Home Anno 12° N° 53 Pag. 10° Settembre 2005 Roberto Taioli


Roberto Taioli
 PROFILI 

GUNTEHR ANDERS

"Se il mondo viene a noi, non abbiamo bisogno di andare ad esplorarlo, perciò quella che fino a ieri avevamo chiamato esperienza è diventata superflua"

Vita (1902-1992)
Pseudonimo di Gunther Stern, Anders nacque in Breslavia. I suoi genitori, Clara e William Stern sono psicologi dell'infanzia e nel 1914 pubblicheranno insieme un loro saggio Psychologie der fruhen, his zum sechsten Lebensjahre, fondato sulla osservazione sistematica del comportamento dei loro tre figli Hilde, Gunther ed Eva.
Il padre, ebreo assimilato, è considerato il fondatore della psicologia differenziale.
Il figlio Gunther nutriva grande stima nella figura paterna al punto da dedicargli la sua opera principale L'uomo è antiquato ("In memoria di lui, che ha instillato nel figlio il concetto inestirpabile della dignità umana, sono state scritte queste tristi pagine sulla devastazione umana"), non senza rimproverargli una certa ingenuità ed eccessivo ottimismo nelle istituzioni, propria di una cultura liberale che non comprese i fermenti che portarono all'ascesa del nazismo.
I suoi interessi per la filosofia lo condussero nel 1923 alla laurea con Edmund Husserl (il cui pensiero influenzerà sottilmente tutta la sua opera), divenendo poi nel 1925 assistente a Colonia di Max Scheler. Continua e approfondisce gli studi filosofici con Adorno, Horkheimer e Mannheim e pubblica nel 1929 Une interprétation de l'a posteriori e Pathologie de la liberté. Nello stesso anno sposa Hannah Arendt.
Nel 1933 all'avvento del nazismo si rifugia a Parigi ove verrà raggiunto dalla moglie. Ma il matrimonio non ha lunga durata e nel 1936 la coppia si separa.
Anders lascia l'Europa per gli Stati Uniti ove camperà con i lavori più disparati, mantenendo rapporti intellettuali e di amicizia con altri tedeschi emigrati come Marcuse, Adorno, Brecht, Bloch, Mann. Durante il soggiorno americano, durato fino al 1950, si risposa con la scrittrice Elisabeth Freundilich e stende un diario di impressioni e riflessioni sul mondo statunitense e la sua cultura. Ma la svolta nella sua vita avviene al ritorno in Europa e in particolare a Vienna ove si stabilì, rinunciando più volte ad una cattedra universitaria.
Da Vienna continuerà la sua battaglia culturale e filosofica e politica contro la minaccia atomica, dedicando a questo tema fino alla morte le sue energie. Nel 1956 esce il primo volume di L'uomo è antiquato: considerazioni sull'anima nell'era della seconda rivoluzione industriale al quale seguirà nel 1980 il secondo volume con sottotitolo Sulla distruzione della vita nell'epoca della terza rivoluzione industriale.
Preferì sempre rimanere esterno alle istituzioni rifiutando il conferimento di premi e di lauree honoris causa. Morì a Vienna nel 1992.

