Home Anno 16° N° 58 Pag. 10° Aprile 2007 Ada Cortese


Ada Cortese
 METODO 

"LA PSICOANALISI QUALE EVOLUZIONE DELLA COSCIENZA CRISTICA"

Il fatto di potermi nominare tranquillamente dio non mi fa rimuovere la mia assoluta piccolezza e di essa - della consapevolezza che l'essere ha in me del limite - sempre mi commuovo. E' la forza con cui lavoro, il carburante.

Questa pubblicazione del mio intervento al convegno di Parma "La psicoanalisi quale evoluzione della coscienza cristica" tenutosi presso la biblioteca di S. Giovanni in Parma il 14 Giugno 1997 (i cui Atti completi sono ordinabili anche telefonicamente) rientra nel progetto di inserire in rete le tappe più importanti del mio percorso di vita fin qui e lungo il quale tanta importanza ha avuto l'incontro con S. Montefoschi, a cui parte di questo sito è dedicata. Questo gesto è per me recupero di una importante libertà interiore e di ricongiunzione ad una fonte di verità che tante volte, in questi ultimi anni, ho nascosto anche a me stessa, giustificandomi dietro presunte necessità di mediazione con il mondo. Non è il contenuto la fonte della verità che fa star bene: è il gesto di dire ed esprimere la forza delle proprie idee viventi affidandosi al cuore simbolico e accogliente di chi desidera ascoltare. C'è dell'esaltazione forse. Sempre consapevole, sempre accolta perchè parente stretta dell'estasi, assai piacevole. Concesso però sorriderne. Io me lo concedo. Il tempo divora tante cose ma il senso dell'esperienza ed il vissuto restano.

COMUNICAZIONE N. 2
Vorrei portare la testimonianza, anche se a frammenti, del Laboratorio A di Genova. Come si potrebbe riassumere? La parola chiave che ha sempre guidato il lavoro e' la tensione alla trasformazione dell'amore, sotto l'occhio superiore di cio' che una volta chiamavamo "superriflessivo" e oggi "Presenza".

Vorrei ricordare i sogni iniziali che mi hanno raggiunto incoraggiandomi ad inoltrarmi lungo la strada del lavoro in gruppo, chiarendomi quella che gia' era la mia intuizione rispetto al contributo che in me l'essere avrebbe ottenuto lungo il cammino del suo ritrovarsi. Mi apparve immediatamente chiaro che sarei stata come l'operaia o la contadina a cui spettava di svolgere il lavoro capillare di dissodare la terra, la materia umana. Non tanto elaborazioni e nuovi concetti perche' i necessari per avviare l'opera erano gia' a disposizione quanto edificare, promuovere nella metodologia e nel lavoro quotidiano, la nuova consapevolezza, la "nascita dell'Uno". A tale proposito la metodologia dell'analisi in gruppo svolta in Via Casaregis, nonche' l' elaborazione della mia personale ed intima esperienza sempre in Casaregis (*), mi fornirono gli strumenti basilari per avviare il lavoro dei Gruppi Evolutivi Autocentrati. Lavoro che sempre piu' chiaramente mi apparve come necessario momento integrativo della pur inalienabile analisi cosiddetta "individuale".

Sogni di inizio:

> Partecipavo a un gruppo di lavoro. A ciascun partecipante veniva data della polvere d'oro. Il lavoro consisteva in questo: ognuno doveva scrivere a modo suo la parola "amore" dopodiche' doveva abbandonare immediatamente l'opera compiuta per andare a visionare i modi degli altri di scrivere quella stessa parola. <

>Un vecchio pianta sulla collina un ulivo per ogni fratello e al sognatore che lo guarda incantato chiede: "che ne e' di tuo fratello?" <

> La sognatrice scopre delle presenze sconosciute ed eteree nel laboratorio di un compagno di gruppo che in sogno fa il fabbro. Le presenze la chiamano ma col nome di un'altra compagna di gruppo. Lei le corregge ma le presenze rispondono: "Gianna o Claudia e' lo stesso" <

