Individuazione
Trimestrale di psicologia analitica e filosofia sperimentale a cura dell'Associazione GEA
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Giugno 1997 | Pag. 8° | Maria Campolo |
SCHEDE VAN DYCK E IL SUO TEMPO
"La civiltà barocca ha come unica certezza 'incertezza di tutte le cose, l'instabilità del reale, la relatività dei rapporti tra le cose."
La fine del Concilio di Trento, nel 1653, aveva sancito un "rilancio" della Chiesa cattolica dopo la scissione protestante. Per far ciò furono promulgate una serie di norme e dogmi che formalizzavano il clero, i rapporti con i fedeli e una serie di decreti riguardanti ogni ambito della vita sociale compreso il campo della produzione artistica.
Nasce così l’età della Controriforma che non riguarderà solo i paesi cattolici ma investirà tutta l’Europa con effetti che si ripercuoteranno sulla politica e sulla cultura. "Gli uomini - affermava papa Paolo III - non possono essere fedeli allo Stato se violano la legge di Dio" e dal canto suo re Filippo II ammetteva che "...non vi è cambiamento di religione senza che vi siano rivolgimenti in campo politico." I monarchi europei si trovarono unanimi sull’affermazione che "Non vi è sciagura più grande se ciascuno pretende libertà e non si rassegni all’obbedienza." Si era giunti alla conclusione che l’eresia è indisciplina universale che spezza freni secolari e non solo religiosi.
E’ in questo clima culturale che venne alla luce, nel 1599, Anton Van Dyck, settimo figlio di una ricca famiglia borghese.
In quegli anni l’ondata controriformatrice aveva investito tutte le arti che venivano controllate e pressate dalle istituzioni politiche e religiose; le prime richiedevano che l’arte magnificasse la loro potenza e le seconde erano desiderose che fossero nuovamente rappresentate fede e devozione.
Ma lo slancio mistico che aveva prodotto nel Medioevo un’arte capace di innalzare cattedrali gotiche o romaniche non era più presente e le arti figurative, spesso, rimediavano con gonfiature artificiose la mancanza dell’autentico sentimento religioso. I valori estetici espressi nel Rinascimento furono messi in crisi e l’arte diede vita a due principali fasi di sviluppo: il Manicheismo e il Barocco.
Il Manicheismo fu un fenomeno che partecipava al vecchio senza conservarne lo spirito e contemporaneamente cercava il nuovo senza riuscire ad istituirlo. Si manifesta con un'estrema varietà di temi, modi e forme. E’ un’età di instabilità che trova equilibri solo precari; il gusto muta e all’armonia e all’equilibrio rinascimentale non si riesce a trovare una nuova risposta che sia davvero originale ed organica.
Le élites aristocratiche chiedono all’artista di celebrare il loro fasto e la loro esclusività e viene loro risposto con un’arte decorativa che spesso si limita ad un gioco formale: nasce per il diletto degli occhi e si esaurisce in questa funzione. Trionfa il gusto per l’arcano, l’allegoria, la fantasia sfrenata. Si pensi, come esempio, all’Arcimboldo e al suo Ortolano, curioso gioco visivo in cui una natura morta, se capovolta, diventa un ritratto antropomorfo.
Quando Van Dyck entra, ancora bambino, presso la bottega del pittore fiammingo Van Balen, i segni di stanchezza per la pittura manierista si erano già ampiamente manifestati e da più parti vi era un richiamo per un ritorno al naturalismo a cui aderirono pittori come Vincenzo Campi, Federico Barocci, Annibale Carracci, solo per citarne alcuni. Ma la vera rivoluzione arrivò con Michelangelo Merisi detto il Caravaggio, la cui breve esistenza lascerà un segno incancellabile nella storia della pittura.
La realtà con tutta la sua drammaticità entra con violenza nelle sue opere siano esse a tema religioso o profano. Il sapiente gioco di chiaroscuro, la trasposizione degli eventi biblici e vangelici nel periodo storico in cui egli vive, l’immissione di personaggi reali tratti dai ceti più umili, il geniale taglio pittorico delle sue opere, sono solo alcune e quanto mai sommarie caratteristiche della sua grande pittura.
Quando a 16 anni Van Dyck apre la sua bottega di pittore, Caravaggio è già morto e l’influsso della sua arte si sta già affievolendo. Sta nascendo un nuovo stile, il Barocco, di cui sarà un autorevolissimo esponente uno dei maestri di Van Dyck: Pietr Paul Rubens.
Rubens è affascinato dalla pittura italiana e da quella veneta in particolare, dalla corposità del colore che scopre nel Tintoretto, in Tiziano contribuirà a formare il suo stile. Rubens diventa così una sorta di ponte tra la pittura fiamminga e il movimento pittorico italiano. I grandi pittori italiani lasceranno una grande impronta anche nel giovane Van Dyck quando, nel 1621, arriva in Italia per un soggiorno che durerà circa sei anni.
La sua prima tappa italiana è a Genova, dove trova una città in rigoglioso sviluppo economico e artistico. La fama che lo accompagna, dovuta all’essere allievo di Rubens, gli procura molti ingaggi nella buona società genovese. In un anno egli ritrae gli esponenti maggiori dell’aristocrazia e della nascente borghesia mercantile. Nei ritratti che gli vengono commissionati esalta bellezza e vigoria fisica, splendori di vesti, ricchi panneggi, accontentando così i suoi committenti nei quali vi era il desiderio di essere immortalati come figure simbolo di valori caratteristici di una nobiltà antichissima anche quando, ed è nella maggioranza dei casi, essa è assolutamente assente. Van Dyck immette eleganza nella postura del soggetto che ritrae, tralascia tratti caratteriali non propriamente piacevoli, si presta insomma con la sua magnifica arte al gioco che quella società, non solo genovese, voleva. Non vi è indagine psicologica nei suoi ritratti, nota Mario Ajello, anzi la evita per esaltare di volta in volta autorevolezza o leggiadria, grazia e bellezza e per riuscirvi egli adopera il suo talento di pittore capace di dosare la luce con morbidezza e di rendere una cromaticità fresca.
Tale è la sua fama di ritrattista che, dopo l’esperienza italiana, lo porterà ad essere prima pittore di corte presso Ferdinando II d’Asburgo e poi pittore ufficiale di Carlo I a Londra dove si trasferirà definitivamente. Qui sposerà una nobildonna inglese e morirà dopo pochi giorni dalla nascita della sua primogenita, a soli 42 anni.
Van Dick è un' esponente dell'arte barocca che è generalmente caratterizzata da fastosità, gusto per la scenografia. L’attenzione di questa pittura si posa su spazi infiniti, si usano effetti che producono sensazioni di leggerezza ed eleganza, si cercano prospettive ardite e la luce diventa strumento per dare fulgore alla scena.
L’arte barocca è l’esito al travaglio dell’età del Manierismo. L’estetica non è più semplice imitazione della natura ma la sua ricreazione; vi è ricerca del moderno, volontà di immergersi nel nuovo e nell’effimero.
Se il Medioevo aveva avuto la sua direzione determinata in Dio e il Rinascimento aveva avuto il suo principio nell’uomo, la civiltà barocca esprime la crisi generata dal venir meno di un pensiero fondato su un sistema di certezze etiche e conoscitive. Il suo credo è semmai, a dispetto del tentativo controriformista, quello della consapevolezza che ciò che appare è incerto ed ingannevole.
Maria Campolo
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