Individuazione
Trimestrale di psicologia analitica e filosofia sperimentale a cura dell'Associazione GEA
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Dicembre 1994 Pag. 4° Maria Campolo
 PROFILI 

HENRI BERGSON

"All'umanità vedere se vuole soltanto vivere, o fornire anche lo sforzo perchè si compia, la funzione essenziale dell'universo, che è una macchina per fare degli dei."

Henri Louis Bergson (1859-1941)
Nasce a Parigi nel 1859, studia matematica e lettere.
Insegna in licei ed università dal 1881 al 1921 quando dovrà ritirarsi per motivi di salute. Nel 1928 gli fu conferito il premio Nobel, il più prestigioso tra i numerosi riconoscimenti che lungo la sua vita ebbe.
Negli anni Venti partecipò alla vita politica svolgendo una missione diplomatica negli Stati Uniti e fu presidente del Consiglio per le cooperazioni intellettuali della Società delle Nazioni.
Morì nel 1941 a Parigi durante l'occupazione tedesca. Le persecuzioni antisemite (Bergson era di origine israelita) lo trattennero dall'abbracciare totalmente il cattolicesimo a cui si era avvicinato negli ultimi anni della sua vita.

Contesto storico
Alla fine del secolo scorso si apre un'ampia critica contro le diffuse concezioni del mondo prettamente positivistiche, che celavano dei presupposti metafisici privi di valore, e contro l'ingenua fede riposta nella intoccabilità delle scienze. Questo movimento critico mette in luce l'esistenza di problemi nell'uomo che sfuggono ad ogni ricerca puramente scientifica, contrapponendo così alle scienze esatte l'intuizione, il sentimento, la coscienza religiosa, riprendendo, sia pure con accenti nuovi, la polemica diretta agli sviluppi del movimento illuminista.

Il pensiero
Uno dei temi centrali della filosofia di Bergson è il concetto di tempo.
Egli analizzando i dati della coscienza, rileva come questi dati immediati non si presentino mai all'esperienza vissuta come singole "parti" isolate dove la coscienza avrebbe solo la funzione aggregatrice; al contrario la coscienza è unità complessa e profonda, ed è l'analisi che introduce rapporti di discontinuità.
La discontinuità può esserci solo tra entità spaziali, il cui rapporto può essere reversibile, nel tempo vissuto, invece, ogni attimo è qualificato dall'unità con tutti gli altri momenti vissuti.
La durata effettiva ed interna della coscienza (tempo vissuto) deve essere distinta dal tempo spazializzato (dell'orologio) che serve solo per scopi pratici, ma che non ha nessuna consistenza reale perché il tempo spazializzato è frutto di una operazione intellettiva che riduce in rapporti quantitativi e misurabili ciò che in realtà, come durata, è incommensurabile e qualitativamente eterogeneo.
Bergson ridimensiona così le pretese della scienza nel voler ridurre la qualità delle cose in rapporti solo quantitativi e lo fa tramite un'analisi profonda sulla via della coscienza e delle sue fasi.
Nella memoria confluisce tutto il nostro passato scandito dal tempo spazializzato, che è colto in ogni istante della nostra vita interamente, ecco perché, secondo Bergson, la durata del tempo, come il tempo vissuto è irreversibile.
La vita cosciente non presenta in nessuna delle sue fasi le caratteristiche di sostituibilità e reversibilità che sono proprie di successioni di termini solo quantitativamente e tra loro discontinui.
Tra il cervello e la memoria esiste un rapporto di stretta collaborazione ma non di "identità". Questa affermazione rientra nella concezione della materia che per Bergson non è autosufficiente ma è vista come un aspetto del divenire.
Se la vita é "slancio vitale", creatività, essa è anche tendenza ad arrestarsi, cristallizzarsi: questa tendenza é ciò che chiamiamo materia.
La. tensione che nasce tra vita e materia è la chiave di lettura della differenza tra istinto e intelligenza. Mentre l'istinto è la capacità innata di usare "strumenti naturali", l'intelligenza è la facoltà di applicare strumenti creati artificialmente.
Dunque istinto e intelligenza operano in modi opposti: l'istinto per soddisfare i suoi bisogni e scopi, spinge l'intelligenza alla ricerca di nuove soluzioni.
L'intelligenza è uno strumento che scopre rapporti tra le cose attraverso la formulazione simbolica e linguistica di tali rapporti, ma non è capace di porsi degli scopi.
La vita cosciente può assumere una funzione liberatrice attraverso l'intelligenza, la quale anche se nasce come strumento della vita e dell'istinto, va oltre questa specifica funzione, poiché ogni "prodotto" dell'intelligenza suscita tali e tanti problemi ed idee che vanno ben al di là dei motivi che l'hanno spinta ad operare.
Per spiegare questo concetto, Bergson dice che è come se la coscienza, per liberarsi dopo aver scisso in due parti complementari l'organicità, abbia cercato una soluzione attraverso l'istinto e l'intelligenza. Poiché la soluzione non fu possibile trovarla nell'istinto l'ha ottenuta dall'intelligenza quando dalla forma animale è passata all'uomo.
Tuttavia l'intelligenza rivolge la sua attenzione al contatto diretto e immediato dell'animo umano con l'assoluto, portando come vertice dell'attività umana l'intuizione. Concetto, questo, che verrà ripreso e valorizzato, in ambito psicoanalitico, da Silvia Montefoschi.
Per lo stesso concetto, invece, altri hanno tacciato Bergson di misticismo. Ma se per mistica s'intende con Bergson quel "supplemento d'anima" capace di dominare le forze eccezionali scatenate dall'intelligenza dell'uomo, allora non possiamo che sottoscriverne la necessità per la nostra stessa sopravvivenza.

Opere
"Saggio sui dati immediati della coscienza", "Materia e memoria", "L'evoluzione creatrice", "Le due sorgenti della morale e della religione", "Il riso", "L'introduzione alla metafisica", "L'intuizione filosofica", "Il pensiero e il movimento".

Maria Campolo


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