>La sognatrice sente una voce che perentoriamente, riferendosi al lavoro in gruppo, dice: "andate e portate la buona novella"<

Attualmente la ricerca e' detta in un mio sogno:

>Sono in una citta' orientale nella mia casa. Voglio farci dei lavori: aprire la parete esterna che da' sulla strada (muro maestro) di un grande salone. La parete e' fragile: un po' di compensato o legno sottile apppoggiato e tenuto da mobiletti nei quali scopro un bellissimo paio di sandali rossi e un paio di scarpe da vela gialle. Dico tra me e me:
quante cose di color rosso che ho!! Poi torno al progetto e quando tutta la parete viene spostata vedo che la mia casa e' tutt'uno con una chiesa e che il salone e' probabilmente un pezzo di un abside a tre cupole. In quella centrale (io starei a destra) stanno restaurando affreschi e icone. Colori rossi e blu e gli ori zecchini delle chiese bizantine e ortodosse. Lo scopro perche' l'apertura recuperata nel mio salone s'affaccia in qualche modo sul portale posteriore centrale della chiesa tutto affrescato che una vecchietta apre. Dapprima penso che casa mia non e' mia e non posso intervenire a mio piacimento. Poi penso che pero' e' anche casa mia e quindi ci potro' fare quanto di compatibile col resto. Rimuovendo la mobile parete che aveva svolto funzione di muro maestro scopro un'altra cosa: una grande saracinesca arrotolata. La svolgo e noto che su di essa vi sono gli affreschi identici a quelli del portale della chiesa. Penso che potro' levarli dalla saracinesca e metterli su un portale che la sostituira'. Penso che potro' sopportare il costo.

Vedo i miei compagni che stanno svolgendo una ricerca: su un grande foglio lo stesso termine ripetuto due volte a caratteri maiuscoli: "chiama" con un punto interrogativo la prima volta in alto e con due punti esclamativi la seconda volta piu' in basso. In realta' io leggo "chiama" ma c'e' scritto a maiuscole greche "penta". A destra in alto sul foglio c'e' il verbo chiamare declinato per le prime cinque voci e anche in questo caso c'e' scritto penta come verbo declinabile.<

Mi ha indotto benessere. Unione, meglio: identita' di sacro e profano,spirito e carne, di individuo e Individuo, di parte e tutto, di contemplazione ed attivita' (cui la saracinesca mi riporta: esercizio, negozio, attivita', commercio) di domanda e risposta, di relazione. Conta la relazione e percio' di "essi" (terza persona plurale mancante nella declinazione del verbo chiamare) non si parla piu'.

La chiesa a tre absidi mi ricorda il plastico della basilica di S. Giovanni ad Efeso. Amore, Dio Preghiera, (chi - amare) e' una cosa sola.

Il lavoro che in qualche modo si e' dato, a cui assistiamo, sembra consistere nel progressivo contrarsi dei bracci della croce verso il centro, verso il punto momento - se per croce intendiamo simbolicamente la conflittualità quale engramma della nostra struttura psichica a cui allude lo stesso nome dato a questo nostro convegno - e quindi l'altra parola chiave: la carne. Il lavoro a cui noi abbiamo assistito, che attraverso di noi si e' svolto, e' stato fondamentalmente un lavoro di progressiva e dolorosissima scarnificazione, di progressiva e amorosa capacita' di rendere conto l'uno dell'altro. Questa e' a tutt'oggi la cosa piu' difficile, a volte coincidente con l'accettazione dell'inaccettabile.
Diciamo quindi che lo smantellamento dell'ego passa attraverso scarnificazione, attraverso il render conto l'uno dell'altro, sia a livello interiore tra presenza incarnata che e' ognuno di noi e presenza disincarnata che e' per ognuno di noi, sia a livello esteriore quando si tratti del dialogo diretto con l'interlocutore incarnato per arrivare ad una sorta di equipollenza tra interno ed esterno.

