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Trimestrale di psicologia analitica e filosofia sperimentale a cura dell'Associazione GEA
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Settembre 1996 Pag. 9° Agnese Galotti

Agnese Galotti

 RELIGIONI 

LA KABBALAH

"La tradizione".

La Kabbalah - letteralmente tradizione intesa come tradizione esoterica - è il movimento in cui, soprattutto fra il secolo XII e il XVII le tendenze mistiche dell’ebraismo hanno trovato la loro espressione religiosa, caratterizzate da una complicata ramificazione e da sviluppi spesso vivacemente intricati.
Non esiste quindi una "dottrina dei Cabbalisti" cioè un sistema unitario di pensiero mistico: si tratta invece di un processo, spesso sorprendente per varietà e contraddittorietà dei suoi motivi.
Inizialmente fu alimentata da fonti sotterranee di probabile origine orientale, venne per la prima volta alla luce in Provenza (1150 - 1250) e si sviluppò in Spagna (XIII sec.) dove le varie opere culminarono nello Zohar di Mosè de Leon, che divenne una specie di Bibbia del movimento stesso.
Gli ebrei spagnoli, i sefarditi, erano considerati i depositari delle dottrine della Kabbalah.
A partire dal 1550 il centro principale divenne Safed, nell’alta Galilea, dove operò Isaac Luria, di origine tedesca, autore di importanti scritti cabbalisti.
Qui raggiunse il rango di una forza storica e spirituale fondamentale per l’ebraismo, essendo in grado di dare una risposta all’eterna domanda sul senso dell’esilio che si imponeva continuamente agli ebrei: la crisi originaria, che spiega il mistero cosmico, qui viene inserita nell’esperienza dell’esilio, quale fatto cosmico profondissimo che colpisce anche Dio, così come il popolo ebraico.
Sulla Kabbalah luriana si basa il Chassidismo, una corrente sviluppatasi in Europa orientale che evidenzia l’importanza della gioia e infine dell’estasi nell’esperienza mistica.
Generalmente si distingue tra Kabbalah speculativa, (le cui formulazioni derivano dalla filosofia neoplatonica ed aristotelica medievale) che prende in esame i rapporti tra il mondo soprannaturale e il nostro mondo, e Kabbalah pratica, (da cui originò una tradizione magico-esoterica) che si occupa dei mezzi per far sì che le forze del mondo spirituale agiscano sul nostro mondo.
La Kabbalah distingue quattro differenti livelli di comprensione delle scritture: c’è un significato esteriore e legalistico, la veste, uno sottostante e più autentico, il corpo, ma ancora più profondo è il significato mistico, quello proprio dei cabbalisti, e questa è l’anima; vi è infine il senso intimo ed essenziale, l’anima dell’anima, che solo alla fine dei tempi verrà svelato.
E’ indubbio il tentativo dei cabbalisti, in ogni tempo, di mantenersi in stretto riferimento, almeno esteriore, con l’originaria tradizione dell’ebraismo.
Una parte notevole dell’immensa letteratura cabbalistica consiste di commenti a libri della Bibbia, specialmente del Pentateuco, (Torah scritta), cui corrisponde l’interpretazione storica della scrittura, che varia nel tempo (Torah orale).
La Kabbalah rappresenta una chiave di spiegazione della Bibbia tramite l’interpretazione dei caratteri e la mistica dei numeri: per comprendere il significato mistico delle scritture si ricorre a metodi complessi, basati sul significato esoterico attribuito alle lettere dell’alfabeto ebraico e sul loro valore numerico.
Sembra certo inoltre un profondo legame tra Kabbalah e motivi gnostici: lo gnosticismo della Kabbalah si è sviluppato dall’interno ed in modo autonomo, eredità di un contatto non tanto storico diretto quanto psicologico e strutturale. Forse nacque come rivolta contro l’avversione dell’ebraismo per qualsiasi forma di mito.
Qui infatti il contenuto mitico è particolarmente ricco nel simbolismo per cui il "Dio nascosto", biblicamente inteso, l’En-Sof, letteralmente "colui che non ha fine" e che è pertanto perfezione assoluta, si svela nelle dieci Sefiroth, sue manifestazioni od emanazioni, che includono l’archetipo di ogni cosa creata al di fuori del mondo delle emanazioni.
Esse emanano da En-Sof in successione "come se una candela venisse accesa da un’altra senza che l’Emanatore ne sia in alcun modo diminuito".
I cabbalisti individuano un parallelismo tra il processo di emanazione dell’energia divina ed il processo in cui si dispiega il linguaggio: il simbolismo delle sfere di luce (le sefiroth) è paragonabile a quello dei nomi divini e delle lettere che lo compongono.
Il mondo misterioso della divinità è mondo del linguaggio, di nomi divini.
Le lettere dell’alfabeto e i nomi non sono solo mezzi convenzionali, sono molto di più: ciascuno è concentrazione di energia ed esprime una ricchezza di senso intraducibile.
La Torah è nel suo insieme l’unico grande nome di Dio ed è suprema concentrazione di forza divina. Il nome di Dio, il tetragramma YHWH, è la base su cui si sorregge tutta la Torah.
Un elemento fondamentale è la corrispondenza diretta esistente tra questo Dio che si disvela e l’Adam Kadmon, ossia l’uomo originario nella sua manifestazione più pura.
Le quattro lettere del nome di Dio hanno valore numerico 45, come la parola Adam, il che vale a dire che "il Dio a cui può mirare l’uomo si presenta a sua volta come l’uomo originario".
Un altro simbolo particolarmente potente è quello della Sekhinah, la decima sefiroth, vale a dire la potenza del femminile riconosciuta come interna a Dio.
Essa tuttavia presenta due caratteristiche essenziali: proprio come l’archetipo dell’Anima essa è ambivalente (rappresentata spesso dalla luna con la sua doppia faccia) ed è esiliata.
Per i cabbalisti ciò significa che "qualcosa che appartiene a Dio stesso è esiliata da Dio stesso".
L’esilio della Sekhinah o, in altre parole, la separazione del principio maschile e femminile presenti in Dio, viene concepito come conseguenza del peccato umano.
Adamo, primo uomo, invece di contemplare la totalità delle Sefiroth nella loro unità immensa, preferì contemplare l’ultima soltanto e vedere la divinità in essa, lacerando i mondi della divinità.
Da allora il sopra è scisso dal sotto, il maschile dal femminile, l’albero della vita da quello della conoscenza ...
La riunificazione di Dio e della sua Sekhinah (hieros gamos) è il senso della redenzione. Per la kabbalah ogni "azione religiosa" dovrebbe essere accompagnata dalla formula secondo cui essa ha luogo esplicitamente "ai fini dell’unificazione di Dio e della sua Sekhinah".

Bibliografia: G.Scholem "La Cabala" ed. Mediterranee; G.Scholem "La Kabbalah e il suo simbolismo" Einaudi

Agnese Galotti


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