Individuazione
Trimestrale di psicologia analitica e filosofia sperimentale a cura dell'Associazione G.E.A.
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Giugno 2001 Pag. 4° Alberto Toniutti


Alberto Toniutti

 PROFILI 

OSHO RAJNEESH.

Io non faccio parte di alcun movimento. Ciò che sto facendo è parte di qualcosa di eterno che sta accadendo da quando il primo uomo apparve sulla terra e continuerà fino all'ultimo uomo.


Non è un movimento, è l'essenza stessa dell'evoluzione". Osho Rajneesh nasce in India a Kuchwada, nel Madhya Pradesh l'11 dicembre del 1931.
Spirito libero, insofferente verso le regole e i dettami dell'istituzione canonica, rifiuta la religione giainista praticata dalla famiglia. Si laurea in filosofia nel '56 ed insegna all'università di Jabalpur fino al '66, dopodichè si dedica interamente alla pratica e alla diffusione della meditazione.
Per Osho la meditazione è essenzialmente un momento di consapevolezza - in cui si è totalmente nel pensiero, nella parola, nell'azione - e di assenza di pensiero razionalistico; più che una tecnica è un "trucco"od un espediente per la Consapevolezza.
Nel '74 Osho si trasferisce a Poona (dove nasce un Ashram) e nel 1981 in America, nello stato dell'Oregon, dove sorge Rajneeshpuram, la più grande comune spirituale mai conosciuta prima. Qui Osho risiede fino all'85, quando viene estradato dagli Stati Uniti dopo un lungo periodo di persecuzione e carcerazione, incriminato per frodi che in realtà sembra non aver mai commesso.
Secondo alcuni indizi Osho, in carcere, sarebbe stato avvelenato con Tallio, una miscela di metalli pesanti, che ne provocò la malattia e successivamente la morte.
Osho è sempre stato un personaggio scomodo: contestatore del potere, in primis quello religioso, e fautore della necessità umana di liberarsi da ogni tipo di dipendenza.
Con la condanna e l'estradizione di Osho la grande comune nello stato dell'Oregon si sciolse.
Da quel momento gli Stati Uniti, di concerto con il governo indiano, sembrano fare di tutto per osteggiare Osho e la diffusione del suo pensiero.
Sono molti i ricercatori occidentali attratti dal suo pensiero e dalla pratica della meditazione da lui insegnata:
modalità pragmatica che chiede di vivere appieno la propria vita con i desideri, le emozioni e l'amore che da essa scaturiscono.
E' solo attraverso la Consapevolezza e il contatto con ciò che nel qui ed ora sperimentiamo che possiamo raggiungere l'illuminazione.
Osho è dunque il sostenitore di ciò che è: qualunque categoria di bene e male, giusto o sbagliato, qualunque giudizio o valore morale è opera della mente ed in quanto tale non tocca affatto il regno dello Spirito. Questo al fine di :"…rompere il sonno dell'inconscio, con i suoi pensieri, sogni e proiezioni mentali. Devi svegliarti rispetto a ciò che viene visto, per mettere a fuoco colui che vede". In questo senso la "dottrina" di Osho, che pur essendo altamente eclettica e cogliendo spunti in tutto il pensiero orientale e occidentale, si può collocare, forzando qui i termini del discorso, nell'ambito di quel vasto movimento buddhista denominato Mahayana (grande veicolo).
Questo, in contrapposizione con la scuola Theravada o Hynayana (piccolo veicolo), prende vita all'incirca verso l'anno zero (secondo il calendario cristiano) insistendo fondamentalmente su due concetti: la realtà dell'illuminazione sperimentabile in questa esistenza e non in un altro mondo; il desiderio umano quale canale essenziale che permette di sperimentare l'illuminazione.
Di contro, la scuola buddhista Theravada, postulando una netta frattura tra questo e l'altro mondo, tra samsara (ciclo di nascita e morte che deve essere spezzato) e nirvana (essere spento), rende in qualche modo inconciliabile la vita presente e tutti i desideri umani con lo stato di illuminazione. Il desiderio è concepito come il primo anello della catena di interdipendenza che conduce alla sofferenza e al regno di Maya, regno dell'illusione: pertanto esso andrà spezzato.