GEA vuole essere esercizio di democrazia interiore per giungere alla reale e regale percezione dell'Uno, universo e multiverso, proteso al ritrovamento di tutti i suoi frammenti ciascuno dei quali sa se stesso come portatore di tutti gli altri nell'uno e viceversa.

L'Esercizio costante e' quello di non estraneare da se' nulla dell'altro. Il gruppo sempre come espressione dell'universale incarnato.

Nulla che sia sperimentabile in ognuno di noi deve restare non sperimentabile con l'altro. Sento questo pensiero, non saprei giustificarlo se non come bisogno che l'esterno sia come l'interno. Lo sento con forte vigore. Esso tende alla stabilizzazione del nuovo pensiero, quello puramente affermativo: nulla da spiegare secondo causa-effetto, secondo legge e giudizio, solo affermare ciò che è e che in noi di volta in volta si manifesta.

Ripeto volentieri e mai abbastanza: il lavoro che si sta dando e' quello di rendere conto veramente dell'altro come di dio. Nulla e nessuno sembra poter essere risparmiato: le vicende fondamentali hanno riguardato quest'anno in maniera particolare il corpo. Il corpo come malattia, come sede degli automatismi piu' antichi, delle visceralita'...io posso portare sogni d'inizio lavoro di gruppi GEA che - come per il lavoro individuale - riguardavano lo scuoiamento, la perdita dei connotati fino ad arrivare ai sogni della presenza attuali; sogni in cui il sogno stesso afferma se stesso come vero, letteralmente vero Sogni come esperienza e dunque come guida al progressivo superamento della scissione.

Abbiamo vissuto esperienze di trapassi di persone molto vicine a noi ed esperienze di arrivi, di parti, all'insegna della consapevolezza e portero' un sogno in cui si dice che lo spirito non e' un fantasma: testimone la sognatrice, nell'atto di togliersi le viscere, il fratello vede se stesso rinascere dalla madre. Un sogno di una donna che doveva partorire di la' a poche ore e che e' in analisi presso F. mia collega. Sogno significativo che ribadisce l'unico compito importante a cui la sognatrice deve restar fedele:
per nulla considerato l'evento biologico, viene sottolineato il rapporto fraterno di due presenze, di due soggetti che pure sanno il costo da loro sopportato per ritrovarsi in questo amore, l'unico finalmente umano, oltre la visceralita' del corpo.

Quanto alla scarnificazione posso far riferimento all'ultimo intergruppo: esso consiste del riunirsi periodico, ogni due o tre mesi, dei quattro piccoli gruppi attualmente al lavoro a GEA. Ecco, nell'ultimo e' venuto fuori l'ennesima storia di amori incrociati e tradimenti, triangoli che in genere portano le persone coinvolte e preda degli automatismi e delle passioni psichiche a schizzar lontano gli uni dagli altri o a scagliarsi l'un contro l'altro. Stavolta gli amori sono stati amori tra persone tutte compagne nel cammino della consapevolezza crescente, incroci che non hanno permesso fughe e nessuno, stavolta finalmente, e' scappato o ha sentito di poter "far fuori" l'altro. Tutto e' stato patito, sotto l'occhio della presenza. Con il grosso anelito e bisogno di vivere un altro amore. Nessuna visceralita' e' stata risparmiata. Da martedi' ad oggi molte cose sono cambiate: molta energia si e' dinamicizzata e dallo stato psichico si e' trasformata in spirito.

Non e' stato facile per l'essere giungere a reggere lo sguardo reciproco accettando di dar forma intera e non monca alla dinamica incarnata. Ci sono stati altri precedenti tentativi, altri - almeno all'apparenza dei sensi - si sono allontanati ma l'essere, evidentemente, ha voluto comunque insistere nel processo e lo ha portato avanti fino a chiudere il ciclo. La possibilita' di guardarsi negli occhi, con l'occhio della presenza seppure imprigionati nella propria carne e nella propria pelle, e' stata realizzata per intero.