Pensiero
Critico radicale della società tecnocratica occidentale, Anders nell'opera L'uomo è antiquato sostiene la tesi del dislivello prometeico che è lo squilibrio determinatosi storicamente e nell'ultimo secolo acuitosi tra l'uomo e i suoi prodotti, "l'asincronizzazione ogni giorno crescente tra l'uomo e il mondo dei suoi prodotti, la distanza che si fa ogni giorno più grande".
Ad essa si associa il sentimento della vergogna prometeica che è uno stato del tutto inedito nella storia dell'umanità poiché questa nuova forma di vergogna non si instaura più tra uomo e uomo ma tra l'uomo e la macchina, l'oggetto, il prodotto, verso il quale si nutrono sensi di inferiorità, di arretratezza e di inadeguatezza. L'uomo prova vergogna, davanti all'apparato tecnologico, di essere solo un uomo, invidiandone l'immortalità, la riproducibilità, la perfezione.
In questo inseguire l'oggetto l'uomo rinuncia alla sua più piena umanità, di cui sconta la fragilità e caducità.
Questa frattura radicale tra l'uomo e il suo prodotto va ben oltre il mondo dell'alienazione e della oggettivazione descritti da Marx nel sistema di produzione capitalistico, in quanto la critica a quella alienazione era condotta in nome di un principio umanistico di riappropriazione della soggettività negata.
La vergogna prometeica è invece tutta interna al sistema perché esso non viene più criticato, condannato ma invece adorato, al punto di cercare affannosamente di identificarsi in esso. Da qui sorge il fumus apocalittico che è stato visto da taluni operante nel pensiero di Anders, simile ad uno stato di resa di fronte all'eternità del sistema visto ormai come trionfante. Ciò in parte è vero in quanto i livelli di compromissione e di deterioramento sono da Anders considerati talora irreversibili o comunque molto avanzati.
Ma la deriva apocalittica non è scontata e l'umanità può ancora tirarsi indietro dal baratro verso cui si protende.
Alla filosofia in particolare, depurata dalle incrostazioni accademiche e restituita alla sua vocazione originaria di leggere il libro del mondo, Anders conferisce la possibilità di essere interpretazione ed ermeneutica dello svelamento che presuppone l'occultamento del significato, giacchè, dice Anders, se tutto fosse chiaro, verrebbe meno lo stesso motivo dell'interpretare. Ma la filosofia dell'interpretazione di Anders non si configura come un sistema compiuto (verso il quale anzi prova avversione) quanto piuttosto una ricerca delle occasioni per il filosofare. Le occasioni infatti non si dispongono in un ordine precostituito ma nascono dallo sforzo di andare verso il mondo (secondo l'indicazione husserliana), di immergersi in esso con la sonda euristica dell'interpretazione. Anders lungi dallo sminuirla, rivendica come propria una filosofica occasionale: "Se considero questa parola [filosofia] un punto di riferimento, non è perché essa sia prova che io comunque faccio filosofia: esistono altre discipline interpretative come la fisionomica e la grafologia, il cui metodo consiste appunto nell'interpretazione, senza che per questo esse pretendano di chiamarsi `filosofia'. Filosofica è al contrario la successiva riflessione su questa straordinaria attività che chiamiamo `interpretare' e sulla interpretabilità del mondo. Non è solo la domanda in che consista l'interpretare, ma in primo luogo l'altra, perché l'interpretare sia soprattutto necessario, e come sia possibile; e che cosa ci dicano sul mondo, e sulla nostra posizione in esso, la necessità e la possibilità dell'interpretare.[…] Con questa doppia domanda mi stacco dalla filosofia trascendentale classica, dato che questa, partendo dall'esperienza indubbiamente presente nelle scienze naturali, si è occupata delle `condizioni della sua possibilità' ".
In particolare Anders mette alla prova la sonda ermeneutica nell'analisi dello stato dell'uomo con l'avvento dei mezzi di comunicazione e specificatamente la televisione.