Secondo Osho l'illuminazione (samadhi) non ha patria ed è alla portata di tutti: il suo insegnamento è pertanto crogiolo e sintesi di ogni pensiero e filosofia, dal Cristianesimo al Sufi, dall'Induismo al Giainismo, passando attraverso le mille sfaccettature del buddhismo.
Le istituzioni, di qualunque ordine e grado, potremmo dire dallo Stato alla famiglia, hanno, secondo Osho, distrutto la capacità dell'uomo di sentirsi e riconoscersi in Presenza nel proprio silenzio interiore e così amare la vita in un'estasi continua.
Dicevamo che l'insegnamento di Osho non ha nulla di sistematico: il commento e la critica, spesso accesa e spudorata, dei vari pensatori del passato e del presente in ambito religioso, filosofico e psicologico, hanno l'unico scopo di sottolineare la contraddittorietà della vita (incarnata dallo stesso Osho spesso in modo esasperato) e la necessità per l'uomo di liberarsi da ogni proiezione, dogma o principio che rendono schiava la mente e annientano il puro fluire della vita che, come Osho non si stanca mai di sottolineare, è un continuo fluire naturale. Di qui il radicamento nell'esperienza concreta e vissuta, intesa come unico canale di conoscenza.
Divenire maestri di se stessi è il compito principale del percorso tracciato da Osho, così come da tutti i saggi e maestri d'Oriente e d'Occidente: non un uomo dotato di sapere e conoscenza, bensì la capacità di apprendere dall'esperienza la difficile arte di affidarsi alla vita, lasciarsi andare e oltrepassare i ristretti confini della propria mente individuale (è perentorio il richiamo di Osho che mette continuamente in evidenza la natura della "mente che mente") per raggiungere la consapevolezza di ciò che in realtà siamo: non singoli individui separati, bensì parte costitutiva del Tutto.
Utilizzando una terminologia a noi più vicina potremmo dire: rompere le maglie dell'egoriferimento e abbracciare il Sé in un unico sguardo universale.
Il percorso tracciato da Osho, dicevamo, è denso di provocazioni e di eccessi: dall'uso smodato della ricchezza alle "orge sessuali" che si dice vengano praticate in alcuni centri di meditazione che ad Osho si ispirano.
Al di là degli eccessi e della fondatezza di tali situazioni, è qui importante cogliere il messaggio principale che emerge dalla vita e dalle opere di questo grande Maestro, diavolo e santo al tempo stesso: la Consapevolezza della propria vita nonché del limite egoico e degli innumerevoli automatismi che vengono messi in atto nella propria esistenza.
Consapevolezza come presenza a se stessi in se stessi, nell'intento di percepire la verità della vita al di là di qualunque dogma o istituzionalizzazione.
Quindi la possibilità di svelare la religiosità e sacralità della vita oltre le singole forme cristallizzate in cui i vari sistemi religiosi si articolano.
E' questo il modo in cui Osho parla di se stesso e del suo insegnamento:
"Io non vi sto insegnando nulla. Non ho alcun messaggio. Non vi sto convertendo… Va benissimo che la gente mi trovi pieno di contraddizioni, perché solo un banalissimo erudito si preoccupa di dire cose sensate.
Al contrario c'è un uomo che parla non per trasmettere conoscenze, bensì poesia, non conoscenze ma significato, non conoscenze bensì un profumo, una presenza… Io non ho nulla da dirvi, ma molto da condividere con voi."
Nel 1987 Osho si stabilisce a Poona, nel vecchio ashram, dove continua la sua attività fino alla sua morte, avvenuta il 19 gennaio 1990.


Alberto Toniutti


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