed essi curiosano finchè ella trova un vecchissimo libro dei sogni di pergamena che si sgretola sotto le sue mani. Giungono avanti ad una porta e nel frattempo s’odono rumori di passi. E’ il padrone di casa che dice loro: "Voi siete i collaboratori di Dio. Da solo non ce la fa. Ha bisogno di voi. Ora avrete la visione collettiva della morte" e così dicendo apre la porta: è una sala da pranzo in cui persone vestite in abiti d’epoca siedono al tavolo imbandito. A catena si sfiorano e così facendo cadono in polvere. Dopodichè l’uomo continua: "Ora avrete la visione personale della morte" e la sognatrice vede uno stuolo di persone in tunica bianca che in fila, ad uno ad uno si avvicinano ad un calice di pietra nascente dalla nuda terra per berne il suo liquido lattiginoso da un’unico e comune cucchiaio. La sognatrice sa che nessuno oggetto materiale gli apparterrà dopo quel rito.<

>La sognatrice (ha 23 anni nella realtà) è con una ragazza.
Lei sa di essere uomo e donna a un tempo. Giunge suo padre che gli vuol parlare e lei si sente ragazzo. Il padre lo lascia e lei\lui ha la visione di se stesso neonato mentre il padre gli accarezza dolcemente la fronte. E’ lo stesso padre dalla barba bianca che ha appena salutato, è un padre che non è nel tempo. Capisce che suo padre è Dio.<


Io non credo ci sia da aggiungere nulla a questi sogni. Solo questo: se noi tutti osassimo sulla faccia della Terra coltivare l’integrità psichica raggiungeremmo automaticamente la capacità di sviluppare un potere capace anche materialmente di trasformare il mondo. Se attraverso il lavoro in solitudine e nel chiuso della propria individualità ognuno di noi riuscisse a sfondare la propria gabbia individuale, attingendo al potere dell’inconscio, tutti ci ritroveremmo in un’identità più divina, ossia davvero umana e usciremmo dall’esilio. V’è sulla Terra un potere enorme nascosto in ciascuno di noi. Peccato che spesso non lo vogliamo o non lo possiamo vedere. Non vederlo perpetua l’inferno del privatismo e produce sempre più psicosi generale. Vederlo sarebbe già il regno del Figlio dell’Uomo, dunque dell’Uomo, su questa Terra. Di questo, fondamentalmente di questo, parlano i nostri sogni.

17 Dicembre 1993

Ada Cortese


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