Cio' che mi colpisce molto e che mi fa amare la strada con cui coincidiamo e' che essa consista di una progressiva crescita nella liberta' consapevole, liberta' che niente ha a che fare col cosiddetto "libero arbitrio" quanto con la necessita' dell'Essere riconosciuta non altra dalla mia.
Liberta' che ha dunque un altro sinonimo: accoglienza.
Accogliere tutto tutto quello che si da'. La nostra testimonianza e' stare, restare, non poter fare altro che accogliere quello che e', stare magari in una situazione di non immediata comprensione e svelamento ma reggere di stare insieme per assistere al lavoro che l'essere fa attraverso di noi. La cosa che mi colpisce positivamente - perche' e' la concreta verifica di quanto ci dicemmo un anno fa a Sarzana a proposito del superamento dei conflitti e delle opposizioni - e' che siamo rimasti fino alla fine, fino ad oggi intendo, siamo rimasti tutti li' pur nel cambio delle configurazioni concrete e dei copioni per il mondo: chi pensava di poter vivere di questo lavoro s'accorge che non le e' dato; chi invece, in seguito a grosse rivoluzioni e turbamenti interiori si e' sentito spinto a lasciare l'occupazione "sicura" nelle istituzioni in cambio di un salto non nel vuoto, ma nelle braccia amorose della presenza che certo non ha il potere di sottrarci alle ansie, alle incertezze quotidiane e pratiche ma che pure, e ne siamo testimoni insieme, si sciolgono si superano e sappiamo bene che e' Lui, che e' l'amore che ci restituisce l'energia e la soluzione.

Abbiamo cosi' potuto vedere lo splendore del corpo redento che e' questo corpo, l'essere che attraverso i suoi componenti - attraverso M. una partecipante - dice: "e' l'analisi, e' la consapevolezza che mi mantiene vivo".

Un sogno ancora:

> Grosse ondate portano un bellissimo gioiello, simbolo di tutta la fatica umana, che resta sul bagnasciuga. Altre ondate enormi come montagne arrivano e il sognatore teme per il gioiello ma le onde lo lasciano laddove l'hanno portato <

Mi sembra un'immagine stupenda per dire che ormai anche le tempeste psichiche che ancora ci possono inondare non sono piu' pericolose per la nostra condizione di esemplari mutanti verso la nuova umanita'. E perche' comunque e' sempre da quel mondo buio ed umido che e' riemerso tutto il patrimonio di consapevolezza ottenuto con la fatica umana. Ormai la nuova condizione, il nuovo sguardo, paiono suggerire il sogno e l'esperienza, non si chiude piu'.
Questo e' quanto finora si sta dando e possiamo raccogliere:
l'amore nella carne oltre le tempeste dell'amore umano.

Il permanere nell'accettazione e nell'accoglienza di tutto quanto la nostra carne patisce, nel dolore della relazione umana e nello struggimento che puo' dare invece la relazione con la presenza disincarnata, l'accoglienza di tutto, dicevo, coincide a mio avviso con il contrarsi dei bracci della croce, col superamento reale della croce.

Il bombardamento dei sogni attraverso cui l'essere dice che la morte non esiste muove nella stessa direzione e verso la stabilizzazione della condizione gia' manifesta in ognuno di noi: Jung stesso in un ultimo sogno lo ribadisce, dice che e' nostro fratello, che e' nato ma non e' mai morto...

Sono tantissimi i sogni in cui si parla di questa cosa.

Un'altra tematica su cui abbiamo riflettuto molto e' l'omosessualita'. E' tornata per un lungo periodo sia nei sogni corali che come vicenda incarnata.

