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Trimestrale di psicologia analitica e filosofia sperimentale a cura dell'Associazione GEA
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Dicembre 1992 Pag. 7° Agnese Galotti

Agnese Galotti

 MITI E LEGGENDE 

AMORE E PSICHE

Venere, gelosa della bellezza di Psiche, ordina al figlio di darla in sposa all'ultimo degli uomini. Eros però si innamorò di lei e la portò in una valle incantata. Psiche, contraddicendo l’ordine dello sposo di accettarlo al buio senza mai vederlo, su istigazione delle sorelle, accende un lume e nel vedere Amore lo perde. Per poter ricongiungersi a lui ed essere accettata nell'Olimpo, Venere le infligge quattro prove: 1) Separare dei semi mescolati in un tempo troppo breve. 2) Strappare un ciuffo di lana dorata da un montone feroce. 3) Raccogliere un bicchiere d'acqua dallo Stige. 4) Portare a Venere dall'Ade un vasetto di bellezza.

Il mito di Amore e Psiche secondo la favola di Apuleio fa riflettere sull’elemento di novità contenuto in essa rispetto al motivo dell’eroe in genere: a differenza di questo, infatti, qui l’inconscio assume più direttamente la valenza positiva di energia soccorritrice, fonte di trasformazione creativa che genera coscienza. Le quattro prove cui viene sottoposta Psiche rappresentano il percorso che essa simbolicamente deve attraversare prima di giungere alla consapevolezza.
La prima prova richiede a Psiche di mettere in atto un principio discriminativo capace di ordinare una quantità di "semi" differenti che si trovano mescolati insieme: "Questo mucchio - osserva Neumann - è in primo luogo simbolo di un’uroborica mescolanza dell’elemento maschile." Le forze inconscie soccorritrici sono in questo caso le formiche, "simbolo - secondo M.L.Von Franz - dell’ordine segreto dell’inconscio collettivo", una sorta di "ordine inconscio" che è il solo capace di far fronte al caos disordinato con cui si presenta l’inconscio stesso; il senso al di là del non-senso di cui parlava Jung.
L’atteggiamento di Psiche esprime quindi un affidamento alle forze inconsce e alla loro benefica azione.
Nella seconda prova Psiche è chiamata all’incontro con la forza distruttiva solare del maschile, rappresentata dal mitico "vello d’oro" dei montoni.
Qui l’elemento inconscio che soccorre Psiche è la canna parlante ( Il consiglio è di aspettare la sera e di raccogliere i ciuffi di vello rimasti impigliati tra i rovi). Essa simboleggia la voce interiore che invita ad aspettare il momento opportuno (per l'appunto il calar della sera), per incontrarsi col principio spirituale (rappresentato dal Vello d'oro) senza venirne sopraffatta ed annientata.
La calma femminile, la capacità di attendere, dunque, rappresenta una grande risorsa di fronte all’impulsività irrefrenabile, all’istinto che si esprime in maniera violenta. Così descrive Neumann questa seconda prova: "il femminile deve soltanto interrogare il proprio istinto per entrare, al calar del sole, in una relazione feconda con il maschile, ossia in una relazione d’amore. Così viene superata la situazione in cui maschile e femminile si fronteggiano in mortale ostilità." La terza prova è il confronto di Psiche con l’irruente cascata delle acque dello Stige, simbolo dell’incontenibile forza dell’inconscio stesso e della sua mancanza di forma specifica.
Il compito di raccogliere un bicchiere di quell’acqua riesce grazie all’intervento dell’aquila di Zeus che si assume il compito di raccoglierla per lei.
"L’aquila - secondo M.L.Von Franz - rappresenta l’entusiasmo intuitivo e lo slancio spirituale del pensiero. Proprio quando la psiche umana non può più agire con le sue sole forze, viene sorretta da uno spirito eroico e intuitivo che sgorga dal suo inconscio".
Psiche rappresenta allora il femminile capace di contenere in sè e di dar forma all’inconscio che in lei stessa fluisce.
In tutte e tre queste prove è richiesto a Psiche di coniugare insieme gli opposti, superando la sterile contrapposizione.
La quarta prova, infine, è composta di due parti.
Nella prima parte Psiche deve affrontare il pericoloso viaggio agli inferi, guidata dai consigli di una Torre Parlante, la quale, maschile e femminile insieme, è simbolo della cultura umana e della coscienza umana e per questo viene chiamata "Torre che guarda lontano" . Essa mette in guardia Psiche dal cedere alla "pietà", quale modalità di relazione con l’altro, che non le consentirebbe di raggiungere la propria comple-tezza.
Nella seconda parte, invece, Psiche, tornata dal mondo degli inferi, cede alla tentazione di appropriarsi della bellezza divina e, pensando così di poter risultare più piacevole agli occhi di Eros, apre il vasetto consegnatole da Proserpina, atto questo che risulta per lei fatale.
Torna il tema iniziale della "bellezza", capace di avvicinare l’umano al divino.
Tutto il cammino di trasformazione di Psiche è iniziato per Amore, per l’irresistibile desiderio di "conoscere" Amore.
Ora che Psiche ha superato le prove, ha conosciuto e sopportato solitudine e disperazione, ora che ha in mano l’unica arma che conosce per attirare a sè ancora una volta Eros, la bellezza appunto, ( l’azione dell’amore, a quanto dice Platone per bocca di Diotima, "è la procreazione nel bello secondo il corpo e secondo l’anima" ) Psiche non può che tendere alla bellezza, pur consapevole che ciò significa "fallire", secondo la logica maschile dell’eroe.
E proprio in questo "fallimento" Psiche si manifesta fedele alla sua femminilità originaria in opposizione alla ragione totalmente maschile.
Così Psiche "muore" per Eros, ed è questo suo stesso sacrificarsi a lui che lo stimola ad agire: Eros si scuote ed accorre finalmente a salvare la sua Psiche. L’umano dimostra così al divino la propria uguale dignità attraverso la propria superiorità nell’amore.

Agnese Galotti


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