Home Anno 16° N° 58 Pag. 2° Aprile 2007 Cristina Allegretti


Cristina Allegretti
 SCHEDE 

L'ASSENZA DI UMILTÀ

L'origine della cultura guardava verso l'alto, verso il cielo.
Forse oggi dovremmo compiere il passo successivo: guardare la terra, verso il basso.

Riflettendo sulla quantità e sulla "qualità" di violenza che sta emergendo sempre di più nel nostro mondo, violenza agita sempre più dal "branco organizzato" e dai più giovani, mi turba associare tale agiti come effetti della nostra cultura.
Che cultura sarà mai una cultura che produce violenza?
Le ragioni di tale violenza e della cultura che la produce le ipotizzo nella natura schizofrenica che ha regolato e regola la nostra umanità, le nostre facoltà intellettive.
L'eredità del passato non consapevolizzato e che ricostituiamo giorno dopo giorno è la schizofrenia, la scissione, scissione agita a tutti i livelli, a partire dalle istituzioni deputate alla conoscenza fino alla gente cosìddetta comune.
Nei luoghi deputati alla conoscenza a mio avviso fin dagli albori del pensiero, l'uomo ha prematuramente scisso pensiero e vita, creando la scissione anima corpo, creando la scissione teoria - esperienza, creando la scissione dogma verità, e contribuendo così a produrre pazzia.
Tale sintesi antitetica produce incapacità a confrontarsi con la diversità, con la contraddittorietà della vita, con il caos, con l'amore.
Tale scissione agita in tutte le sfere della conoscenza umana - dalla religione alla filosofia, alla scienza, ecc. - ha prodotto integralismo affettivo, irrigidimento delle proprie posizioni storiche, impossibilità a rendere conto della ragione dell'altro e quindi perdita della propria ragione.
Oggi viviamo solo seguendo modelli, solo intuendo altri modi di vivere, diversi ma scissi da noi.
Viviamo mondi in cui la violenza, l'arroganza, il giudizio, i piccoli pensieri vengono legittimati a discapito della sperimentazione diretta della vita, siamo incapsulati nei modelli, modelli sistematici rigidi, creiamo società chiuse.
Sfuggiamo a noi stessi.
I modelli che ci arrivano dalla sfera delle conoscenze che poi si riflettono sulla vita di ogni persona sono modelli di conoscenza fatta di sistemi chiusi, sempre più generali che invece di liberarci ci frantumano sempre più, tali modelli producono la violenza, una violenza sempre più gratuita, sempre più ingestibile e ahimè legittimata.
L'autenticità, l'umiltà, l'arrendevolezza sono principi, sono concetti, assenti nella maggior parte delle nostre vite, nella maggior parte dell'umanità.
L'origine della cultura guardava verso l'alto, verso il cielo. Forse oggi dovremmo compiere il passo successivo: guardare la terra, verso il basso, come ci suggerisce la parola umile= dal greco chame-los= basso che sta sotto.
E' il prodotto di una cultura che, mi si scusi la tautologia, coltiva il potere, è devota al potere inteso come risorsa egoicamente autoriferita; una cultura incapace di sostare nelle pieghe dell'esistenza, incapace di fare silenzio, di aspettare.
La cultura feroce crea sillogismi, senza il cuore, crea sistemi filosofici, senza rendere conto dell'inaspettato. Essa fa a meno della sapienza, la quale chiede l'atteggiamento accogliente di chi riceve e non di chi domina.
Eppure è stato difficile nella storia umana comprendere l'importanza della cultura come elemento distintivo per la definizione della specie umana, interpretabile come il livello massimo di organizzazione che include tutti quelli sottostanti (biologici, fisiologici, psicologici) ma che non può essere ridotto a nessuno di questi (Kroeber).
Recentemente la cultura è stata vista da una prospettiva ermeneutica come un complesso di simboli significanti che i soggetti, comunicando, interpretano contestualmente alla situazione in cui tali simboli vengono utilizzati (Geertz).
La cultura caratterizza quindi l'umanità e la sua evoluzione, caratterizza l'identità di un particolare momento storico, di un particolare momento evolutivo, proclama un messaggio.
La cultura è messaggera dei limiti come delle risorse e va ascoltata, superando il circolo ermeneutico cultura / società. La cultura chiede una cambiamento, così almeno arriva nella sua attuale sterilità.
La sapienza, che pure appartiene all'umanità, regna nell'oscuro percorso della storia umana come un "filo d'oro", custodito dagli anonimi esseri umani illuminati dal pensiero riflessivo che fa sintesi unendo e non separando il pensiero e la vita, il particolare e l'universale, la ragione e il cuore. La sapienza sa sentire il sapore della vita, non l'amaro della sconfitta.
Una cultura solipsistica che spacca la vita produce il sonno della ragione non il risveglio dell'intelligenza, i prodotti di tale cultura sono: la rimozione, l'insensibilità, l'incapacità a viversi interi.
Abbiamo una conoscenza superficiale delle cose, usiamo la tecnologia solo come fine e non come mezzo.
Le informazioni che oggi sono alla portata di tutti e disponibili in tempo reale invece che aiutarci ad avere un atteggiamento critico, alimentano la nostra arroganza e la nostra frantumazione.
L'uomo oggi non è neppure un uomo virtuale, non vive fino in fondo neanche la tecnologia, resta a metà tra il passato e il futuro, sparendo quale presenza..
L'uomo è oggi un uomo repentinamente ignorante: di un'ignoranza cercata, voluta, l'ignoranza di chi, partendo con grandi risorse, non le attua.
Il mondo intellettuale contemporaneo rispecchia il sottosuolo che agita le nostre anime. Agisce poca chiarezza e poca riflessione, appellandosi univocamente alla superficialità.
Forse è proprio alle radici del nostro cuore che dobbiamo tornare per purificare le nostre menti, per purificarci dalle nostre solide certezze, ingombranti quando si tratta la vita, per tornare a respirate un po' di aria pulita.


Cristina Allegretti


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