Individuazione
Trimestrale di psicologia analitica e filosofia sperimentale a cura dell'Associazione GEA
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Settembre 1996 Pag. 3° Agnese Galotti

Agnese Galotti

 TEORIA 

LA FUNZIONE TRASCENDENTE

"Mentre annotavo le mie fantasie una volta mi chiesi: Che cosa sto facendo realmente? Certamente questo non ha nulla a che fare con la scienza . Ma allora cos'è? Al che una voce in me disse. E' arte."

Il problema fondamentale che sostanzia religioni, filosofie nonchè la stessa psicoanalisi, riguarda il rapporto con l’inconscio, vale a dire con tutto ciò che trascende l’immediata coscienza razionale.
Jung riassume questo problema universale nella semplice domanda: "Come ci si confronta in pratica con l’inconscio?" In primo luogo l’interrogativo rimanda, rispetto alla coscienza che se lo pone, alla necessità di sviluppare un atteggiamento nuovo, capace di reale accettazione e quindi di dialogo, con tutto ciò che appare a prima vista incomprensibile, irrazionale e quindi spesso sconcertante, per il semplice fatto che, nella misura in cui viene percepito, esiste, e quindi "è".
"Ciò che è, è vero" affermava una voce con tono perentorio in un recente sogno.
Quindi la necessità primaria è quella di allentare la netta separazione, là dove ancora sussiste, tra coscienza ed inconscio, rendendo gradualmente elastico e permeabile il diaframma che li divide.
Questo tentativo di mediazione tra i due poli, costituisce la cosiddetta Funzione Trascendente, quel meccanismo psichico che supera l’opposizione tra tendenze inconsce e tendenze coscienti ed opera il passaggio da un atteggiamento ad uno nuovo, componendo gli opposti in una sintesi originale.
Tale risultato non può certo essere ottenuto senza che la coscienza abbia trasformato la propria naturale tendenza alla supremazia in un’adeguata, umile accettazione della propria natura relativa.
La reale sintesi non si ottiene infatti attraverso un giudizio della coscienza sui contenuti emergenti dall’inconscio, che sarebbe unilaterale, bensì attraverso la realizzazione di un autentico dialogo tra l’una e gli altri, il che richiede la sospensione di ogni giudizio prematuro affinchè essi possano essere espressi.
Nessuna delle due tendenze deve essere negata, pena l’impossibilità di attuazione del processo stesso.
Si tratta, per la coscienza, di allenarsi a considerare i contenuti dell’inconscio, fantasie, intuizioni o immagini che siano, come un processo psichico altrettanto reale e degno di rispetto quanto un pensiero razionale.
Ma riconoscere diritto d’esistenza alle tendenze inconsce significa anche imparare a relazionarcisi senza farsene travolgere. E questo, soprattutto per personalità piuttosto rigide, è operazione assai ardua.
Questa funzione psichica esprime la presenza della capacità di trascendere la tendenza unilaterale che farebbe "tirare" tutto da una parte o dall’altra, il che risulterebbe in ogni caso distruttivo per il processo stesso: o perchè la coscienza potrebbe soccombere precipitando nel buio della frammentazione psicotica, o perchè potrebbe essere "ridotto" il nuovo contenuto emergente dall’inconscio in vecchi e troppo angusti schemi.
La funzione trascendente è quindi lo strumento che consente all’individuo di andare al di là del conflitto senza senso e di evitare l’unilateralità.
Ma come praticamente si attua tale funzione? Come cioè possiamo concretamente attivare questo dialogo tra coscienza ed inconscio? Uno dei metodi privilegiati, anzi per alcuni "il metodo" per eccellenza, è quel procedimento che Jung stesso definisce immaginazione attiva: una tecnica, frutto di un lungo allenamento, che consiste nella capacità dell’io di porsi e di stare in dialogo reale con i contenuti del proprio inconscio accogliendo, registrando, e concretizzando in qualche forma tutto ciò che emerge, osando porre domande ed azzardare risposte, evitando così la passività della pura fantasticheria, cercando di non cadere nei tranelli dell’autoinganno nè nel pregiudizio che vorrebbe inibire e liquidare il tutto come assurdo.
A partire dall’esperienza personale, dal contatto con le proprie fantasie inconsce, e da quella professionale, con le opere della fantasia dei suoi pazienti, Jung si è andato sempre più convincendo dell’importanza dell’immaginazione attiva quale "funzione creativa", capace di attuare e mantenere un equilibrio, pur sempre instabile, tra coscienza ed inconscio.
Tuttavia questo tipo di operazione richiede, oltre ad un serio impegno e ad un’applicazione costante e fiduciosa, una grande apertura mentale ed una maturata disponibilità a mettere in discussione il proprio punto di vista, un atteggiamento spregiudicato verso ciò che può emergere: insomma un autentico atteggiamento "sperimentale".
Tale piena disponibilità può essere presente solo in chi senta di non poter fare a meno di vivere fino in fondo tale esperienza, pena la perdita della propria vitalità.
La funzione trascendente, infatti, non è un processo parziale che possa svolgersi in presenza di qualche condizionamento e richiede una totale sospensione di ogni giudizio. "Bisogna essere psichicamente in grado di lasciar accadere. Questo - afferma Jung - è per noi una vera arte che quasi nessuno conosce." Dalla sua autobiografia sappiamo del particolare rapporto che egli intrattenne con Filemone, con Elia e con altri personaggi che si affacciarono alla sua coscienza e che lo accompagnarono alla scoperta della "realtà dell’anima".
"Da un punto di vista psicologico - scrive in "Ricordi sogni e riflessioni" - Filemone rappresentava un’intelligenza superiore. Per me era una figura misteriosa. Era proprio come se fosse una persona viva. Passeggiavo con lui su e giù per il giardino, ed era per me ciò che gli indiani chiamano un guru." Dopo questi viaggi nel profondo della propria anima, egli non mancava di annotare fedelmente ogni percezione, ogni immagine ed ogni parola nel suo "Libro rosso", corredato da numerosi disegni e simboli mandalici, il che gli consentiva di "lasciarsi andare" all’esperienza senza per questo perdere la propria soggettività, per poi tornare a riflettere ed elaborare, con l’aiuto della coscienza, quanto raccolto.
Molte formulazioni fondanti il pensiero junghiano, cui tutt’oggi facciamo riferimento, che hanno svolto un ruolo di importanza fondamentale per l’evoluzione stessa del pensiero psicoanalitico, hanno avuto origine da queste immagini, da questi dialoghi e dal successivo lavoro di elaborazione, da parte di chi ha testimoniato innanzitutto un grande amore per il pensiero in quanto tale.
"Dovevo trarre conclusioni concrete dalle intuizioni che l’inconscio mi aveva comunicato: questo compito è diventato il lavoro della mia vita."

Bibliografia: C.G.Jung Opere vol. 8 e vol. 14 Boringhieri; C.G.Jung "Ricordi sogni e riflessioni" Rizzoli

Agnese Galotti


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