Non dobbiamo qui dimenticare, che ciò che oggi a noi paiono riflessioni acquisite, furono al tempo di Anders vere scoperte, e come tali risultarono profetiche e predittive. Ciò vuol dire che Anders, attingendo alla lettura del libro mondo quale gli appariva dalla società americana ed europea, ha intuito e colto con decenni di anticipo quello che poi si è realmente verificato nella nostra società in termini di invadenza e pervasività dei media, di manipolazione e alterazione della realtà, di cancellazione e rimozione della soggettività in nome di una presunta oggettività della comunicazione.
La grande costruzione cui i mezzi di comunicazione danno luogo è l'uomo-massa incardinato in una società di massa, che astrae dai soggetti reali, come cancellazione della loro presenza (essa paradossalmente, per Anders, si fonda su una rinnovata forma di idealismo che convive con il materialismo più sfrenato). Nella produzione e formulazione della notizia il mondo mi viene fornito a domicilio, nella solitudine e nella atomizzazione; non siamo più noi ad andare verso il mondo per cercarne la verità e coglierne l'umanità, ma è il mondo che viene a noi, come un prodotto finito, concluso.
Nasce così e si consolida la figura dell'eremita di massa, chiamato a partecipare nella assenza e nella passività alla celebrazione di un rito collettivo, che però avviene senza che gli astanti ne siano consapevoli. Esso infatti si nasconde.
L'irrealtà è il terreno che ci governa, il mondo non è più nè presente né assente ma solo un fantasma. Anders analizza la teoria pragmatistica del giudizio, per cui il predicato è un prodotto finito già foggiato per il ricevente. La logica del predicato si riassume nella formula S è p, nella quale il soggetto diventa il predicato, si annulla nel predicato dal quale viene ricoperto e cancellato.
La logica del predicato si regge sulla separazione tra il soggetto e il giudizio che, dilatandosi, assume una rilevanza universale, mentre scompare il soggetto su cui il predicato ha operato.
Anders scrive così che ogni notizia è un pregiudizio, perché di essa viene fornito solo il predicato mentre ne resta celato il contenuto.
La teoria pragmatistica del giudizio si fonda sull'idea dell'eternità della matrice, sulla sua verità veicolata come inconcussa e assoluta, per cui l'assunzione del modello diviene la via del vero.
Le matrici per Anders sono come forme a priori determinanti, "non soltanto dei modi di vedere, non soltanto dell'intelletto, ma anche del modo di comportarsi e di operare _ dunque matrici di una vastità di impiego e di un'universalità d'azione, quali nemmeno i più speculativi tra i filosofi avevano mai previsto".
Mutuando la terminologia kantiana, le matrici sono a priori, non nel senso formale del termine, ma in quanto preesistono come stampi di fusione, incardinati nell'esperienza. Da ciò nascono i comandamenti dell'ontologia economica per cui "la realtà viene prodotta dalla riproduzione; l' `essere' è soltanto nel plurale, soltanto in quanto serie" o, nella sua forma rovesciata, "una volta è come nessuna volta: l'esemplare unico non `è'; il singolare appartiene ancora al non essere".
Ciò che risulta in esubero rispetto a questo processo, viene eliminato e scartato, in quanto inutile, ingombrante, passivo.
E' questo il secondo comandamento dell'ontologia economica che conferisce diritto di esistenza solo a ciò che è utilizzabile e scarta l'inutile come indegno e sprecato rispetto al fine.
Il produttore non guarda alla complessa armonia dell'universo con la meraviglia della poesia, dell'arte, della preghiera, con lo stupore verso la madre universale che ci genera, ma solo come impresa economica strumentale, egli prova fastidio se si imbatte in qualche cosa che non può piegare a strumento o trasferire nello stato di merce: "ciò che la natura contiene poi di non realmente redditizio, quelle parti cioè che il produttore non soltanto non può utilizzare, ma nemmeno distruggere, l'eccesso dell' universo, per esempio la Via Lattea, rappresentano per lui, seppure ne ammette l'esistenza, uno scandalo metafisico, un ammasso di materiali che nulla giustifica, installato senza motivo e, in qualche modo, spiegabile solo con una cosmica incompetenza amministrativa".
Noi stessi quando non ci pieghiamo e non viviamo entro questo paradigma, abitiamo, per Anders, nello stato di indolenza metafisica. Sono nell'indolenza metafisica tutti coloro che cercano di abitare il mondo senza fini di saccheggio, di profitto, di dominio ma come testimoni dello spettacolo dell'essere.
