Individuazione
Trimestrale di psicologia analitica e filosofia sperimentale a cura dell'Associazione GEA
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Dicembre 1995 Pag. 4° Agnese Galotti

Agnese Galotti

 PROFILI 

W.R.BION

"Scarta la tua memoria, scarta il tempo futuro del tuo desiderio; dimenticali entrambi in modo da lasciare spazio ad una nuova idea. Forse sta fluttuando nella stanza in cerca di dimora un pensiero, un'idea che nessuno reclama."

Wilfred Ruprecht Bion (1897-1979)
Nasce a Mathura in India, figlio di funzionari inglesi.
All’età di 8 anni è mandato in Inghilterra ad intraprendere gli studi. Giovanissimo partecipa volontario alla Prima Guerra Mondiale.
Nel 1921 si laurea in Storia Moderna e inizia ad insegnare Storia e Francese. Dopodichè si apre un nuovo capitolo della sua vita: inizia ad interessarsi alla psicoanalisi e riprende gli studi.
Nel ’30 si laurea in Medicina e Chirurgia, inizia ad esercitare in ambito psichiatrico, finchè nel ’33 entra a lavorare alla Tavistock Clinic.
La sua formazione psicoanalitica è piuttosto travagliata e porta in sè i germi di un atteggiamento pionieristico che lo accompagnerà in tutto il suo lavoro: inizia l’analisi con Rickman, che viene interrotta dopo solo un anno, dalla chiamata alle armi per entrambi. I due si ritrovano, colleghi, ad organizzare e gestire il reparto psichiatrico di un Ospedale Militare. Danno vita a quello che diventerà famoso come "l’esperimento di Northfield", la prima comunità terapeutica basata sul lavoro di gruppo, esperienza che indirizzerà la ricerca di Bion negli anni a venire.
Tornato alla Tavistock, nel ’45 entra in analisi con Melania Klein: da lei mutuerà alcuni concetti fondamentali che svilupperà in forma del tutto originale. Entra infine a far parte della Società Psicoanalitica Britannica, di cui sarà per alcuni anni presidente.
Nel ’68 si trasferisce a Los Angeles dove rimarrà 11 anni, durante i quali terrà una serie di seminari soprattutto in Sud America ed in Italia. Torna in Inghilterra nel '79, dove muore, ad Oxford, lo stesso anno.

Il Pensiero
Complesso e variamente articolato, il pensiero di Bion costituisce un fondamentale contributo alla comprensione della vita mentale cui la psicoanalisi è fin qui approdata, sia nella pratica analitica individuale che in quella di gruppo.
Bion riprende il metodo di Freud, ne amplia il campo di applicazione e ne approfondisce il livello di analisi: "Secondo Freud i gruppi si avvicinerebbero ai modelli di comportamento nevrotico, mentre - scrive in "Esperienze nei gruppi" - nella mia concezione, si dovrebbero avvicinare ai modelli di comportamento psicotico." E’ a questi funzionamenti mentali primitivi, presenti in ciascun soggetto umano, che Bion porge la sua attenzione anche nella pratica analitica individuale, in cui è spinto a calarsi in profondità e ad indagare l’origine stessa del pensiero e l’esperienza che precede l’insorgere dell'attività del "pensare".
A questo proposito è interessante la sua teoria che rovescia l’idea comune dei pensieri come "prodotti" del pensare: i Pensieri, quelli riguardanti la "verità", la "cosa in sè", l’assoluto - che indica col segno "O" - preesistono al pensatore e sono da lui indipendenti. Che si abbiano o meno pensieri ha importanza per il pensatore, non per la verità: "i pensieri, se pensati, conducono alla salute mentale; se non pensati danno inizio al disturbo." Da qui la necessità per ogni individuo - compreso quel soggetto particolare che è l’individuo gruppo - di sviluppare la mente quale "apparato per pensare i pensieri".
Al contrario la "bugia" necessita di un pensatore che le dia vita, da cui essa non sarà mai indipendente: in ciò sta la fondamentale differenza tra bugia e verità.
Questa originale formulazione non fa che ribadire l’assurdità di ogni "appropriazione indebita" delle idee, cui l’ego spesso tende, cadendo così in menzogna.
L’individuo in analisi, che persegue la propria identità, è alla ricerca della verità che gli corrisponde: lo sforzo è quello di entrare in contatto con l’"O" per trasformarlo di volta in volta in conoscenza ("K") , in parola.
All’analista è richiesta particolare attitudine ad essere all’unisono con l’O dell’interlocutore - noi diremmo entrare in relazione col Sè dell’altro, - ma per fare ciò deve imparare a prendere distanza, durante la seduta, da due attività mentali distraenti: la memoria e il desiderio.
Farsi sordo alla memoria (ciò che è già fissato) e al desiderio (ciò che finalizza e direziona) consente all’analista di avvicinarsi a quell’altrove, costituito dal "vivente", che sempre sfugge ad ogni definizione.
Bion individua, accanto al Gruppo di Lavoro, l'esistenza di una realtà parallela che catalizza la vita emotiva del gruppo stesso, formata da gli "assunti di base". Essi costituiscono il materiale inconscio che il gruppo deve elaborare, così come l’individuo impara ad elaborare le proprie resistenze al "lavoro" analitico, affinchè si trasformino da ostacoli ad alleati.
Bion osserva come il gruppo, con i suoi funzionamenti psichici, sia una rappresentazione esterna "drammatizzata" di una gruppalità interna, quasi sempre in conflitto con la personalità emergente.
Questa è l'osservazione di Bion cui ci sentiamo più affini per esperienza, dalla quale emerge come l’eterno conflitto individuo-società, sia in primo luogo intrapsichico e come tale vada prioritariamente affrontato.
Il gruppo ha inoltre il compito di permettere l’emergere dell’"idea nuova", generalmente portata dall’individuo eccezionale (o "mistico" in quanto particolarmente in contatto con "O") , che richiede una trasformazione del gruppo stesso: vale a dire che il nuovo pensiero, per emergere, ha bisogno di essere accolto ed assimilato dal gruppo, da una totalità.
Uno dei limiti con cui l’esperienza analitica si scontra è inevitabilmente il linguaggio, così poco attrezzato a comunicare l’esperienza di "O".
E’ per questo che Bion invita spesso gli psicoanalisti ad abbandonare il linguaggio scientifico per quello poetico, ben più capace di restituire al pensiero quello spazio creativo che gli pertiene.
Per contro propone loro l’uso di una "griglia", da lui ideata, quale strumento atto a discriminare il livello di verità a cui si pone ciascuna formulazione emersa durante la seduta.
Le numerose opere di Bion, alla cui lettura rimandiamo, hanno costituito per molti un potente stimolo a "pensare creativamente": egli ha avuto il merito di anteporre, nell’assiduo lavoro con pazienti anche gravi, l’esigenza più universale di "conoscenza" a quella meramente terapeutica, il che sicuramente non gli ha impedito di offrire di volta in volta all’interlocutore cui si riferiva, l’aiuto più idoneo.

Opere:
"Esperienze nei gruppi"; "Apprendere dall'esperienza"; "Gli elementi della psicoanalisi"; "Attenzione e interpretazione";( Armando Editore ); "Il cambiamento catastrofico" Loescher Editore; "Memoria del futuro" Ed. Cortina.


Agnese Galotti


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