Individuazione
Trimestrale di psicologia analitica e filosofia sperimentale a cura dell'Associazione GEA
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Settembre 1997 Pag. 9° Maria Campolo
 RELIGIONI 

IL TAOISMO

"L'individuazione, cioè la naturale tendenza dell'uomo a cercare la totalità, è un processo che deve nascere dall'interno e non può provenire da un'acquisizione esterna."

Il taoismo nasce tra il V e il III sec. a.C. in Cina, in un periodo particolarmente ricco di fervore intellettuale. Due tra i più importanti esponenti di questo movimento filosofico, furono Lao-tze e Chang-tzu. Ad essi fu dato l’appellativo di "saggi nascosti" perchè, contrariamente agli esponenti del confucianesimo, preferirono non ricoprire cariche di consiglieri presso la corte imperiale. Il rifiuto fu per coerenza al loro pensiero, secondo il quale era preferibile il "non-agire" all’interno della vita politica e mondana per privilegiare un atteggiamento che si rivolga al percorso interiore dell’individuo e ne esalti la potenza spirituale.
Questa attenzione rivolta verso il singolo rientra in una concezione mistica che vede nella salute personale (intesa nel significato più ampio) un vantaggio che si propaga a tutta l’umanità fino ad irradiarsi nell’intero cosmo.
Per giungere a questa salute che porta longevità, se non addirittura alla vita eterna, è necessario un percorso interiore che avrà come meta l’identificarsi con il principio supremo: il Tao.
Tao, che etimologicamente significa cammino, strada da percorrere, è l’ordine naturale universale, concepito come l’alternarsi della luce e delle tenebre, come fusione di tutte le coppie antitetiche. Così come sono antitetiche e complementari le modalità del Tao: lo Yin e lo Yang, ovvero l’aspetto freddo passivo e l’altro caldo attivo. Ma il Tao non è solo il principio dell’ordine, è anche la realtà ineffabile, superiore, che trascende i modi sensibili ed insensibili dell’essere.
E’ la Madre del mondo, sorgente di vita ed è anche una realtà che non può essere nominata, tanto che il vocabolo Tao è solo un appellativo pratico. Questa "Femmina Misteriosa" e le virtù ad essa legate sono ciò a cui l’uomo deve tendere poichè, secondo Lao-tze, è proprio attraverso questo principio femminile che si realizza la pura vacuità.
Il vuoto è uno dei temi fondamentali del pensiero taoista poichè caratteristica del Tao è l’assenza di qualità sensibili. E’ concepito come una totalità che si può conoscere solo intuitivamente ed indipendentemente dall’uso dei sensi che danno all’uomo solo una percezione parziale del reale. Ne deriva che tendere verso il Tao significa adoperarsi per essere vuoto di particolari nozioni e passioni e giungere così alla conoscenza perfetta che avviene quando vi è l’annullamento della distinzione tra io e mondo.
L’accesso ad una vita superiore è dato dalla pratica dell’estasi in cui i principi vitali e spirituali, adeguatamente coltivati, possono portare alla quiete interiore, all’armonia, all’equilibrio psico-fisico, offrendo all’anima, finalmente unificata, un luogo da cui non vorrà più fuggire per rincorrere vani desideri.
Per giungere a questa estasi salvifica l’adepto troverà come primo ostacolo, avvertono i maestri, se stesso, ovvero dovrà affrontare le sue idee preconcette e liberarsene vedendone la relatività e il legame alle convenzioni sociali.
Meditare o "abbracciare l’unità" è unirsi al Tao e a se stessi in uno stato di illuminazione in cui si è trasportati fuori dalla dimensione spazio-temporale.
Ciò avviene perchè, come abbiamo detto, il Tao è la Vita stessa e chi riesce a raggiungere questa unione, o meglio ad identificare il proprio principio vitale, ha ritrovato in sè anche il principio vitale dell’universo e può vivere eternamente poichè, sostiene Lao-tze, non avrà più nulla da temere non essendoci più posto in lui per la morte.