Un secondo e cruciale scenario indagato da Anders con la lente dell'ermeneutica filosofica è quello della condizione dell'umanità dopo l'avvento della bomba, la cui comparsa ed impiego (a conclusione del secondo conflitto mondiale), ha determinato una mutazione antropologica ed ontologica, poiché dopo di essa (Anders si riferisce alle esplosioni di Hiroschima e Nagasaki) nulla è stato come prima.
La rottura ontologica consiste nel fatto che da quel momento in poi l'uomo è diventato detentore di una onnipotenza in negativo, la che può esercitare contro se stesso, poiché ha creato le condizioni per attuarla. Anders conduce una penetrante fenomenologia della bomba, partendo dalla rilevazione di ciò che la bomba non è, con un procedimento simile a quello applicato nella teologia negativa, ove di Dio si dice ciò che Dio non è.
La bomba prima di tutto non è un mezzo ma un fine assoluto, anzi è la negazione in radice della stessa possibilità di pensabilità e formulabilità dei fini.
La bomba come sfida estrema annulla la logica del comparativo, termine usato da Anders per indicare l'idea nella produzione di una competizione infinita, propria della serialità economica e finanziaria, incarnata negli apparati deputati al mantenimento del sistema che ha bisogno sempre di nuova competizione per sopravvivere (il superlativo sarebbe infatti la morte come conclusione del processo).
Il potere distruttivo della bomba è sempre attivo, anche quando essa non viene impiegata, configurandosi come mezzo di pressione, ricatto, incombenza, possibilità ultima nel ventaglio delle opzioni dell'annientamento.
Essa ontologicamente unifica il mondo e la specie nel terrore, poiché il suo potere di distruzione non è selettivo ma globale verso ogni forma di vita.
La formula del nichilismo è quindi un monismo: tutto è uno, poiché la bomba tratta ogni cosa come appartenente ad una sola specie, non distingue, non separa, non screma, non setaccia.
Lo scetticismo andersiano vede gli uomini collaborare tragicamente nel mantenimento di questa tragica incombenza del male; infatti nel regno della medialità, che è la condizione dell'agire senza l'ingombro della coscienza, prevale la coscienziosità dell'operare come mero agire, come attitudine esecutiva.
Questa spinta attiva-passiva-neutrale, come Anders la definisce, relativizza l'azione dell'uomo in una inerzia intellettuale che si riversa nella mera fabbrilità ed esecutività, nel fare-il-proprio-dovere, anche quando ciò costituisce cooperare a fini antiumani.
Secondo la logica dell'abdicazione della coscienza si può comprendere, scrive Anders, perché "l'addetto al campo di sterminio non ha `agito', ma per quanto orrendo ciò possa apparire, ha lavorato" . Egli è cieco allo scopo .
Dall'esito estremo dell'annientamento, la morale della medianità, come sospensione della coscienza, ha pervaso l'intero Occidente, assumendo le forme di un nuovo irrazionalismo mascherato dalle forme della strutturazione gerarchica e burocratica, dell'ordine, della funzionalità.
Anders smaschera questo livello che ha abbassato la ragione critica a ragione strumentale e il pensiero ad operatività.
Ciò che surrettiziamente viene imposto è l'inopportunità del pensare esprimibile nel seguente postulato: " `Tu non devi fare alcun uso della ragione' ; o meglio: Tu non devi pensare alle conseguenze del tuo fare, anche se queste sono accessibili al tuo pensiero, anzi proprio se e perché esse sono accessibili alla tua ragione' ".
La riflessione di Anders, spesso condotta con il gioco delle iperboli disegnate dalla sua scrittura, contiene un radicale monito al risveglio della fantasia morale, rimasta arretrata e schiacciata dall'avanzare di una civiltà degli oggetti e dal dominio in essa insito della impersonalità dell'azione umana.

Opere

Amare.Ieri. Annotazioni sulla storia della sensibilità.
Ed. Bollati Boringhieri Saggi dall'esilio americano Ed. Palomar Alternative L'uomo è antiquato Vol. 1 e 2 Ed. Bollati Boringhieri Eccesso di mondo.
Processi di globalizzazione e crisi sociale.
Ed. Mimesis Patologia della libertà Ed. Palomar di Alternative.


Roberto Taioli


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