Individuazione
Trimestrale di psicologia analitica e filosofia sperimentale a cura dell'Associazione GEA
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Giugno 1996 Pag. 6° Agnese Galotti

Agnese Galotti

 MITI E LEGGENDE 

LA BESTIA DELL'APOCALISSE

E’ indubbiamente un personaggio "fantastico" piuttosto inquietante quello descritto nell’Apocalisse di Giovanni genericamente come "la Bestia", termine che, a differenza del suo sinonimo "animale", la cui radice è la medesima di "anima", rimanda al sub-umano nel suo lato bruto, selvaggio e feroce.

Il contesto in cui fa la sua comparsa è ancora più particolare: l’Apocalisse, l'ultimo libro del Nuovo Testamento, è una rivelazione divina su realtà misteriose e sconosciute all’uomo, quindi inconsce, relative a quanto dovrà in futuro accadere.
Nello specifico è una profezia, densa di elementi fortemente simbolici, sulla fine dei tempi, rivelata a Giovanni, il quarto evangelista.
Gli eventi narrati trattano la battaglia ultima tra i due opposti per eccellenza: il Bene e il Male, Dio e Satana, l’Agnello e la Bestia appunto.
Da ciò risulta evidente che la Bestia è una creatura di Satana, una manifestazione di colui che, quale angelo caduto, all’inizio era con Dio e in seguito, distanziatosi da lui, vi si oppose diventando l’Avversario per antonomasia.
Così appare a Giovanni: "Vidi sorgere dal mare una Bestia con dieci corna e sette teste e sulle corna dieci diademi, e sulle teste delle scritte blasfeme. La bestia assomigliava ad una pantera, con le zampe di un orso, e le fauci grandi come quelle del leone. E il Drago le diede la sua forza e il suo trono, con un immenso impero. Una delle teste pareva ferita a morte, ma la piaga mortale fu guarita; allora, sbalordita, la terra intera seguì la Bestia." Del drago, che conferisce tale potere alla Bestia, viene detto che è "colui che chiamiamo il diavolo e Satana e che seduce tutta la terra." I commenti biblici concordano nel far corrispondere alle sette teste i sette colli di Roma e alle dieci corna altrettanti re: è il simbolo dell’Impero Romano e delle sue feroci persecuzioni nei confronti dei primi cristiani.
La Bestia quindi, quale brutalità dello stato persecutore, di cui la Roma pagana fu esemplare eccellente, è la medesima che ravvisiamo ancora oggi nella ferocia delle numerose guerre, particolarmente quelle che si autogiustificano con la difesa di ideali religiosi e/o razziali e che continuano ad insanguinare il nostro pianeta.
In termini psicologici la dinamica sottostante questi eventi "bestiali" è quella relativa al fenomeno della proiezione dell’ombra collettiva di un gruppo sociale (etnico, nazionale, o religioso che sia) su un altro, il che può dare il via a forze distruttrici capaci di annientare il mondo "civilizzato" o, peggio ancora, l’equilibrio biologico stesso del pianeta.
A questo proposito Jung esorta ciascun soggetto umano ad un lavoro capillare: a ricercare in sè le radici del male, di quella dinamica cioè che genera scissione e contrapposizione, a farsi ciascuno cosciente del proprio antagonismo interiore, affinchè il mondo non debba più lacerarsi in un inconsapevole quanto paradossale conflitto.
Tuttavia l’integrazione dell’ombra non è che l’avvio di una successiva e più completa integrazione degli opposti tout court, originariamente divisi.
L’essere, che per conoscersi ha dovuto prendere distanza da sè, separando così l’occhio che vede (soggetto cosciente, spirito, maschile) da ciò che è visto (oggetto che resta inconscio di sè, materia, femminile), necessita della realizzazione della "coniunctio oppositorum" quale ritorno dei due all’Uno grazie ad un salto su un piano superiore di riflessione.
La Bestia compare ancora nel testo dell’Apocalisse in differenti sembianze:
"Vidi poi sorgere dalla terra un’altra Bestia, che aveva due corna come quelle di un agnello, ma che parlava come un drago. Essendo ai servigi della prima Bestia, ne instaurava ovunque l’impero, e induceva la terra e i suoi abitanti ad adorare questa prima Bestia, la cui piaga mortale era stata guarita. Essa compì strabilianti prodigi, perfino quello di far discendere, sotto gli occhi di tutti, il fuoco del cielo sulla terra; per mezzo di questi prodigi sedusse gli abitanti della terra." Se pensiamo alla Trinità quale manifestazione della totalità di Dio, in cui lo Spirito compie prodigi per provocare la fede nel Figlio, che a sua volta agisce nel nome del Padre e per conto di lui, salta agli occhi come la triade Drago, Prima Bestia e Seconda Bestia, comunque li si voglia vedere interrelati, si presenti come una parodia caricaturale della Trinità divina, che mostra il proprio limite nell’essere trinità solo maschile.
Non a caso infatti la Bestia compare una terza volta associata alla donna, vista come "grande prostituta", come colei che porta alla perdizione.
"E vidi una donna, seduta su una Bestia scarlatta, che era coperta di scritte blasfeme, e aveva sette teste e dieci corna. La donna era ammantata di porpora e di scarlatto, adorna d’oro, di pietre preziose e di perle, teneva in mano una coppa d’oro, colma degli abomini e delle immondezze della sua prostituzione." Questa "umbra trinitatis" - come la definisce Jung- è, su un piano universale, quel lato della totalità dell’essere, che, rimasto in ombra, necessita di venire alla luce, "essendosi l’opposizione dei contrari a tal punto acutizzata da rischiare di spezzare il mondo in due." La trinità divina, infatti, riflette Montefoschi, finchè resta solo maschile, relativa alla coscienza, tutt’uno soltanto con il soggetto che "vede", prelude ad una sua controparte, presumibilmente contrapposta, una anti-trinità femminile, relegata all’inconscio, alla materia "vista" e oggettualizzata.
E ciò mantiene i due poli opposti e separati, divino l’uno, diabolico l’altro.
Il passaggio che si sta prospettando, dunque, è l’affiancarsi della trinità femminile, quale dialettica della materia, dell’inconscio, alla trinità maschile, quale dialettica dello spirito, della coscienza, affinchè possa comporsi "una nuova unità dialettica: la dialettica della totalità del reale, in cui il femminile e il maschile di Dio tornano ad unirsi." E proprio in questo consiste l’evento apocalittico.
"La Bestia che era ma non è più e che salirà dall’Abisso ma per andare alla perdizione" - così ci dice ancora il testo biblico - tornerà ancora dalla perdizione ma redenta dalla stessa e questa volta per scendere dal cielo, da Dio, quale nuova Gerusalemme celeste, "pronta come una sposa adorna per lo sposo", e finalmente allora, a coronamento della coniunctio, "non ci sarà più la morte, nè lutto, nè lamento, nè affanno, perchè le cose di prima sono passate."


Agnese Galotti


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