Le varie pratiche seguite, sia di carattere fisiologico che spirituale nutrono lo spirito vitale e trasformano gli elementi corruttibili del corpo in sostanza immortale. Secondo i taoisti, chi fosse riuscito a raggiungere il Tao sarebbe entrato a far parte degli Immortali che essi suddividono in varie categorie. Vi sono immortali che vivono sulla terra, molto spesso isolati, non invecchiano e sono dotati di poteri magici; altri che si involano in cielo in un’apoteosi luminosa e altri ancora che solo apparentemente muoiono. Di questi ultimi si seppelliscono in realtà solo dei resti mentre il vero corpo vaga nel cosmo con gli altri Immortali: è ciò a cui si dava il nome di "liberazione del corpo mortale". Quando il taoismo diventò una religione rivolta alle masse, fu costretto ad esplicitare una sua morale e a dettare norme di disciplina. Nacquero manuali in cui si potevano ricavare precetti e divieti che, oltre a fornire una guida personale, regolavano la vita comunitaria.
L’Occidente sviluppò verso la cultura orientale un grande interesse che raggiunse nel Novecento punte di vero entusiasmo. Tra coloro che subirono questa attrazione e contribuirono alla divulgazione del pensiero orientale fu Carl Gustav Jung. Il perchè di questo interesse è spiegabile, a parere di John Clarke, analizzando i parallelismi esistenti tra l’opera dello psicoanalista svizzero e la concezione della cultura orientale.
Jung vedeva nella sofferenza dei suoi pazienti e nelle terribili barbarie di cui era stata capace la nostra civiltà, i sintomi della malattia di cui è afflitto l’Occidente. Malattia dovuta ad uno squilibrio che si era venuto a creare in una società troppo incline all’esteriorità e sottoposta ad un eccessivo dominio della razionalità e del controllo dell’Io.
I simboli religiosi tradizionali che hanno caratterizzato la spiritualità in Occidente sono via via venuti meno e hanno lasciato al loro posto un vuoto che ben lontano dall’essere la pura vacuità taoista, ha il sapore del baratro.
Il taoismo, così come altre correnti del pensiero orientale, venne incontro a Jung come una realtà altra in cui l’esperienza interiore era qui posta al primissimo posto. Nel dialogo che intraprese con gli antichi testi cinesi (vedi Il Fiore d’oro) egli vide la possibilità di costruire quel "ponte d’intima intesa spirituale tra Oriente ed Occidente" che lo portarono ad approfondire dei temi già presenti nel suo pensiero.
Come i filosofi orientali, anch’egli era alla ricerca di una "nozione di individualità capace di oltrepassare i ristretti confini dell’Io cosciente"; il tentativo fu di superare le nette contrapposizioni (come spirito-materia) e di appagare il bisogno dell’uomo con quella completezza che conduce al Sè.
Il grande interesse per l’Oriente non gli vietò di avere un atteggiamento critico riconoscendone i lati di squilibrio che, per motivi esattamente opposti alla nostra, pure la cultura orientale presentava.
Mise in guardia l’Occidente soprattutto dal pericolo di deprezzare l’intelletto e la nostra cultura, cadendo nella tentazione di abbracciare, fagocitandole, dottrine religiose orientali per riempire quel posto resosi vacante dalla morte della vecchia sacralità.
Jung era convinto che l’essenza della religiosità fosse il fare esperienza del sacro, e quindi la soluzione non poteva trovarsi in una fede o in una specifica dottrina adottata al posto di un’altra.
Il taoismo, così come altre forme di pensiero, ci testimoniano un differente modo di essere e, proprio come l’altro con cui si entra in rapporto, ci offre la possibilità di considerare sotto una nuova luce ciò che noi siamo.
Ma proprio attraverso il dialogo con l'altro giungiamo a comprendere che davvero "altro da noi" non è, poichè ci conduce ad un nucleo comune dell’umanità in cui le differenze sono solo i mille modi in cui l’Essere dice di sè.


Maria Campolo


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