Ci pare ci sia un nuovo modo di poterla oggi leggere:
pensiamo che essa alluda alla somiglianza. L'omosessualita' e' sempre stato amore tra simili, tra pensanti, tra soggetti conoscenti. Questa era l'omosessualita' maschile. Ma quando essa vuole emergere con dolore e con forza, dopo anni di lavoro spirituale e di amore per la presenza divina, nel corpo di una giovane donna, io penso possa avere quello stesso significato di somiglianza e di ricerca dell'intersoggettivita' universale da sempre riconosciuto all'omosessualita' maschile.

L'omosessualita' e' davvero l'amore dei due che si riconoscono, maschi o femmine che siano, giovane e vecchio, soggetti dialoganti nell'uno.

Queste le ultime tematiche. I sogni sono tanti. Nel reciproco confronto ne verranno in mente altri.
Scarnificazione e scuoiamento attraverso il passaggio stretto dell'amore corporeo e dunque animale, e di tutto quanto alla corporeita', alla psiche attiene: gelosia, possesso ecc. Ebbene siamo passati tutti per una sorta di "tritacarne" che non credo ci abbia liberato da quella colla di affettività psichica orizzontale tipica del sistema riflessivo individuale (SRI), ma ce l'ha fatta superare, almeno a tratti, grazie ad un altro amore che ci ha da sempre accompagnato.

Le tante testimonianze, la gloria, lo stupore quotidiano che si ripete avanti alla manifestazione della consapevolezza dell'essere che ci chiede, che ci cattura, che ci implora, che e' felice di essere percepito, di ritrovarsi attraverso di noi, costituiscono alcune espressioni del lato positivo.

L'altro lato però non manca: e' comunque la percezione di angoscia infinita, di azzeramento totale che, di nuovo, solo la presenza e il dialogo serrato seppur a volte muto con essa, permette di accogliere e reggere: io amo la vita e spesso ho avuto un senso di pesantezza quando sentivo Silvia esprimere la percezione dell'angoscia siderale e il suo grande desiderio di andare. Siamo testimoni di come tutto quanto ella viva e volga in amore per Giovanni Teologo. Ho passato dal 20 maggio ai primi di giugno un tal vissuto che mi faceva sempre pensare a Silvia. La capivo. Ero lei: era un vissuto di angoscia insopportabile, a livello fisico. Non v'era causa immediata.
Sul piano personale ordinario della vita tutto procedeva tranquillamente. Ma a me giungeva l'angoscia universale per particolare apertura dei canali percettivi. Percezione sconvolgente di totale lontananza da tutto il mondo, voglia di andare via infinita. Allora ho potuto profondamente accogliere il dolore di Silvia perche' l'ho sperimentato, era anche il mio...

Si fa dunque presente proprio tutto, anche l'amore per questa cosa terribile, che mi faceva sentire l'amaro, il ruvido, la tristezza nei canali della respirazione. Eppero' anche amore perche' sentivo ed ero viva, fortissimamente viva, disperatamente viva e mai sola, sempre amorosamente protetta e voluta dalla presenza. Cosi' oggi sono felice di poter dire che ho anche paura. Non me lo sono mai concessa a livelli cosi' profondi e cosi' totali...

E' bello anche questo. Anche paura del trapasso nonostante le infinite testimonianze. Accolgo perche' con me c'e' sempre la presenza che amo e che mi ama incondizionatamente.

Altra cosa che voglio qui nominare: l'elogio del limite, della fragilita', dell'handicap, dell'assoluta piccolezza che mi ha sempre accompagnato come percezione fondamentale di me stessa, percezione che pure si e' sempre accompagnata alla certezza, fin da bambina, di un destino straordinario che mi attendeva. Non mi sbagliavo perche' non ero io a percepire ma la presenza.

Il fatto di potermi nominare tranquillamente dio non mi fa rimuovere la mia assoluta piccolezza e di essa - della consapevolezza che l'essere ha in me del limite - sempre mi commuovo. E' la forza con cui lavoro, il carburante.

(*) Via Casaregis n.1 è l'indirizzo genovese in cui maturò il grande salto oltre il "sistema uomo" di S. Montefoschi e dei compagni di laboratorio.


Ada Cortese


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